1. Il Decreto Flussi: danno e beffa delle politiche migratorie italiane
In arrivo delle giornate “click day” ovvero, come previsto dal Decreto Flussi, le giornate in cui i lavoratori e le lavoratrici migranti con l’intenzione di lavorare in Italia devono mandare la domanda per accedere alla possibilità di iniziare la procedura per la stipula del contratto di soggiorno.
“L’uso più spregiudicato […] riguarda l’assegnazione dei permessi di soggiorno per i lavoratori stranieri, quelli individuati ogni anno dal cosiddetto “decreto flussi”, che stabilisce quante persone straniere possono essere regolarizzate per venire a lavorare in Italia, divise per i mestieri di cui c’è più bisogno: badanti, professionisti sanitari, operai, eccetera […]. I click day rispondono proprio a questa logica: da una parte semplificano l’erogazione delle risorse, che vengono assegnate in automatico a chi fa il click più veloce senza intasare gli uffici con bandi laboriosi e dai criteri complicati; dall’altra eliminano del tutto la discrezionalità che i dipendenti pubblici possono avere nello scegliere a chi dare una certa prestazione, riducendo quindi il margine di errore e di abuso, dunque anche i possibili ricorsi”, riporta Il Post.
Come riportato dal Centro Studi e ricerche Idos: “I decreti flussi sono sempre più usati a scopo di sfruttamento lavorativo, concorrendo ad alimentare il fenomeno della tratta, che oggi interessa meno che in passato lo sfruttamento di donne e minori a fini sessuali, ma coinvolge soprattutto uomini migranti risucchiati in forme di occupazione irregolare e spesso para-schiavistica”. Inoltre: “da un monitoraggio sulle segnalazioni delle sole truffe legate ai decreti flussi, iniziato nel secondo semestre, è infatti emersa la costante presenza di intermediari che, a pagamento, hanno avviato la procedura prevista per l’ingresso del lavoratore straniero dall’estero, dalla chiamata nominativa fino al rilascio del nulla osta e del visto, per poi volatilizzarsi insieme ai presunti datori di lavoro”.
2. La mattanza in Sudan e il destino dei e delle rifugiate sudanesi
Le Forze di Supporto Rapido (Rsf) continuano a rendersi artefici di massacri contro la popolazione civile del Sudan.
“Ciò significa chiedere agli Emirati Arabi Uniti di finanziare e armare l’Rsf, denunciare i governi occidentali che continuano a commerciare con loro e agire contro le aziende le cui armi e veicoli vengono ritrovati nei campi di sterminio del Darfur”. In un reportage di France 24 sulle donne rifugiate fuggite dal massacro di Al-Fasher, vengono evidenziate le atrocità dell’assedio: tra bambini e bambine uccise o gravemente ferite, grave carenza di cibo. Secondo Gouja, è necessario “[denunciare] gli Emirati Arabi Uniti [che continuano a] finanziare e armare l’Rsf, denunciare i governi occidentali che continuano a commerciare con loro e agire contro le aziende le cui armi e veicoli vengono ritrovati nei campi di sterminio del Darfur”.
3. Una nuova riforma dell’Europol mette a rischio la tutela delle persone migranti
La Libe (Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni) dell’Ue voterà la riforma sull’Europol proposta dalla Commissione, che si pone l’obiettivo di “prevenire e combattere il traffico di migranti”. Tuttavia tale proposta rischia di minare i diritti delle persone migranti stesse.
“Dietro la formula apparentemente tecnica si nasconde un cambio di paradigma politico: la lotta ai trafficanti diventa il pretesto per ampliare l’infrastruttura europea di sorveglianza digitale, con il rischio di estenderla ben oltre le frontiere”, scrive la giornalista Leila Belhadj Mohamed su Wired. “Questa proposta di legge riflette il vero piano della Commissione europea: costruire uno stato di polizia basato sulla sorveglianza digitale, afferma Caterina Rodelli, Eu Policy Analyst di Access Now, organizzazione internazionale no-profit che si occupa di difendere ed estendere i diritti digitali di persone e comunità a rischio nel mondo”.
4. La violenza della polizia francese sui confini
Secondo una nuova inchiesta congiunta di Lighthouse Reports, con il coinvolgimento di testate quali Le Monde e Der Spiegel, la polizia francese provoca decine di annegamenti con tattiche violente contro piccole imbarcazioni che cercano di raggiungere il territorio d’oltremare di Mayotte. Strategie simili vengono proposte per la Manica.
L’inchiesta durata un anno “[…] dimostra per la prima volta che la polizia francese è responsabile della morte o della scomparsa di almeno 24 persone, tra cui donne incinte e bambini, durante violente intercettazioni in mare al largo delle coste di Mayotte. Gli incidenti si sono verificati tra il 2007 e il luglio 2025. Le rivelazioni giungono mentre Parigi, sotto pressione da Londra, ha annunciato uno spostamento nella Manica: presto alle forze francesi sarà consentito di intercettare le imbarcazioni dei migranti in mare, una mossa che ha suscitato preoccupazione tra le autorità francesi di ricerca e soccorso, i sindacati di polizia e i ministri del governo”. E ancora: “I giornalisti hanno raccolto 20 testimonianze dettagliate di sopravvissuti, tra cui resoconti di recenti naufragi, oltre ad aver intervistato ex trafficanti, residenti locali e bambini che hanno compiuto la traversata, molti dei quali hanno descritto traumi duraturi.
5. Rifugiati e rifugiate afghane a rischio deportazione
La Germania punta a deportare le persone migranti afghane.
“Nel luglio di quest’anno, il nuovo governo tedesco ha deportato altri 81 cittadini afghani che, secondo il Ministero degli Interni tedesco, avevano “precedenti penali”. La Germania è stata criticata , tra gli altri, dalle Nazioni Unite per aver rimpatriato forzatamente afghani in Afghanistan. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati continua a emanare un “avviso di non ritorno”, di fatto un appello ai paesi affinché evitino i rimpatri forzati in Afghanistan”, riporta l’ong Ecre (Consiglio europeo per i rifugiati e gli esiliati). E ancora: “Il dibattito politico prevalente in molti paesi europei, favorevole al rimpatrio forzato dei richiedenti asilo afghani in Afghanistan, dimostra che la Germania non è la sola. Secondo il ministro belga per l’asilo e le migrazioni, Anneleen Van Bossuyt, venti paesi europei si sono uniti per fare pressione sulla Commissione europea (Ce) affinché dia priorità all’espulsione dei cittadini afghani privi di residenza legale. Tra questi paesi, 19 stati membri dell’Unione europea (Ue) e la Norvegia chiedono alla Ce di negoziare una politica di rimpatrio con i talebani”.
Infine: “Non è noto a tutti che sei paesi dell’UE abbiano chiesto la continuazione delle deportazioni in Afghanistan, nonostante i combattenti talebani fossero alle porte di Kabul e il gruppo non avesse ancora ufficialmente preso il potere in Afghanistan. I paesi, tra cui Germania, Austria, Danimarca, Belgio, Paesi Bassi e Grecia, hanno inviato una lettera firmata alla CE, sollecitando che qualsiasi sospensione delle deportazioni avrebbe incoraggiato un maggior numero di afghani a chiedere asilo in Europa”.
6. Narrare il confine attraverso le voci delle mamme migranti
In tanti e tante tentano di spostarsi attraverso il Mediterraneo ma chi rimane spesso a casa sono le madri di chi parte.
“A casa, restano in gran parte donne che vivono il viaggio dei propri cari con l’angoscia della mancanza di notizie. Per raccogliere le loro voci è stato ideato ‘Mums, narrare il fenomeno migratorio attraverso la voce delle mamme dei migranti”, riporta il giornalista Luca Attanasio sul caso del Mali, su Domani. “Mi aveva promesso che al suo ritorno avrebbe comprato un terreno, ci avrebbe costruito una casa e ci saremmo trasferiti lì – dice Kéménani con il sorriso improvvisamente ritornato tra le labbra e gli occhi ravvivati nel ricordo dell’ultimo colloquio avuto con il figlio – E invece è stato un viaggio senza ritorno. Lo avevo implorato, Non partire, il viaggio verso l’Europa non perdona, abbiamo già perso in mare tuo padre (il marito era morto due anni prima nel tentativo di raggiungere la Spagna sull’Atlantico, ndr), non posso pensare di perdere anche te. Ma lui non voleva saperne, sentiva su di sé la responsabilità della famiglia e ha deciso di andare”.
E ancora: “Nel dibattito sulle migrazioni che contraddistingue il nostro paese e l’Europa, così drogato e strumentalizzato anche perché lontano da chi lo vive, è raro che emergano le voci di chi resta, le sensazioni, le sofferenze, i problemi e le richieste dei parenti di chi migra. Si fa difficoltà a pensare che dietro a un ragazzo che si avventura nel viaggio infernale verso un’Europa sprangata fino all’inverosimile e inaccessibile a chi proviene dal sud globale, ci siano affetti, amori, passioni, separazioni laceranti. Ci siano mamme che vivono sospese attaccate a quel cellulare che non squilla mai e che continuano a sperare che il proprio ragazzo ce l’abbia fatta”.









