1. Nuovo affondo del governo contro i giudici specializzati in immigrazione
Il governo vuole impedire ai giudici competenti in diritti della persona e immigrazione della sezione del Tribunale di Roma di prendere decisioni sulle convalide di trattenimento. Tale provvedimento arriva dopo che quest’ultimo ha di nuovo liberato i richiedenti asilo detenuti in Albania.
“Un blitz serale l’ha definito Riccardo Magi di Più Europa, che ha portato la relatrice della Commissione Affari costituzionali della Camera di Fratelli d’Italia, Sara Kelany, a presentare un emendamento al Decreto flussi, che sposta la competenza in materia di trattenimenti dei richiedenti asilo, dalla sezione specializzata alla Corte d’appello” riporta la giornalista Marika Ikonomu su Domani. E ancora: “Un aumento importante del carico di lavoro, per le corti, che non aiuta a trovare una ragione logica a questo intervento. Soprattutto dopo l’incremento di organico di dieci unità della sezione specializzata di Roma, proprio per far fronte ai numeri dei centri albanesi”. L’organizzazione che rappresenta giudici e magistrati in Italia, l’Associazione nazionale magistrati (Anm), ha chiesto l’immediata sospensione delle modifiche e degli emendamenti. Secondo il suo segretario, Salvatore Casciaro, la legge renderà più lenta la “definizione dello status dei richiedenti asilo, con il rischio di prolungare il periodo di permanenza di queste persone in Italia anche per chi non ne ha diritto”. Inoltre, ha aggiunto, la Corte d’appello probabilmente incontrerebbe dei colli di bottiglia ed è “già sommersa dal lavoro”.
“Questa non è più una pretesa di imparzialità, ma richiesta di silenzio e non è accettabile. Un magistrato sui temi della giustizia può intervenire argomentando e spiegando perché è il nostro specifico campo professionale, non si può chiedere il silenzio in nome dell’imparzialità”, ha affermato il magistrato Giuseppe Santalucia nella sua relazione nel Comitato direttivo centrale dell’Anm a Roma.
2. L’indagine sulla strage di Cutro va avanti: chiesto processo
La Procura di Crotone ha chiesto il rinvio a giudizio per 6 militari, quattro della Guardia di finanza e due della Capitaneria di porto, accusati di aver permesso il naufragio dell’imbarcazione Summer Love, nel 2023.
“L’inchiesta, condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo, avrebbe fatto luce sulle presunte inerzie e omissioni compiute nella notte fra il 25 e il 26 febbraio 2023 che avrebbero causato la strage in mare”, scrive il giornalista Silvio Messinetti su Il Manifesto. E ancora: “nel corso delle indagini erano emerse le tante opacità della catena dei soccorsi (mancati) durante quella notte maledetta. Le carte hanno rilevato nondimeno le frizioni e tensioni tra i due corpi dello Stato […]. E sempre le carte sigillano un dato ormai incontrovertibile. Quel caicco fu avvistato per tempo ed era carico di migranti. Ciò emerge sin dai primi momenti dopo la segnalazione. Da quel momento in poi si è trattato di un florilegio di errori tecnici, di ordini partiti in ritardo. Un vero plastico della inefficienza”.
Nel frattempo uno dei cosiddetti “scafisti” incolpati del naufragio, Khalid Arslan, di 26 anni, scrive una lettera dal carcere: “Tutti mi chiamano assassino di bambini, ma fatemi capire: ho ammazzato io queste persone? Cosa c’entro io con questa situazione?”, riporta la giornalista Alessia Candito su Repubblica. E ancora: “lui che a bordo ha fatto da traduttore – quasi impone lo schema della norma – è da considerare parte dell’equipaggio. E tanto basta perché anche lui risponda del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina sulla cui compatibilità con le norme europee la Corte di giustizia Ue si dovrà pronunciare a breve. Equivale a rischiare 14 anni e 4 mesi di carcere”.
3. La “selezione” delle persone migranti a bordo viola i diritti umani
Un gruppo di Ong, tra cui Mediterranea Saving Humans (Msh), denuncia la selezione in base alla maggiore o minore vulnerabilità a bordo della nave militare Libra per decidere chi deportare o meno.
“Nel Protocollo non sono specificati in alcun modo il setting e le modalità di valutazione delle condizioni di salute e delle vulnerabilità delle persone soccorse. È stato solo con l’attuazione stessa del Protocollo che si sono resi noti”, denuncia (Msh). “Sappiamo, per testimonianza diretta e tangibile delle persone che soccorriamo e visitiamo a bordo delle nostre navi, che la maggior parte di queste ha subito violenze fisiche, abusi, torture, violenza sessuale […]. Le Linee guida per la programmazione degli interventi di assistenza e riabilitazione nonché per il trattamento dei disturbi psichici dei titolari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale (22 Marzo 2017) del Ministero della Salute riportano, a tal proposito, che tutti i rifugiati sono da considerarsi come soggetti potenzialmente vulnerabili, poiché l’esilio è di per sé un’esperienza di tipo traumatico. Una selezione di persone non vulnerabili significa pertanto non considerare in alcun modo il background da cui le persone soccorse in mare provengono”.
Infine: “sulla scorta del Giuramento ippocratico e del Codice Deontologico Medico, ribadiamo che le procedure di selezione previste dal Protocollo Italia-Albania, congiuntamente alle condizioni cui vengono sottoposte le persone migranti, che di fatto vivono il paradosso di essere prima “salvate in mare” e quindi deportate, violano diversi punti nevralgici dell’etica professionale medica […].
4. Sempre più persone costrette alla fuga per via della crisi climatica
I dati contenuti all’interno del nuovo rapporto Unhcr No Escape: On the Frontlines of Climate Change, Conflict and Forced Displacement, pubblicato durante la COP29 a Baku, in Azerbaigian, rivelano che il cambiamento climatico è una minaccia crescente per le persone già in fuga da guerre, violenze e persecuzioni.
“Il numero di sfollati forzati nel mondo non è mai stato così alto, in parte a causa della velocità e della portata dei cambiamenti climatici. La situazione è particolarmente allarmante nel Sahel e nel Corno d’Africa. Il conflitto in corso in Sudan ha causato oltre 11 milioni di sfollati, di cui quasi 700.000 in Ciad. Nella zona orientale del paese, dove si trovano molti rifugiati, le forti piogge e le inondazioni distruggono regolarmente i rifugi e le infrastrutture di base. A questo si aggiunge la presenza di gruppi armati lungo il confine tra Sudan e Ciad”, riporta Melting Pot Europa.
E ancora: “secondo i dati Unhcr contenuti nel report, attualmente gli Stati più fragili ricevono solo 2 dollari a persona per i piani di adattamento, a fronte dei 161 dollari pro capite destinati agli Stati non fragili. In più, la maggior parte dei finanziamenti viene destinata alle capitali, lasciando le aree rurali completamente scoperte. Dove ricostruire edifici e mezzi di sussistenza a seguito di disastri ambientali diventa pressoché impossibile. Come impossibile è il ritorno a casa per chi è sfollato”.
5. La lotta per la sopravvivenza delle persone rimpatriate in Sud Sudan
Negli ultimi 18 mesi, il reporter Okech Francis ha intervistato per il New Humanitarian decine di persone rimpatriate, fuggite dal conflitto tra l’esercito sudanese e le force paramilitari di supporto rapido (Rsf). La maggior parte delle persone ha lasciato il Sudan del Sud come rifugiata, ma c’è chi torna.
“Speravo che la loro situazione sarebbe migliorata con il passare del tempo […]. Tuttavia, recenti conversazioni che ho avuto con chi è stato costretto a tornare suggeriscono che questa aspettativa era mal riposta. Mentre alcuni sono riusciti a sistemarsi bene, spesso grazie al sostegno di parenti, amici, associazioni della società civile e aiuti internazionali, molti altri stanno lottando per ricominciare la propria vita in un paese segnato dalla guerra civile tra il 2013 e il 2018. Anche prima che scoppiasse il conflitto in Sudan, il Sud Sudan era alle prese con tassi di violenza elevati – nonostante una transizione politica che avrebbe dovuto portare a ripetuti rinvii delle elezioni – e un’inflazione in peggioramento”, riporta Francis.
E ancora: “sebbene non vi siano grandi arrivi giornalieri dai campi profughi in Uganda, Etiopia, Repubblica Democratica del Congo e Kenya, complessivamente più di 600.000 persone sono tornate da questi Paesi da quando la guerra civile del 2013-2018 è apparentemente finita […]. Joska Aryemo, una madre single di 47 anni con otto figli, fuggita dal Sud Sudan in Uganda nel 2016 e tornata all’inizio di quest’anno, ha raccontato che la sua famiglia vive sotto un albero su un piccolo appezzamento di terra regalatole da un vicino”.
6. La verità nascosta che collega le persone migranti e gli acquisti online
Per anni, l’economia on-demand è stata alimentata da agenzie di collocamento senza scrupoli che sfruttavano lavoratori e lavoratrici migranti.
“Mentre BaronHR (partner dei marchi di abbigliamento Alo e Canvas) – fondata da Luis E. Perez, attualmente in prigione per reati fiscali – forniva lavoro ai migranti (e dipendenti alle aziende), era anche un attore attivo nel lato oscuro dell’economia dell’immigrazione. Fino al crollo dell’azienda all’inizio di quest’anno, era un agente per lo sfruttamento di lavoratori che erano spesso sottopagati e lavoravano in condizioni non sicure, il tutto proteggendo i marchi dalla responsabilità diretta. Per esaminare questo mondo segreto, il Times ha esaminato migliaia di pagine di verbali giudiziari, documenti aziendali interni e documenti normativi, e ha intervistato 100 dipendenti migranti, nonché autorità di regolamentazione ed esperti del settore”, scrivono i giornalisti Steve Eder, Danielle Ivory e Marcela Valdes sul New York Times.
E ancora: “le agenzie di personale sono state tra i principali datori di lavoro di lavoratori non autorizzati nei siti ispezionati per violazioni dell’immigrazione nell’ultimo decennio, secondo i dati raccolti dall’US Immigration and Customs Enforcement. I registri indicano che almeno 160 agenzie di personale, la maggior parte delle quali identificate durante l’amministrazione Trump, hanno impiegato persone con documenti sospetti o senza prove di autorizzazione”.
Foto copertina via Twitter/Sos Mediterranée