1. La Camera approva il ddl sul Memorandum con l’Albania
La Camera ha approvato il ddl sul Memorandum con l’Albania dove è prevista la costruzione di centri di accoglienza e di rimpatrio (Cpr). “[I centri saranno] gestiti e controllati dall’Italia, per accogliere fino a 3mila persone migranti al mese, secondo il progetto del governo. I voti a favore sono stati 155, quelli contrari 115, due gli astenuti. Dopo il via libera di Montecitorio il testo, di iniziativa governativa, passa al Senato”, scrive la giornalista Annalisa Cangemi su Fanpage.
È un fallimento per l’#Europa, che nasce da un’idea di apertura dei confini e di solidarietà.
È fatto sulla pelle di persone vulnerabili: i fondi che lo finanziano potrebbero essere usati per creare percorsi di ingresso legali e sicuri e un’accoglienza dignitosa. #ItaliaAlbania pic.twitter.com/L6XYr5bCAj— EMERGENCY (@emergency_ong) January 24, 2024
2. Frontiere e freddo invernale continuano a uccidere
Oltre alla violenza delle frontiere, le persone migranti che sono costrette a viaggiare attraverso rotte pericolose, lontane dalle aree popolate, affrontano temperature rigide e condizioni ai limiti della sopravvivenza, riporta Info Migrants.
“Qui a Oulx la neve si sta sciogliendo in questo momento”, spiega Amin, un volontario che lavora con i migranti nelle Alpi italiane nell’ambito dell’organizzazione On Borders. Originario del Marocco, ha parlato a Info Migrants il 19 gennaio. “Ma lassù a Claviere, che è circa 800 metri più in alto di noi, la neve e il ghiaccio sono una presenza fissa da novembre. Lassù sui sentieri le temperature sono regolarmente sotto zero, dieci, 12 o anche 15 gradi sotto zero”. E ancora: “in Polonia, al confine con la Bielorussia, le condizioni invernali possono scendere fino a -27 gradi sotto zero, spiega Marianna* (nome di fantasia), un’operatrice umanitaria che aiuta i migranti nella zona come parte del collettivo Grupa Granica (Gruppo di frontiera). Alcuni arrivavano con solo le infradito, o addirittura senza scarpe, e li ritrovavamo in mezzo alla neve, ricorda Marianna”.
3. Percosse e abusi contro le persone rifugiate in Grecia
Il Border Violence Monitoring Network (Bvmn) ha pubblicato un nuovo rapporto in cui viene denunciato un elevato numero di violazioni dei diritti umani nei confronti delle persone migranti alle frontiere d’Europa, in particolare in Grecia.
🚨 New report released yesterday by @Border_Violence reveals widespread violent treatment of #asylumseekers in Greek camps.
The 🇪🇺 has ploughed at least 276 million euros into these facilities in recent years.
Read the full report here: https://t.co/XjZ5T3tsiX pic.twitter.com/b73MAHxD8S— Border Violence Monitoring Network (@Border_Violence) January 25, 2024
“Il Bvmn ha documentato decine di testimonianze di individui che hanno subito abusi fisici in campi chiusi, stazioni di polizia, carceri e centri di detenzione pre-allontanamento in tutto il paese dell’Europa meridionale. Gli intervistati hanno riferito di essere stati violentemente puniti per aver “stabilito un contatto visivo” con gli agenti, mentre altri hanno affermato di essere stati picchiati per aver parlato mentre aspettavano in fila per essere contati, per aver tossito e per non aver pulito le loro stanze”, riporta il giornalista Joshua Askew su Euronews. “Il 73% degli intervistati residenti a Samos ha riferito che all’arrivo a Samos si sono nascosti nella foresta, probabilmente a causa del fondato timore di essere respinti”, si legge nel rapporto. E ancora, gli intervistati hanno detto di aver “subito o assistito direttamente a gravi violenze fisiche presso comprese le percosse, l’essere presi a pugni e schiaffeggiati, l’essere presi a calci, [l’essere stati presi di mira con] colpi di pistola, l’essere perquisiti”.
Il rapporto di Bvmn, basato su 31 interviste, ha documentato anche pratiche di isolamento e umiliazione nelle strutture, molte delle quali finanziate dall’Unione Europea, infatti, scrive Askew: “secondo i dati ufficiali, l’Ue ha investito 3,12 miliardi di euro in Grecia dal 2015, specificamente per gestire le sue frontiere e le questioni migratorie”.
4. Aumentano le migrazioni intra-africane verso il Marocco
Mentre il resto del Maghreb è spesso sotto i riflettori per il suo approccio aggressivo nei confronti delle persone migranti provenienti dai Paesi africani sub-sahariani, il Marocco sembra aver scelto un percorso più tollerante.
“Dall’ascensione al trono del re Mohammed VI, più di due decenni fa, il Marocco ha coltivato legami con i paesi africani del suo sud, rafforzati dalla fornitura mirata di aiuti, opportunità universitarie e investimenti da parte di Rabat. Il Senegal, per esempio, è un alleato privilegiato sulla base dei legami religiosi storici con le sue influenti confraternite sufi. Di conseguenza, i cittadini senegalesi entrano in Marocco senza visto e rappresentano la fetta più ampia di migranti africani registrati nel Paese”, scrivono i reporter Davide Lemmi, Marco Valenza, Oumar Sal e Marco Simonelli sul New Humanitarian. E ancora: “il Marocco ha anche condotto due campagne di regolarizzazione su larga scala, nel 2014 e nel 2017, per registrare le persone migranti prive documenti. Ciò ha portato più di 50.000 persone – principalmente provenienti da Mali, Niger e Burkina Faso – a essere regolarizzate. Tuttavia, il Marocco mantiene nei suoi statuti rigide leggi sull’immigrazione orientate alla sicurezza, temperate solo da editti ad hoc più liberali”.
Tra i settori in cui vengono immediatamente e principalmente impiegate le persone provenienti dai Paesi subsahariani emerge quello agricolo. “Uno studio sul mercato del lavoro ha stimato che il 20% di 120.000 dipendenti proveniva dall’Africa occidentale francofona, in particolare dal Senegal”. Sebbene l’esperienza lavorativa in Marocco spesso inizi con lavori precari e poco retribuiti, molti trovano modi per migliorare la propria situazione. “All’epoca le donne africane lavoravano solo come babysitter o donne delle pulizie, all’inizio non è stato facile” afferma Khady Baldé, che è ora proprietaria di un salone di bellezza ad Agadir.
5. Schedati e rimpatriati. Il nuovo patto Ue è repressivo
Impronte digitali a bambini di sei anni e maggior utilizzo della procedura accelerata che potrebbe riguardare più del 90% di richiedenti asilo.
“Uno dei punti più dolenti è quello inerente i minori stranieri: le impronte digitali, precedentemente da rilevare solo ai minorenni non inferiori all’età di quattordici anni, verranno prese ai bambini a partire dai sei anni di età. Ci sono dei provvedimenti che sono la metafora del modus operandi del governante e questo è uno di quelli: per gli Stati europei un bambino di sei anni e mezzo, arrivato da qualsiasi Paese extra Ue, può essere potenzialmente un pericolo e quindi va schedato”, scrivono Stefano Bleggi e Pietro Giovanni Panico (consulente legale) su Melting Pot Europa. E ancora: “tale procedura per una persone adulta risulta non solo invasiva ma spesso lesiva della privacy. Già qualche anno fa il report dell’Hermes Center for Transparency and Digital Human Rights intitolato “Tecnologie per il controllo delle frontiere in Italia”, aveva analizzato le procedure di identificazione e categorizzazione dei migranti, rifugiati o richiedenti asilo da parte dello Stato italiano, evidenziando numerose criticità.
6. I nostri nuovi articoli su Open Migration
L’Odissea di Mohamed, che dal Nord Sudan è arrivato in Italia, attraversando numerosi confini, quelli terrestri dell’Africa e il Mediterraneo che la separa dall’Italia. Le sue ragioni, le paure, le sue speranze ce le racconta Lidia Ginestra Giuffrida.
Da anni, ormai, le politiche di frontiera statunitensi tentano di arginare il flusso di persone migranti provenienti dall’America centrale con metodi coercitivi, come arresti, detenzioni e l’uso di dispositivi (barriere o boe) per impedire alle persone di entrare nel Paese. Ora, queste politiche potrebbero peggiorare ulteriormente per via di due proposte di legge recentemente approvate in Texas. Ce ne parla Nancy Nguyen.
Foto copertina via Twitter/Melting Pot Europa