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Homepage >> Approfondimento >> A 30 anni dallo sbarco della Vlora. Breve viaggio nell’Italia che si è scoperta paese di immigrazione

A 30 anni dallo sbarco della Vlora. Breve viaggio nell’Italia che si è scoperta paese di immigrazione

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22 novembre 2021 - Open Migration
L'8 agosto di trent'anni fa l'arrivo della nave Vlora nel porto di Bari ha significato il risveglio collettivo di un paese, il nostro, che si credeva terra di emigranti e si scopriva paese di arrivo. Un evento simbolico, ma anche la data con la quale facciamo partire un nuovo e-book che vuole raccontare con occhio ormai storico quell'evento e quelli che seguirono. Un lavoro che raccoglie oltre 20 approfondimenti dalle due sponde dell'Adriatico, che vuole raccontare anche tutti i modelli, gli schemi e le risposte inaugurate allora e riproposti ancora oggi, a distanza di 3 decenni. Una lettura per raccontare l'Italia di allora e quella di oggi che, per usare le parole del curatore Tommaso Fusco, dovrebbe "soprattutto renderci impossibile parlare ancora di emergenza" quando affrontiamo il tema migrazione.

Perché raccontare la Vlora?

Quando l’8 agosto 1991 la nave Vlora apparve nel porto di Bari col suo enorme carico umano, l’Italia poteva dirsi un paese che conosceva poco il fenomeno dell’immigrazione.

Anche se già dalla prima metà degli anni ‘70 il saldo migratorio – la differenza tra partenze di emigranti e rientri o arrivi di nuovi immigrati – inizierà prima a calare e poi a diventare positivo (i 170.000 permessi di soggiorno validi nel 1973 raddoppiano nel 1982 e tra il 1988 e il 1990 superano stabilmente i 600 mila) politica, media e comunità scientifica raccontavano ancora un paese di emigranti e questa era la percezione generale.

L’arrivo della Vlora a Bari farà da detonatore a una nuova percezione che sostituirà la precedente, e seppure rappresenterà un caso limite pronto a pervadere l’immaginario collettivo fino ai nostri giorni, dal punto di vista storico non rappresenta neppure il primo caso di arrivo in massa di migranti nel nostro paese.

Questo primato spetta infatti alla città di Brindisi che pochi mesi prima, il 7 marzo, aveva accolto 27 mila persone arrivate nella notte a bordo di diverse imbarcazioni, in fuga dall’Albania che in quei giorni viveva lo sfaldamento del regime comunista.

Quella di Bari non rappresenta neppure una prima volta per quanto riguarda il dibattito pubblico sulla presenza in Italia di stranieri o per una presa di coscienza anti razzista, entrambi gli eventi già riconducibili all’uccisione a Villa Literno del lavoratore Jerry Masslo, giovane sudafricano fuggito dall’apartheid, il cui omicidio porterà il 7 ottobre del 1989 alla prima grande manifestazione antirazzista in Italia.

Per quali motivi ricordiamo allora lo sbarco della Vlora e al tema dedichiamo oggi questo approfondimento?

Le ragioni vanno ricercate in primo luogo e senz’altro nella narrazione che all’epoca si è fatta dell’evento, nei commenti politici e nelle azioni che istituzioni e società civile hanno intrapreso allora, ma i cui effetti trovano spazio ancora oggi. 

Il racconto dell’immigrazione albanese – per cui la Vlora rappresenta il momento più iconico – significa a livello mediatico il primo banco di prova per il racconto dell’immigrazione futura. Proprio con l’arrivo della Vlora termini come “invasione”, “esodo”, “ondata” troveranno posto nei titoli di  giornali e televisioni per non lasciarlo più, nel racconto di una “crisi” lunga ormai più di trent’anni.

Anche il rapporto tra politica nazionale e politica locale lascia sorpresi per l’attualità di alcune dinamiche. L’attenzione ai diritti e ai risvolti umani del sindaco della città Delfino, che nelle ore più calde di quanto accaduto nell’agosto del ‘91 dovette scontrarsi anche con le più alte cariche politiche nazionali pronte ad una risposta più muscolare, ricordano molto le tensioni tra i palazzi di Roma e le comunità più accoglienti (vedi il caso Riace); così come la risposta solidale dei cittadini e della società civile risposero alle mancanze politiche di allora proprio come continuano a farlo con le mancanze di oggi.

Raccontare l’arrivo di quelle 20 mila persone dall’Albania, significa però raccontare  soprattutto le risposte che il nostro paese scelse di dare, i modelli e le letture politiche in tema di stranieri e migrazione che attraverseranno gli ultimi 30 anni.

Proprio a seguito degli sbarchi albanesi iniziati nel 1991, infatti, si sviluppa il primo tentativo di approvazione di una legge organica su immigrazione e asilo, in dialogo con la società civile (la cd. legge Contri), naufragato il quale si arriverà all’approvazione della legge Turco-Napolitano, Testo Unico sull’immigrazione (L. 286/98) dopo l’approvazione del regolamento attuativo, in seguito modificato più volte fino ai nostri giorni. 

Risalgono invece al 1992 l’approvazione della riforma della Cittadinanza e al 1993 l’approvazione della legge Mancino (n.205) contro le discriminazioni etniche e razziali, primi tentativi, seppure timidi, di fare i conti con un’Italia che si apriva al mondo e si scopriva multietnica.

Gli sbarchi di Brindisi e di Bari segneranno anche l’inizio di una migrazione sulle nostre coste tramite barchini e mezzi di fortuna che daranno seguito a tragedie enormi come il naufragio quasi sconosciuto della F174 nei pressi di Portopalo nel 1996 o della Katër i Radës – restando nell’ambito della migrazione albanese – nel 1997. Tragedie che attraverseranno gli ultimi decenni, senza che si sia voluto trovare una soluzione, portando ancora oggi morte davanti alle nostre coste nel Canale di Sicilia così come a Lampedusa.

Se a quanto raccontato finora si aggiunge che nell’immediata risposta dell’arrivo a Bari degli albanesi della Vlora, con la detenzione nello stadio della Vittoria di migliaia di persone e la loro successiva espulsione si possono ravvedere i prodromi degli attuali Cpr o nella legge “Puglia” che istituiva i Cara, gli antesignani del sistema di accoglienza diffuso, si può ben capire quanto questo evento, oltre ad essere simbolico, rappresenti un vero punto di svolta nelle questioni di politica migratoria in Italia.

Un punto di svolta lontano ormai trent’anni che ci permette di analizzare in prospettiva storica quanto accaduto finora. Che ci permette di raccontare un’integrazione economica ormai realizzata per la forte comunità albanese in Italia. Che ci permette di decostruire l’ossessione securitaria per lo straniero propenso a delinquere più dell’italiano. E che ci dovrebbe permettere di capire le ragioni dei tanti italiani nati e cresciuti in Italia a seguito delle scelte dei loro genitori, che qui hanno frequentato le scuole e lavorano, ma ai quali ancora non siamo riusciti a concedere la cittadinanza.

Con l’arrivo della Vlora a Bari, con la data simbolica dell’8 agosto del 1991, con la drammaticità e l’unicità di quell’evento, facciamo iniziare simbolicamente il nostro viaggio su un’Italia che si scopre paese di arrivo e non più (o non solo) paese di partenza. 

Lo facciamo ospitando nell’e-book “A 30 anni dallo sbarco della Vlora. Breve viaggio nell’Italia che si è scoperta paese di immigrazione” – che pubblichiamo oggi in versione integrale e i cui contenuti ci faranno compagnia per le prossime settimane – una pluralità di voci e di analisi che ci permettono di ampliare il nostro punto di vista su quanto accaduto in questi ultimi trent’anni. Trent’anni in cui abbiamo imparato a conoscere i fenomeni migratori e a capirne le complessità, un tempo abbastanza lungo da non permetterci più di parlare ancora di emergenza.

 

LEGGI L’E-BOOK: A TRENT’ANNI DALLO SBARCO DELLA VLORA BREVE VIAGGIO NELL’ITALIA CHE SI È SCOPERTA PAESE DI IMMIGRAZIONE

Etichettato con:Albania, Bari, e-book, immigrazione, Italia, Vlora

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