Cédric Herrou è un giovane contadino. L’aria affabile e simpatica, compirà quarant’anni il prossimo giugno. Abita in Val Roia, una regione montagnosa situata al confine tra Francia e Italia lungo un’area di poco più di 600km2 che si estende a nord di Ventimiglia. Proprio in questi giorni, Cédric è impegnato nella raccolta delle olive. Mancano ancora un paio di mesi abbondanti all’avvento della primavera, ma il tempo passa veloce, soprattutto per chi, come lui, da quattro anni è attivamente impegnato nel fornire aiuto ai richiedenti asilo e sa che con l’arrivo della bella stagione inizieranno le nuove ondate di flussi migratori.
“Dall’inizio di gennaio sono già arrivate a casa mia una ventina di persone. Tra queste, abbiamo dato il benvenuto anche a una famiglia che è stata espulsa dal centro di accoglienza a Nizza dove era alloggiata. Ne approfittiamo per fare pulizia e mettere a posto il campeggio, prima che gli arrivi riprendano in primavera”.
La Val Roia, italiana a sud e francese a nord, è diventata la nuova rotta dei migranti che vogliono entrare in Francia dall’Italia, da quando, tra l’estate e l’autunno del 2015, sono stati intensificati i controlli al confine di Ventimiglia e i centri d’accoglienza al confine smantellati uno a uno. Così, ai migranti che fino a quel momento avevano cercato di usare quel punto di accesso per entrare in Francia, non è restato altro da fare che trovare una via alternativa.
“Abbiamo cominciato a vederli per le strade, sui sentieri, lungo i binari ferroviari” mi racconta Michel Toesca, residente anche lui in Val Roia e amico di Cédric. “Uomini, donne e bambini. Affamati. Persi. Così alcuni di noi hanno iniziato ad aiutarli. Abbiamo dato loro vestiti, cibo, ospitalità e li abbiamo perfino aiutati a proseguire nel loro viaggio”.
Michel è un regista e quando i migranti hanno cominciato a percorrere la valle in seguito alla chiusura delle frontiere francesi, ha visto la possibilità di farci un film. Il risultato di questo lungo lavoro di documentazione, che lo ha tenuto occupato per più di tre anni, si intitola Libero (Libre). È stato incluso l’anno scorso nella selezione del Festival di Cannes, suscitando grande imbarazzo tra le fila del governo Macron e, al momento, è appena stato distribuito anche in Italia, dove val la pena chiedersi se anche i rappresentati del nostro governo lo accoglieranno con il medesimo imbarazzo dei loro omologhi d’oltralpe.
“Non lo considero un film sui rifugiati in senso stretto, ma un film sull’incontro con le genti che vivono in questa valle. Per questo l’approccio con cui mi sono avvicinato a questo film è quello dell’accoglienza. Mentre lo facevo, mi sono reso conto che proprio in questa valle di confine era in corso la scrittura di una pagina della Storia delle migrazioni”.
Protagonista del film è proprio Cédric, il quale nell’ottobre del 2017 ha fondato l’associazione DTC – Défends ta citoyenneté (Proteggi la tua cittadinanza). Insieme ad altri abitanti della Val Roia, che si sono organizzati spontaneamente in una rete solidale (sia sul fronte francese che italiano), assiste e dà ospitalità ai migranti in difficoltà, ricevendo supporto legale da avvocati schierati in prima linea come Mireille Damiano, Zia Oloumi e Maeva Binimelis, e medico da Médicine du Monde.
“Io e Cédric condividiamo le stesse posizioni! puntualizza Michel. “Le sue scelte politiche sono anche le mie. Viviamo in questo territorio e possiamo dire che i governi francese e italiano hanno una gestione repressiva e inadeguata della situazione. Siccome noi non possiamo distogliere lo sguardo, non possiamo lasciare queste donne, uomini e bambini abbandonati a loro stessi, ebbene, abbiamo deciso istintivamente di aiutarli, consapevoli dei rischi che questa scelta avrebbe comportato”.
La Val Roia, come si apprende anche dal documentario, è terra di migrazioni da tre millenni. Dall’autunno del 2017, il governo francese ha incrementato il numero di presenze sul territorio, tra gendarmerie ed esercito, al punto da trasformare questa valle di confine quasi in un presidio militarizzato.
“Non quasi” mi dice Cédric. “Gli hotel nella valle, con la scusa che fa funzionare l’economia locale, sono pieni di gendarmi… Per entrare nella valle, venendo da Ventimiglia, c’è un posto di blocco all’altezza di Fanghetto, con agenti della Polizia Nazionale (CRS) e di Frontiera il (PAF). Anche per uscire all’altezza di Sospello c’è un checkpoint. È lì dal 2016! Per non parlare dei treni che arrivano alle stazioni a valle e che vengono accuratamente ispezionati. Perfino in strada, se sei nero, rischi di essere controllato più volte al giorno”.
Con tutti questi posti di blocco e l’aumento degli arresti, il governo francese ha cercato di neutralizzare anche la Val Roia, costringendo un po’ alla volta i migranti a individuare una nuova rotta ancora più a nord. Ma, come si dice anche nel film, i migranti sono come il vento: non si sa da dove vengono né dove vadano. La libertà, infatti, per usare una bella frase di Cédric raccolta dalla cinepresa di Michel, non è nei movimenti, ma nella testa. Tanto è vero che, nonostante tutte queste restrizioni, i passaggi sono ripresi.
“Durante l’inverno del 2017 gli arrivi dei migranti erano stati quasi pari a zero, ma sono ripresi rapidamente con la primavera. D’altra parte è comprensibile che il numero di migranti si sia drasticamente ridotto in generale: solo tra aprile e dicembre 2017 abbiamo accolto nella nostra fattoria 1325 persone. Per tutto il 2018, abbiamo accolto 319 persone. Questo non solo è da ricollegarsi al ripristino dei controlli alle frontiere, ma è anche rappresentativo della diminuzione degli arrivi in barca sulla costa italiana”.
Ad ogni modo, si tratta di un movimento perpetuo inarrestabile ed è accertato come tutte le persone in attesa a Ventimiglia finiscano prima o poi per passare il confine. In un modo o nell’altro. Quello dei respingimenti dalla Francia all’Italia è infatti solo una grande perdita di tempo. Dal confine con Ventimiglia i richiedenti asilo vengono rimandati fino a Taranto, e questo per far guadagnare al governo francese tre giorni per ogni migrante non accettato.
“La Francia ha fatto a Ventimiglia ciò che l’Inghilterra ha fatto a Calais” ci spiega Michel. “È praticamente la stessa situazione. Detto ciò, tutti i governi europei hanno dimostrato una gestione inadeguata e assurda dei flussi migratori, ad eccezione della Germania nel 2016-17. Da un lato, gli accordi di Dublino creano un nuovo confine nello spazio Schengen meridionale, obbligando i migranti a chiedere asilo nel paese di primo approdo sul suolo europeo. Grecia, Italia e Spagna sono così le più isolate. È un modo semplicistico per sbarazzarsi del problema nel breve periodo”.
Non usa mezzi termini Michel: “Il 50% dei migranti in meno sul suolo europeo è in realtà sul fondo del mare e nessuno ne parla. Questi accordi che consentono alla guardia costiera libica di affondare impunemente le barche piene zeppe di migranti entro i confini delle loro acque territoriali, come privare le navi delle ONG delle loro bandiere, o ancora il divieto ai capitani delle navi da carico di ripescare i migranti in difficoltà impedendogli di attraccare nei porti europei e di consegnare i loro carichi, tutto ciò produce un gigantesco annegamento ben organizzato. Mi auguro che gli accordi raggiunti oggi tra i governi europei e la Libia siano considerati tra qualche anno un crimine contro l’umanità”.
“Per il numero totale di persone che cercano di passare, le cifre fornite dalla prefettura non sono corrette” puntualizza Cédric. “Nel 2018 la prefettura ha identificato 29.000 procedure di non ammissione, cioè rinvii in Italia, contro i quasi 49.000 nel 2017. Ma si tratta di numeri che non sono rappresentativi delle persone, bensì del numero di tentativi di passaggio. Uno stesso individuo, infatti, può provare a passare una, due, tre o anche quindici volte”.
Gli chiedo allora se sia anche al corrente della situazione a Bardonecchia e se ci siano delle somiglianze con quanto accade a Ventimiglia e nella Val Roia. Mi risponde così. “È simile, ma ci sono alcune piccole differenze. Al confine di Bardonecchia, una volta che i migranti hanno attraversato il confine, hanno meno probabilità di essere arrestati e rimandati indietro, da Briançon, Grenoble, per esempio. Qui, al contrario, le persone, anche una volta entrate in Francia, possono essere bloccate a Breil, Nizza, Mentone, o anche a Cannes e ad Antibes, e devono tornare in Italia”.
Attualmente Cédric, che per aver continuato ad aiutare i migranti, è stato arrestato tre volte e in tutti i casi rilasciato con la condizionale, è in attesa di essere processato di nuovo dalla Corte d’appello di Lione per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. “La Corte di cassazione ha violato una parte della sentenza della Corte d’Appello di Aix en Provence e sarò processato di nuovo nel 2019. Vedremo cosa capiranno i giudici nella mia storia… Ma è evidente che esiste una vera strategia di criminalizzazione di chi aiuta queste persone, ovunque in Europa: Calais, Roia, Briançon, Spagna, Grecia, in Serbia. Ovunque ci sono storie simili. Vogliono scoraggiare il cittadino per far passare il messaggio che chi si lascia coinvolgere in tutto ciò, potrebbe avere problemi”.
Riguardo alla criminalizzazione di chi aiuta, all’inizio il clima era meno violento (“nessuna custodia cautelare della polizia, qualche interrogatorio e nessuna ispezione”). Poi è arrivato il caso della detenzione di Bastien, Theo ed Eleonora, i tre giovani attivisti rinchiusi nella prigione di Baumettes a Marsiglia per 15 giorni. Fino ad allora nessuno aveva fatto il carcere con l’accusa di “crimine di solidarietà”.
“Non mi vedo come un disobbediente civile. Mi limito a chiedere con precisione che la legge sia rispettata. Esiste una legge rispettosa di chi viene da fuori e rispettosa degli esseri umani in generale. Ebbene, questa legge non solo non è applicata dallo Stato, ma nemmeno dai rappresentanti della giustizia. Non mi interessa la disobbedienza civile perché io obbedisco a una giustizia fondamentale che è superiore alla giustizia dell’uomo. Quella, cioè, che dice che non si può lasciare in pericolo altri esseri umani”.
Mentre i politici locali continuano ad accusare Cédric e gli altri cittadini di favorire l’ingresso illegale di stranieri e terroristi nel territorio nazionale, attraverso la stigmatizzazione delle persone e puntando il dito contro la loro cultura e la loro religione, alcuni richiedenti asilo sono riusciti ad avviare le pratiche di inserimento. Si sono stabiliti da Cédric e al momento lo stanno aiutando nella gestione del campo e nella raccolta delle sue amate olive. Pronti a dare il benvenuto ai nuovi arrivati.
“Non dobbiamo aspettarci nulla dai politici-politici” si accomiata Cédric. “La vera politica è soprattutto quella dei cittadini che fanno vivere le loro città. Credo nel potere di ognuno di fare ciò che è buono ed equo, e quindi di spostare le linee. Non dobbiamo aspettarci una vittoria definitiva. La lotta per i diritti umani è eterna, e destinata a evolversi in ogni epoca”.
Immagine di copertina: Cedric Herrou (con una bimba per mano) scortato dalla gendarmerie insieme ad altri migranti per un controllo in stazione (foto di Laurent Carre come tutte quelle presenti nell’articolo)