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Cittadini UE nel Regno Unito: un anno di transizione tra Brexit e coronavirus

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6 aprile 2020 - Angelo Boccato
Non è facile destreggiarsi tra l'ottenimento di uno status giuridico necessario per restare nel paese, un sistema per ottenerlo che ogni giorno dimostra notevoli limiti e i frenetici cambiamenti nelle politiche migratorie. Se a ciò si aggiunge la situazione emergenziale dovuta al Coronavirus, per i tanti cittadini stranieri nel Regno Unito, l'incertezza ha raggiunto il picco massimo. Ce ne parla Angelo Boccato.

La vittoria dei Tories nelle Elezioni Generali del 2019 ha segnato il tramonto delle prospettive di un secondo referendum sulla Brexit siglando una storica vittoria del partito, al governo dal 2010.

Tuttavia l’ufficiale uscita del Regno Unito dall’Unione Europea il 31 Gennaio è stata seguita dall’emergenza del coronavirus, il cui contagio ha raggiunto anche Downing Street (si contano 47,806 casi e 4,934 morti al 5 Aprile come riportano i dati di Public Health England) cambiando radicalmente l’orizzonte della agenda di governo ed esponendo gli oltre 3 milioni di cittadini comunitari a nuove preoccupanti incertezze.

Il governo di Boris Johnson e la libertà di movimento

“Il governo di Boris Johnson ha abbandonato l’idea del taglio netto all’immigrazione. Il modo in cui i Conservatori hanno affrontato la questione negli ultimi dieci anni è stato quello di promettere la riduzione dei flussi in arrivo in termini di decine di migliaia di unità, nonostante il fatto che siano consci della necessità della migrazione per l’economia britannica” illustra a Open Migration il giornalista britannico Daniel Trilling.

“Il governo ha deciso di abbandonare il taglio della migrazione in favore di un sistema a punti sul modello australiano. Gli aspetti di questo nuovo sistema che vengono apprezzati dai loro elettori si denotano in un aspetto di equità, con l’idea di un bilanciamento tra migrazione e necessità del mercato del lavoro britannico ed è aperto a persone da tutto il mondo, non solo dalla UE”.

“Credo che poi la retorica del sistema australiano abbia poi due funzioni. Da una parte sii soddisfano gli elettori Conservatori [Nigel Farage, ex leader UKIP e leader del Brexit Party aveva definito i migranti del Commonwealth “migliori” rispetto ai cittadini comunitari dell’Est] che vedono questo nuovo sistema come più giusto rispetto alla libertà di movimento poi, chiamandolo sistema australiano, nella mente di molti, anche se alcuni non sarebbero disposti ad ammetterlo, si proietta l’immagine di un paese che favorisce l’immigrazione bianca con leggi sull’immigrazione più restrittive per migranti non bianchi, dall’Asia e del Medio Oriente ad esempio” prosegue Trilling.

Dopo la fine del periodo di transizione (il 31 Dicembre del 2020) tutti i cittadini e le cittadine comunitarie arrivati/e e residenti nel Regno Unito dovranno candidarsi per l’ EU Settlement Scheme entro e non oltre la scadenza del 30 Giugno 2021, al fine di ottenere il settled o il pre-settled status.

Il settled status garantisce a chi ha vissuto nel Regno Unito da almeno cinque anni gli stessi diritti dei cittadini britannici per quanto riguarda l’ accesso al NHS (il Sistema Sanitario Nazionale), istruzione, benefits e pensioni, mentre il pre-settled status viene e verrà assegnato a coloro che vivono nel Paese da meno di cinque anni, prima di poter ottenere il primo status.

I cittadini europei possono candidarsi per posta, online nella sezione specifica sul sito del Governo britannico o tramite smartphone, scaricando l’app EU Exit: ID document check .

Lo schema attuale ha sostituito il sistema precedente della permanent residency .

“Siamo riusciti ad avere un impatto sulle negoziazioni col governo May, rimuovendo il costo per la permanent residency e assicurandoci che i diritti dei cittadini europei restassero in cima all’agenda. Per noi la differenza più significativa [tra il governo May e Johnson, il quale ha firmato l’accordo raggiunto dalla ex Prima Minista] la si rileva nel rischio che il governo Johnson possa ‘annacquare’ i nostri diritti col tempo, in quanto tutto è legato al modo in cui questi vengono implementati” spiega ad Open Migration Maike Bohn, cittadina tedesca e co-fondatrice di the3million, organizzazione no profit che rappresenta i diritti dei cittadini europei nel Regno Unito.

“Senza un ancoraggio legislativo potrebbero quindi essere facilmente indeboliti o ridotti, dato che sono soggetti a cambiamenti legislativi sulle politiche della migrazione, un fronte sul quale il governo dimostra di avere dei precedenti” aggiunge Bohn.

Per questo motivo, il lavoro dell’organizzazione al momento è meno focalizzato sulla attività di lobbying e molto di più sul di monitoraggio degli sviluppi attuali.

Il settled status: soggetti vulnerabili e formato digitale

Una delle ulteriori e significative preoccupazioni dalla prospettiva di the3Million è rivolta, come spiega Bohn, all’ottenimento del settled status per anziani e disabili e tutti coloro che necessitano assistenza da parte di terzi al fine di completare il processo, in particolare nella fase attuale di quarantena nel Paese.

Il timore è in effetti quello che questi finiscano per non ricevere le informazioni e il supporto necessario per completare le varie procedure; negli ultimi due anni in particolare l’organizzazione si è impegnata a richiedere e ottenere rassicurazioni dal governo in termini dell’estensione di settled o presettled status a tutti i cittadini comunitari prima della scadenza del 2021.

Secondo il rapporto “EU Settlement Scheme quarterly statistics, December 2019” redatto dall’Home Office erano state ricevute 2.756,130 procedure per il settled status, incluse quelle per i minorenni per i quali la procedura deve essere presentata dai genitori.

Il recente rifiuto, giustificato per la mancata presentazione di sufficienti prove di residenza di 300 domande di settled status è un campanello di allarme.

Le problematiche per queste particolari categorie e i rischi per le loro future prospettive di permanenza nel Regno Unito si verificano anche a causa delle falle di un sistema unicamente digitale. 

Il più famoso di questi casi ha probabilmente riguardato il 101enne Giovanni Palmero, il quale ha vissuto a Londra sin dal 1966. Nel corso della sua procedura, per la quale fu aiutato da Dimitri Scarlato, musicista, compositore,  membro di the3million e volontario con l’INCA CGIL (patronato del sindacato italiano che sta aiutando i connazionali con le procedure del settled status e anche con le richieste di Universal Credit) Palmiero fu scambiato dall’Home Office per un bambino di 1 anno, con la conseguente richiesta della conferma della sua identità da parte di un genitore.

Le affinità con lo scandalo della generazione Windrush non mancano, a partire dalle stesse ragioni che hanno spinto questi gruppi a recarsi nel Regno Unito nello stesso periodo, l’invito e le rassicurazioni dei governi britannici poi disattese.

“Credo che ci sia un vero rischio di un nuovo scandalo Windrush all’ennesima potenza per i cittadini comunitari poiché i numeri sono molto più alti della generazione Windrush e poiché avremo persone senza alcuno status di immigrazione e che a differenza di quella generazione non lo hanno mai avuto” continua Bohn.

La co-fondatrice di the3million sottolinea poi che mentre alcuni membri della generazione Windrush erano peraltro cittadini britannici ma non potevano provarlo a causa dei costanti cambiamenti delle leggi migratorie, senza il settled status, tutti i cittadini UE, non solo quelli vulnerabili resteranno senza alcuna prova del loro diritto a rimanere nel Regno Unito.

Come aggiunge poi Bohn, un ulteriore campagna sulla quale i the3million stanno portando avanti la loro attività di lobbying è infatti quella di affiancare, per chi lo desideri, un documento cartaceo anche a pagamento da poter presentare a datori di lavoro, padroni di casa e simili.

“I cittadini europei sono molto preoccupati sul fronte della discriminazione e dalle falle dei sistemi online senza avere un documento tangibile e anche dal rischio che la documentazione online possa essere alterata a loro insaputa e questi timori sono anche legati a un problema di fiducia”.

L’ agenda di Priti Patel, il coronavirus e le prospettive dei cittadini UE 

L’Home Office è guidato nel governo Johnson dai Priti Patel, nata a Londra di genitori indiani emigrati dall’Uganda prima del colpo di stato di Idi Amin nel 1971 e esponente della destra dei Conservatori, una fervente thatcheriana.

Nel corso del suo intervento durante la conferenza dei Conservatori dello scorso autunno, dopo aver presentato l’introduzione di un futuro modello ‘australiano’ per le politiche migratorie, Patel aveva poi aggiunto: “Lasciate che vi dica questo. Questa figlia di immigrati non ha bisogno di lezioni dalla elitè metropolitana del Nord di Londra”.

“Se si guarda a Priti Patel è molto difficile determinare la sua agenda perché da una parte celebra il fatto che molti cittadini comunitari hanno ottenuto il settled status, ma dall’altra continua a descrivere i cittadini europei e migranti in generale come potenziali minacce”  sottolinea Bohn.

Inoltre, i cosiddetti low skilled workers elencati da Patel, i lavoratori ‘poco qualificati’  il cui ingresso nel Regno Unito dovrebbe essere limitato secondo i nuovi piani, rappresentano tipologie di lavoratori fondamentali nella crisi attuale come ad esempio paramedici e badanti.

Oltre a questo, l’assenza di un compendio cartaceo in considerazione dei casi di discriminazione per i cittadini comunitari che hanno avuto inizio già dopo il risultato del referendum, espone tutti coloro che devono ottenere lo status a rischi e limitazioni o esclusioni dagli strumenti di welfare specie di fronte al fatto che già un milione di persone ha fatto richiesta per l’Universal Credit, un sistema che è di per sé fallace e al centro di numerose critiche.

Stretti tra il periodo transitorio e il coronavirus, il futuro dei cittadini UE è probabilmente al picco dell’incertezza.

 

In copertina: Banksy does Brexit (detail) Via Flickr

Etichettato con:Brexit, Regno Unito, the3million

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