I cittadini europei vogliono più solidarietà per la gestione del fenomeno migratorio e una seria riforma del Regolamento di Dublino. È questo, in sintesi, il quadro che esce dal quarto panel di cittadini della Conferenza sul futuro dell’Europa che si è tenuto a Maastricht. I lavori a cui hanno partecipato 184 persone dai 16 anni in su e provenienti da tutti gli Stati membri si sono tenuti nella Capitale della regione del Limburgo, nel sud dei Paesi Bassi, dove scorrono le acque delMosa. A pochi metri dalle rive del fiume che attraversa anche Belgio e Francia e che proprio 30 anni fa aveva dato i natali alla moderna Unione europea.
Dal weekend del 11-13 febbraio, sono invece uscite le 40 raccomandazioni finali dei cittadini estratti a sorte che verranno discusse nella Sessione plenaria al Parlamento europeo di Strasburgo il weekend del 11 e 12 marzo, assieme ai parlamentari europei, dei parlamenti nazionali, dei 27 governi, i 3 commissari europei e i rappresentanti della società civile dei Paesi membri.
Le proposte presentate dai 15 sottogruppi nella sessione plenaria erano inizialmente 46 – qui avevamo raccontato la prima parte di questa selezione – e sono state divise in due macro-aree e cinque ‘stream’, le migrazioni (Responsabilità e solidarietà in Ue e migrazioni da un punto di vista umano) e il ruolo dell’Unione europea nel mondo (Autosufficienza e stabilità, Ue come partner internazionale e Ue forte in un mondo pacifico).
Tra le idee più votate, con il 90,26% dei voti favorevoli ce n’è una che prevede la riforma del Regolamento di Dublino – che attualmente obbliga gli Stati membri Ue i cui confini sono la frontiera esterna dell’Ue a farsi carico di tutte le domande di richiedenti asilo – con un sistema in cui ci sia una “distribuzione giusta, equilibrata e proporzionata” di migranti sulla basa dei principi di solidarietà e giustizia. “I nostri hotspot sono pieni di persone che arrivano e non hanno futuro. Lasciare i migranti al loro destino senza aiuti credo sia davvero un crimine”, ha sottolineato Francesco Indiveri, consulente legale di Napoli selezionato come partecipante alla Conferenza. Ma la situazione tra le istituzione Ue è tutt’altro che rosea con il Patto europeo sulle migrazioni proposto dalla Commissione europea che al momento non trova una maggioranza né al Consiglio né al Parlamento europeo. “È dal mio primo Consiglio europeo del 1999 che abbiamo cercato di creare una politica comune per l’immigrazione ma a parte le regole di Dublino e Frontex non abbiamo fatto molto. Mancano dei canali legali comuni in Ue per i migranti” ha spiegato Guy Verhofstadt, eurodeputato del gruppo liberale Renew Europe e co-presidente della Conferenza sul futuro dell’Europa.
Sono passate anche le proposte di un’elaborazione “più veloce e secondo standard comuni” delle richieste di asilo, con le stesse che possono essere elaborate da altri stati membri (87% dei sì), e “screening dei migranti economici fatti nel Paese di partenza” (80%).
È stata bocciata, invece, con solo il 65% dei voti positivi, la proposta che avrebbe limitato al 30% il numero di abitanti provenienti da Paesi terzi negli Stati membri. Non è stato approvato neanche “un protocollo di azione per una possibile imminente crisi di rifugiati” causata da una “crisi climatica”, che includeva la definizione di rifugiati climatici.
Nell’ambito del ruolo dell’Ue nel mondo, invece, si è dibattuto molto su una possibile creazione di un esercito comune europeo. I cittadini dei 27 stati membri hanno votato contro alle “forze armate Ue” come “struttura sovranazionale”. Ma non hanno, al contrario, escluso di spiegare come un eventuale esercito unito dovrebbe lavorare, ovvero tramite una “forza armata congiunta per scopi di autodifesa e a supporto in crisi dovute a catastrofi naturali” (73% dei voti).
In altri casi, però, ci sono state raccomandazioni molto simili fra loro che non hanno avuto il tempo di essere esaminate più analiticamente e di essere scartate o accorpate. Laura Maria Cinquini, studentessa di Prato e ambasciatrice del suo panel, ha messo in risalto come molti cittadini “hanno votato per coerenza due proposte simili, ma facendo un errore dal punto di vista pragmatico perché alcune raccomandazioni sono ripetitive o troppo generali”. Per i passi futuri della Conferenza, Cinquini auspica un dibattito più proficuo nella sessione plenaria alimentato da “una presentazione efficace delle proposte”.
Oltre alle proposte concrete, però, molti partecipanti hanno discusso la struttura della Conferenza sul futuro dell’Europa e se questa sia stata fin qui efficace.
“Avrebbero potuto renderci consapevoli dei fatti, in modo che le nostre discussioni fossero più informate. Ad esempio, i fact checker nei nostri gruppi, che sono stati assolutamente passivi, non sono mai intervenuti”, aveva lamentato in una precedente sessione del panel Zuzana Tokolyova, cittadina slovacca. Questa osservazione è confermata da Andreina de Leo, ricercatrice sui finanziamenti dell’Ue per la dimensione esterna delle politiche su migrazione e asilo presso l’Università di Maastricht e osservatrice nel sottogruppo delle “considerazioni umane sulle migrazioni”. Dal punto di vista di De Leo “si sarebbe dovuto trovare un sistema più efficace per fare in modo che le deliberazioni dei cittadini avvenissero con cognizione di causa rispetto a quello di cui si discuteva”.
“Ho scritto ai coordinatori della Conferenza quali fossero le regole già in essere in materia di asilo: ci sono già dei criteri standard per essere riconosciuti come rifugiati e anche dei criteri comuni di accoglienza. Il problema è che poi gli Stati membri implementano le regole in maniera molto diversificata” ha spiegato De Leo. Ma i coordinatori non hanno inoltrato ai facilitatori dei sottogruppi le osservazioni degli esperti e “permettere ai cittadini di conoscere l’aspetto applicativo delle leggi europee avrebbe portato ad una discussione di tipo diverso” ha concluso la ricercatrice.
Infine sulla possibilità spesso dibattuta di rendere la Conferenza permanente, Mathieu Yves, fondatore dell’organizzazione Missions Publiques smorza i toni: “Se decidiamo di rendere la Conferenza permanente, il rischio è che i cittadini, accumulando esperienza, diventino come i rappresentanti politici. La Conferenza può funzionare solo se è di durata media e se i partecipanti verranno estratti a sorte”. Ora la discussione si sposterà nel dibattito durante la sessione plenaria a Strasburgo assieme ai rappresentati politici. Ma come ha sottolineato Marian Cramers, responsabile allo Sviluppo presso l’organizzazione no-profit Democratic Society, “si può fare molto con un processo democratico come quello della Conferenza sul futuro dell’Europa, ma tutti devono capire di cosa si tratta, come pianifichiamo il futuro, dal coinvolgimento delle persone alla condivisione del processo decisionale. Un cambiamento culturale di questo tipo, però, richiede molto tempo”.
In copertina foto di Marco Verch via Flickr (CC BY 2.0)