“Jungle finish” ripetono i migranti. Le autorità francesi non fanno che felicitarsi di questa operazione di “pulizia” annunciando che ne seguiranno a breve altre, simili, per le strade di Parigi dove più di 2000 migranti campano nel quartiere di Stalingrad.
Scende il sipario, si apre la caccia al migrante
Il sipario si è chiuso su Calais. Sono pochi quelli che raccontano che da quando si è dichiarata la fine di questa operazione, giovedì 27 ottobre, è partita una vera e propria “caccia al migrante” per le vie di Calais e che quasi duecento minori si sono trovati esclusi dal sistema di protezione, obbligati a dormire all’addiaccio tra le ceneri.
I 700 giornalisti accreditati dallo Stato hanno lasciato la città.
Le ruspe continuano il lavoro di distruzione, facilitato dagli incendi che hanno reso cenere le decine di capanne che occupavano i 10 ettari di terreno della Jungle di Calais.
Lo sgombero teatrale, e il diritto d’asilo negato
Per questo sgombero, come nel 2009, il governo francese ha optato per un’azione “teatrale” , entrando cosi ufficialmente in piena campagna in vista delle elezioni 2017.
5000 i migranti accompagnati nei CAO – centri di accompagnamento e orientamento – in cui avranno un mese per decidere se chiedere o no l’asilo in Francia. Con questa operazione la Francia si è “comprata” un’apparente immagine umanitaria e solidale pur rassicurando l’elettorato di destra nell’aver “ripulito” la frontiera.
Peccato che nessuna autorità precisi che sono ben pochi quelli che concretamente potranno chiedere asilo in Francia. E’ facile invece rendersene conto se si passa qualche ora nella jungle.
Almeno l’80 % degli abitanti della Jungle è transitato per l’Italia. Molti hanno un permesso di soggiorno italiano, spesso una protezione sussidiaria. La mancanza di lavoro e futuro li ha spinti però a partire e tentare il viaggio in Inghilterra. Altrettanti invece sono stati identificati in Italia e, per attuazione del Regolamento Dublino, dovrebbero essere obbligati a fare richiesta d’asilo nel nostro paese. Impronte prese, come raccontano, troppo spesso con l’utilizzo della forza o con l’inganno.
Ibrahim è un giovane sudanese e racconta che i poliziotti italiani lo hanno convinto a farsi identificare promettendo che le impronte che dava erano una sola formalità. Ora tema che quando chiederà asilo in Francia in realtà scopra che non si trattava di una pura formalità italiana.
Il ministro degli interni Cazeneuve aveva promesso una forma di moratoria al Regolamento Dublino, annunciando che chi si fosse recato volontariamente nei CAO , pur essendo stato identificato in Italia, non vi sarebbe stato rinviato. Questa la promessa. Resta da vedere la pratica spesso lasciata al libero arbitrio dei prefetti.
Calais che brucia, e la storia che si ripeterà
Già dalla notte del 25 ottobre la Jungle ha preso fuoco. Quello degli incendi è un atto di rabbia frutto di mesi di pressione e violenze. Un atto liberatorio. Un atto che in parte è stato anche provocato da chi voleva che questa jungle scomparisse velocemente.
Tra ruspe e fuoco l’accampamento scomparirà in poco tempo, ma il fatto che la frontiera tra Francia ed Inghilterra rimarrà sempre più chiusa e che i migranti continueranno a voler raggiungere l’”eldorado” inglese, non farà altro che creare altre jungle lungo il litorale.
La storia si ripeterà, come negli ultimi venti anni, e alla distruzione di una jungle seguirà la creazione di una nuova. I migranti portati nei CAO scopriranno che sono obbligati a tornare in Italia perché hanno qua impronte o documenti. E questo ennesimo sgombero finirà per risultare solo un’ennesima trovata elettorale portando all’erranza forzata migliaia di persone.
Tutte le foto per gentile concessione di Sara Prestianni (Arci Immigrazione).