La più importante Agenzia dell’Unione Europea è alla ricerca di una direzione. E di una guida. Lo scorso aprile, il controverso direttore esecutivo di Frontex, Fabrice Leggeri, si è dimesso, travolto dalle accuse di cattiva gestione e soprattutto di complicità in respingimenti e violazioni dei diritti umani. La sua posizione è stata affidata temporaneamente alla vicedirettrice dell’agenzia Aija Kalnaja e, contestualmente, è iniziato il processo di selezione per una nuova figura. Che, ora, sta dando i primi risultati.
La Commissione UE ha selezionato tre candidati per guidare l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera: la stessa Kalnaja, la croata Terezija Gras e l’olandese Hans Leijtens. La scorsa settimana, come prevede il regolamento di Frontex, tutti e tre si sono presentati davanti alla Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE) del Parlamento Europeo.
Un’occasione per scoprire chi sono e, qualora venissero scelti, cosa farebbero, in alcuni ambiti in particolare. Tra questi, il rispetto dei diritti fondamentali, l’articolo 46 del regolamento di Frontex (che prevede il ritiro dell’agenzia da quei contesti in cui vi siano violazioni dei diritti umani gravi o persistenti) e il rapporto con le Organizzazioni non governative, tra cui quelle che operano nel Mediterraneo.
Aija Kalnaja
Dopo una carriera nella polizia nazionale lettone, Kalnaja è entrata in Frontex nel 2018, diventando la vicedirettrice responsabile del corpo permanente. Ha lavorato per lungo tempo con Leggeri e, quindi, nel suo intervento ha cercato di smarcarsi dal passato dell’agenzia, sostenendo di “aver fatto tanto” negli ultimi mesi per cambiare la cultura interna. “Siamo trasparenti” ha detto, mostrandosi molto più determinata e combattiva di quando, appena entrata in carica, era già stata sentita dalla commissione Libe.
Secondo Kalnaja, Frontex deve affrontare “due grandi sfide”: una “interna”, per superare le criticità della gestione precedente e una “geopolitica”, legata alla guerra in Ucraina e alla strumentalizzazione di “migranti, energia e cibo”. La direttrice ha citato i dati degli ingressi irregolari di quest’anno, “300mila. Siamo tornati alle cifre del 2016”, e ha previsto che la situazione peggiorerà.
Per questo, ha sostenuto che i rimpatri vanno migliorati, che servono canali di accesso legali e che salvare vite in mare è una priorità per chiunque. Si è mostrata aperta verso gli europarlamentari, le organizzazioni non governative e tutti i suoi partner, con cui vuole un “dialogo aperto e onesto”. Al tempo stesso, però, ha rivendicato la scelta di non utilizzare l’articolo 46 in contesti come quello greco, dove le prove dei respingimenti sono ormai sempre più numerose, chiare e inconfutabili. “Prima di usarlo [l’articolo 46] dobbiamo essere certi di usare tutte le altre opzioni. L’obiettivo ultimo è fare cambiamenti positivi”, ha dichiarato.
Terezija Gras
Terezija Gras in Croazia è conosciuta anche come “Ms Schengen”, per il ruolo che ha avuto nelle procedure che dovrebbero portare, proprio in questi giorni, il suo Paese ad entrare nello spazio Schengen. Dopo aver ricoperto altri ruoli diplomatici e politici (anche a Bruxelles), Gras è da cinque anni segretaria di stato del Ministero degli interni croato. E per questo è stata ripetutamente attaccata da diversi eurodeputati.
Zagabria, infatti, è stata più volte accusata di respingere i migranti che arrivano dalla Bosnia, spesso usando la violenza. Non solo. Secondo alcuni eurodeputati liberali e di sinistra, Gras avrebbe intimidito le organizzazioni non governative croate e impedito la pubblicazione di un rapporto del Consiglio d’Europa sulla situazione dei migranti nel Paese. La funzionaria si è difesa spiegando che le accuse alle forze dell’ordine ci sono state, ma sono state prese in considerazione e sono ora significativamente diminuite. Ha detto di essere sempre stata “aperta al dialogo” con le organizzazioni non governative, lasciando intendere che sono le Ong a non esserlo. E, infine, ha spiegato che il report in questione conteneva informazioni sensibili.
Qualora venisse scelta, Gras ha detto che si concentrerà su “tre priorità”: la creazione, già decisa, di 10.000 guardie di frontiera armate entro il 2027, l’intensificazione dei rimpatri di chi non ha diritto all’asilo e la messa in funzione dei sistemi digitali di frontiera. Ha inoltre promesso di creare un codice di condotta rigoroso per le guardie di frontiera e, per quanto riguarda l’articolo 46, di agire “in modo diverso da Leggeri”.
Hans Leijtens
Hans Leijtens è stato l’ultimo candidato a essere ascoltato dagli europarlamentari e quello che ha segnato la differenza in maniera più marcata dalla gestione di Leggeri. Leijtens, olandese, è un militare oggi a capo della Koninklijke Marechaussee, una componente delle forze armate dei Paesi Bassi che si occupa del controllo dei confini e del servizio di polizia negli aeroporti principali.
Per Leijtens, “l’Europa non ha la Frontex di cui avrebbe bisogno”. Per questo, si è candidato per guidarla, perché “preoccupato per i diritti fondamentali e per la mancanza di fiducia e legittimazione” dentro l’agenzia e tra i suoi stakeholder. Eppure, il militare olandese, come ha spiegato lui stesso, è attualmente il rappresentante dei Paesi Bassi all’interno del consiglio di amministrazione di Frontex. E lo era già stato in passato. Avrebbe, quindi, potuto farsi sentire nei confronti del vecchio direttore Leggeri.
Il punto è stato sollevato da più di un eurodeputato. Leijtens ha risposto che sente “la responsabilità” di essere un membro del consiglio d’amministrazione, che è sempre stato “un sostenitore di una maggiore trasparenza” e che, all’interno del consiglio, i Paesi Bassi hanno sempre avuto “una voce collaborativa e critica”. Per distanziarsi ulteriormente da Leggeri, poi, ha spiegato che “in nessun caso” i respingimenti sono “legali”, che “la trasparenza dovrebbe essere al centro di Frontex” e che non vede “alcun impedimento nell’applicare l’articolo 46 se arriviamo a quel punto”.
La scelta del Parlamento Europeo
“Frontex è a un bivio. L’Europa ne ha bisogno ora”, è stato un altro dei passaggi chiave della presentazione di Leijtens, che deve essere stata particolarmente efficace. La commissione Libe, infatti, ha pubblicato una raccomandazione in suo favore proprio lunedì. Il parere degli eurodeputati dovrà ora essere preso in considerazione dal Consiglio di amministrazione di Frontex. L’organo è composto dai rappresentanti dei 27 stati membri e da due funzionari della Commissione UE e ha il compito di arrivare alla decisione finale. Qualora non fosse in linea con quella del Parlamento UE, servirà una giustificazione scritta.
Intanto, la Commissione ha annunciato ieri un piano d’azione per la rotta balcanica occidentale. Il piano, che arriva una settimana dopo quello per il Mediterraneo centrale, prevede anche una maggiore presenza dei funzionari di Frontex nei paesi coinvolti: Albania, Montenegro, Serbia e Macedonia del Nord.
In copertina: Formazione di base ad Avila, Spagna. Foto via Frontex.