Controllare i confini e rispettare i diritti umani: un binomio che nella realtà pratica non regge. Sembrerebbe essere questa la sgradevole conclusione con cui devono fare i conti le più alte istituzioni europee, e che potrebbe costare la carica a Fabrice Leggeri, il funzionario francese a capo di Frontex. L’operato dell’Agenzia europea di frontiera e del suo direttore è in questi giorni sotto indagine per aver partecipato – in modo diretto e non – a una serie di respingimenti illegali di migranti nelle acque dell’Egeo, dalla Grecia verso la Turchia.
“Garantire frontiere esterne sicure” è la missione dichiarata di Frontex, che dovrebbe portarla a termine rispettando la Convenzione europea dei diritti dell’uomo così come la Convenzione di Ginevra in merito al diritto d’asilo. Un’inchiesta giornalistica internazionale pubblicata alla fine dello scorso ottobre denuncia però il contrario, documentando una serie di pushbacks avvenuti nel corso di quest’anno. Il report segue un lavoro congiunto di alcuni mesi, portato avanti dal settimanale tedesco Spiegel, dalle reti di giornalismo investigativo con base in Olanda Lighthouse Reports e Bellingcat, dal canale televisivo giapponese Tv Asahi e da quello tedesco Ard.
Crescono così le ombre sulla gestione delle frontiere esterne da parte dell’Unione Europea, e nello specifico della Grecia – già all’inizio dell’estate l’Agenzia Onu per i Rifugiati aveva invitato il Paese ad indagare sulla pratica dei respingimenti diretti, via terra e via mare. A crescere in modo costante è allo stesso tempo il budget di Frontex, che nel 2020 aumenta di 420 milioni di euro: ad attestare ancora una volta l’assoluta centralità delle operazioni di controllo all’interno della politica comunitaria.
L’operazione Poseidon e i respingimenti
La recente inchiesta giornalistica riporta nel periodo tra aprile e agosto scorso sei casi di respingimenti illegali nelle acque dell’Egeo. Lo sbarco dei migranti sulle coste delle isole greche viene ostacolato in più modi. In alcuni casi sono manomessi i motori delle imbarcazioni, in altri queste vengono bloccate fino a quando il carburante non è esaurito. Le imbarcazioni sono poi lasciate in balìa del vento o in modo attivo spinte verso le acque territoriali turche: in più di un caso le navi della Guardia Costiera greca sfrecciano accanto ai gommoni carichi di migranti, creando delle onde che mettono in pericolo la stabilità dell’imbarcazione e la indirizzano in modo efficace verso le coste turche.
Uno dei casi riportati dall’inchiesta denuncia anche il respingimento di un gruppo di persone sbarcate a Samos: individuati dalla Guardia Costiera greca e costretti da questa su una zattera di salvataggio, i migranti vengono trainati e poi abbandonati in mezzo al mare.
L’illegalità di queste operazioni è oggettiva: da una parte l’omissione di soccorso delle persone in mare – in alcuni casi la messa in pericolo della loro vita in modo attivo -, dall’altra la privazione per i singoli migranti della possibilità di presentare richiesta di protezione internazionale. Allo stesso modo è evidente la responsabilità di Frontex, presente in quel tratto di Mar Egeo con l’operazione Poseidon. In uno dei pushbacks trattati dall’inchiesta la responsabilità diretta dell’Agenzia europea è evidente: un video ripreso dalla guardia costiera turca mostra una nave romena di Frontex bloccare un’imbarcazione di migranti, ostacolandone la navigazione verso le isole greche. Anche negli altri casi è però difficile ritenere i suoi ufficiali estranei ai fatti, considerato che della loro mansione di monitoraggio dei confini fa parte la denuncia di qualsiasi violazione dei diritti fondamentali – come previsto dal Regolamento europeo 2019/1896, che regola le attività di Frontex.
“Questi respingimenti non sono incidenti isolati”, dichiara Amelia Cooper dell’organizzazione no-profit Legal Centre Lesvos, che fornisce assistenza legale ai migranti sull’isola greca e a quelli sopravvissuti alle espulsioni collettive. “Le autorità greche stanno abbandonando i migranti in mare con espulsioni collettive diffuse e sistematiche, e Frontex è a conoscenza di questa pratica almeno dall’inizio di marzo. Non solo l’agenzia ha negato tali informazioni, ma ha cercato di minimizzare o sopprimere le segnalazioni”, continua Cooper. La sua organizzazione ha pubblicato lo scorso luglio un report ad hoc sulle espulsioni collettive nel Mar Egeo, nel periodo dallo scorso marzo a giugno. “La portata delle espulsioni collettive nel Mar Egeo rende improbabile che Frontex – un’agenzia con mezzi aerei e navali e un mandato di sorveglianza specifico – non sia a conoscenza di tali pratiche”, conclude l’operatrice britannica.
Anche l’associazione Mare Liberum, nata nel 2018 proprio per controllare il rispetto dei diritti umani in quel lembo dell’Egeo, denuncia l’utilizzo massiccio della pratica di respingimento. Oltre 5mila sono le persone a cui è stato impedito di richiedere asilo da gennaio ad agosto 2020 – riporta l’associazione in un report ad hoc.
Le indagini in corso
Oggi le preoccupazioni sulle attività di Frontex nell’Egeo non riguardano solo il mondo dell’attivismo e delle organizzazioni umanitarie: per chiarire l’accaduto e le conseguenti responsabilità la Commissaria EU per gli Affari interni Ylva Johansson ha richiesto una riunione straordinaria tra la Commissione europea e il Consiglio di amministrazione dell’Agenzia di frontiera, tenutasi lo scorso 10 novembre.
“Un buon punto di partenza, per quello che voglio sia un processo trasparente”, così commentava Johansson l’esito dell’incontro. Tuttavia è proprio la trasparenza a mancare: Frontex stessa ha avviato a fine ottobre un’indagine interna per chiarire gli avvenimenti nell’Egeo. Se di per sé è difficile considerare l’indagine indipendente, dato il peso delle accuse pendenti, ad allontanare la speranza di un reale chiarimento si aggiungono denunce interne degli stessi ufficiali di frontiera.
Vari media autorevoli hanno fatto trapelare la voce di ufficiali dell’Agenzia impossibilitati a denunciare “incidenti” o minacciati di ritorsioni dai loro superiori, proprio per la volontà di riportare violazioni dei diritti dei migranti. E a completare il quadro anche il Meccanismo di reclamo per presunte violazioni dei diritti fondamentali, che Frontex mette a disposizione del pubblico, è sotto indagine. Lo stesso giorno di novembre in cui Leggeri incontrava i vertici EU il mediatore europeo (Ombudsman) Emily O’Reilly apriva un’inchiesta ufficiale sull’efficacia del Meccanismo.
Un piccolo segnale di buona volontà da parte dell’Agenzia è stato dato con l’apertura di un bando per l’assunzione di 40 funzionari per il Fundamental Rights Officer, la divisone interna di Frontex atta al monitoraggio dei diritti. Tutte le posizioni sono ancora vacanti.
Il rimpallo delle responsabilità
Che ci sia bisogno di rafforzare il sistema di monitoraggio interno dei diritti è sicura anche la Commissione Libertà Civili del Parlamento europeo (LIBE), che ha ascoltato il direttore Leggeri in un’ultima audizione a inizio dicembre. Occasione che i deputati democratici e socialisti della LIBE hanno usato per chiedere formalmente le dimissioni di Fabrice Leggeri: responsabile in modo diretto dei respingimenti o incompetente rispetto al suo ruolo, il direttore non gode più della fiducia della Commissione. Anche dalla società civile si levano voci critiche: una campagna internazionale con questo scopo del movimento We Move Europe ha raccolto in pochi giorni circa 60mila firme a favore delle dimissioni di Leggeri.
Da parte sua il numero uno di Frontex ha tenuto finora una linea coerente: negare in modo assoluto la responsabilità della sua Agenzia, cercando di spostare il dibattito su un piano prettamente politico. Sebbene Leggeri non abbia mai riconosciuto che ci siano state violazioni nelle acque dell’Egeo, ha ammesso l’esistenza di alcune segnalazioni al riguardo. In merito a queste Frontex avrebbe interpellato il governo di Atene – che data la posizione geografica è il Paese a capo dell’operazione Poseidon. Una volta ricevuta dalle istituzioni greche l’assicurazione che la Guardia costiera ellenica abbia operato in modo regolare, Leggeri avrebbe così considerato chiuso il caso. Al contrario però l’Articolo 46 del Regolamento 2019/1896 di Frontex mette nero su bianco l’obbligo da parte dell’Agenzia di sospendere le sue attività laddove ci sia anche solo il sospetto di violazioni dei diritti fondamentali.
Anche il Ministro greco per le Migrazioni Mitarachi difende l’operato degli ufficiali greci e a sua volta rivolge le accuse di violazioni alla Guardia costiera turca. Con un ultimo attacco a mezzo stampa a inizio dicembre ha imputato ai turchi il mancato salvataggio di una barca poi naufragata alle coste di Lesbo – delle persone a bordo due sono state date per disperse e 32 sono state salvate. Queste si aggiungono alle circa 15mila arrivate in Grecia via mare dall’inizio dell’anno, secondo i dati ufficiali dell’Unhcr, un numero in forte calo rispetto al passato – complice anche la pratica dei respingimenti, è legittimo considerare. Infine sono loro, in questo cinico gioco delle parti, l’unico punto fermo: i migranti abbandonati in mare.
Foto di copertina via Twitter/Frontex