Attraverso l’analisi dei dati, le interviste ad alcuni operatori dell’accoglienza e le visite svolte in alcune strutture, il rapporto di Lunaria, a quasi due anni dai primi arresti e dalla pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare relative all’indagine ‘Mondo di mezzo’, va a indagare i due rami in cui si divide l’accoglienza capitolina – Cas (Centri Accoglienza Straordinaria) e Sprar (Servizio di protezione richiedenti asilo e rifugiati) – fornendo un’analisi della situazione attuale affiancata da concrete proposte di miglioramento.
Le strutture “temporanee”: i CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria)
Al 19 settembre 2016, si contano 70 CAS sul territorio della provincia di Roma (per un totale di 4063 posti), e 310 a livello regionale (7822 posti); negli ultimi 10 mesi sia le strutture che le relative presenze sono più che raddoppiate. In altre parole, nonostante le reiterate promesse di abbandonare finalmente l’approccio emergenziale, continua ed anzi aumenta il ricorso a strutture e modalità di accoglienza straordinaria.
Non sono disponibili informazioni circa le strutture presenti nel Comune di Roma: il che testimonia la grave mancanza di trasparenza che caratterizza i centri in capo alle prefetture.
Nonostante i tentativi di miglioramento dei bandi pubblicati per l’affidamento dei servizi, con particolare riferimento alla divisione del territorio in 7 lotti – operata nel 2015- per evitare di concentrare i centri in alcune zone, e alla previsione di un numero minimo e massimo di posti (minimo 50, massimo 100 per struttura), la difficoltà riscontrata nel reperimento dei posti necessari ha indotto la Prefettura a pubblicare nuovi avvisi per manifestazione di interesse per procedere ad affidamenti diretti.
Sprar: un modello da applicare – veramente
Il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, istituito dalla legge n.189/2002, è il sistema pubblico di accoglienza di richiedenti e titolari di protezione internazionale. E’ costituito da una rete di enti locali che accedono al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, per realizzare interventi di ‘accoglienza integrata’ sul territorio, ed è coordinato da un Servizio centrale affidato all’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci). Basato su un’adesione volontaria, è un modello che mira a favorire l’accoglienza in piccole strutture o appartamenti, con un’articolazione decentrata sul territorio e la collaborazione tra istituzioni nazionali, enti locali e organizzazioni della società civile.
Roma è il cuore del sistema Sprar: nel 2014 sono stati approvati e finanziati 51 centri ordinari, 3 centri per minori stranieri non accompagnati, 1 struttura per persone con particolari vulnerabilità, per un totale di 3165 posti (poi saliti a 3257 nel 2015). Erano solo 150 fino alla prima metà del 2013. Risulta dunque evidente il repentino sviluppo del sistema. Uno sviluppo che però ha previsto l’inclusione di alcune strutture già inserite nel circuito cittadino di accoglienza ma rispondenti a standard diversi da quelli previsti dallo Sprar e in cui l’assenza di una progettazione condivisa con gli enti coinvolti ha reso difficoltosa la programmazione dell’attivazione dei servizi.
Anche per il modello Sprar si evidenziano tentativi di miglioramento: un decreto del Ministero dell’Interno (10 agosto 2016) prevede una procedura semplificata per la proroga di servizi, oltre alla possibilità di presentare un progetto in qualsiasi momento dell’anno, senza attendere la pubblicazione di bandi. Inoltre, è previsto un numero massimo di 60 posti per struttura che “di norma” non può essere superato: una specificazione che lascia pur sempre spazio a possibili deroghe.
Risulta però preoccupante che più di 2.200 posti di accoglienza siano stati affidati alla gestione di soli 3 enti gestori: la cooperativa Domus Caritatis, il consorzio Casa della solidarietà e il consorzio Eriches 29, per un totale di 27 strutture, gli enti coinvolti a vario titolo nell’indagine su Mafia Capitale.
E’ impossibile dare conto delle complessità che il dossier fa ben emergere. Quello che si può fare è sintetizzare per punti le criticità e i possibili percorsi di cambiamento individuati da Lunaria per delineare un modello diverso di accoglienza, rispettoso delle persone alle quali questi servizi si rivolgono, e maggiormente efficace ed efficiente, anche da un punto di vista economico.
L’importanza del monitoraggio
Dalle denunce di molte organizzazioni della società civile, dalle interviste effettuate e dalle visite ispettive, emerge una costante e generale carenza delle procedure di affidamento e di monitoraggio dei servizi, “vera e propria patologia sistemica” del sistema di accoglienza romano. Contro questa situazione, oltre all’impegno politico per la revisione dei regolamenti comunali e delle procedure di affidamento dei servizi, si sollecita la programmazione di visite periodiche – senza previa comunicazione – presso le strutture di accoglienza. La costituzione di un comitato di controllo indipendente e l’obbligo di pubblicare le relazioni dei monitoraggi mensili faciliterebbe inoltre il superamento delle gravissime mancanze riscontrate in particolare nel sistema dei Cas.
Lo sfruttamento degli operatori dell’accoglienza
Sottodimensionamento, sottoinquadramento contrattuale, mancanza di una reale definizione delle mansioni, assenza di formazione, compensi bassi e corrisposti con frequenti ritardi, impossibilità di garantire un’assistenza personalizzata agli ospiti, scarsa collaborazione degli uffici pubblici comunali e sanitari: è questo quanto restituito dalle interviste effettuate da Lunaria. Un quadro allarmante da tempo denunciato dagli operatori e dalle operatrici dell’accoglienza, molti dei quali, di fronte a questa situazione hanno deciso di organizzarsi autonomamente in una Assemblea dei Lavoratori dell’Accoglienza.
Un problema di trasparenza
Il lavoro di Lunaria evidenzia inoltre la permanenza di una sostanziale reticenza a fornire dati e informazioni, che invece dovrebbero essere pubblici proprio perché relativi a servizi di pubblica utilità, realizzati con fondi pubblici. La mancanza di trasparenza più significativa riguarda la gestione dei centri allestiti dalla Prefettura, di cui non esiste una mappatura ufficiale disponibile, e sulle cui procedure di affidamento permangono numerose lacune informative.
Gare al massimo ribasso: la qualità ‘non paga’
‘Se il criterio privilegiato per l’affidamento dei servizi di accoglienza resta quello del costo più basso, è inevitabile che gli enti gestori siano indotti ad adottare un’economia di scala: la sostenibilità della gestione aumenta infatti con il numero dei posti di accoglienza gestiti’. L’analisi di Lunaria in tal senso non potrebbe essere più chiara.
Va inoltre specificato che, in media, il costo medio previsto per l’accoglienza si attesta intorno ai 35 euro al giorno a persona, con cui l’ente gestore dovrebbe garantire non solo vitto e alloggio, ma anche i vari servizi di “integrazione” previsti. Come ben esplicitato dall’analisi dei dati, dalle interviste agli operatori, dalle visite nelle strutture, è evidente che un investimento pubblico di 35 euro al giorno è nella maggior parte dei casi insufficiente a garantire la completa e qualificata erogazione di tutti i servizi previsti nei bandi di gara.
Un modello emergenziale per un fenomeno strutturale: serve un cambiamento che guardi alla realtà
Una sostanziale assenza di programmazione degli interventi complessiva, coordinata, e progettata insieme alle municipalità, ai soggetti sociali e ai servizi pubblici presenti sul territorio: ecco il vizio di fondo che caratterizza l’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati nella Capitale. Un approccio – non solo capitolino, bensì nazionale – che guarda ai flussi migratori che interessano il nostro paese come a qualcosa di temporaneo, passeggero: straordinario, appunto, proprio come i centri di accoglienza in capo alla Prefettura, o alle deroghe troppo spesso previste rispetto alle linee guida che pure esistono e riconoscono la necessità di un approccio ben diverso da quello messo poi in pratica. Sono le stesse ‘Linee guida per l’affidamento di servizi a enti del terzo settore e alle cooperative sociali’ dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione a suggerire una programmazione di medio periodo degli interventi, che eliminerebbe la necessità di ricorrere in modo intensivo a procedure di affidamento diretto dei servizi, o alla ricerca di posti ‘in emergenza’.
Le proposte avanzate dall’associazione, anche a fronte del lavoro di rete svolto con altre realtà impegnate nella difesa dei diritti, sono attuabili. Quello che serve ora, e con sempre maggior urgenza, è la volontà politiche di farle proprie.
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