A un anno esatto dalla presentazione del Patto per la migrazione e l’asilo, la Commissione Ue ha adottato il nuovo Piano d’azione contro il traffico di migranti 2021-2025. Nel settembre 2020, i commissari Schinas e Johansson avevano rivelato le proposte dell’esecutivo comunitario per il delicato dossier immigrazione. Dodici mesi dopo, ha spiegato proprio Schinas, i progressi nell’adozione delle tante misure contenute nel patto “sono stati dolorosamente lenti” mentre “le sfide migratorie hanno continuato a sorgere in forme nuove e vecchie”. Ed è soprattutto di queste ultime che hanno parlato i due commissari nella conferenza stampa della scorsa settimana.
Il precedente Piano d’azione contro il traffico di migranti risaliva al 2015: era stato concepito dopo la strage di Lampedusa del 3 ottobre 2013 e approvato nel pieno della crisi legata alla guerra in Siria. All’epoca, l’obiettivo prioritario era smantellare le reti informali e criminali che consentono ai migranti di arrivare in Europa, soprattutto attraverso il Mediterraneo e la rotta Balcanica. Oggi, accanto a quel fine, ce n’è uno ulteriore: fermare “il traffico di migranti sponsorizzato dagli stati”, come quello che sta avvenendo “alle frontiere esterne dell’Ue con la Bielorussia”.
Partenariati operativi anti-traffico
Pur avendo caratteristiche molto diverse e riguardando numeri di persone non comparabili, i due fenomeni vengono entrambi affrontati dal nuovo Piano d’azione, che propone alcune azioni principali:
- Sviluppare partenariati operativi anti-traffico con i paesi di origine e transito, rafforzando la cooperazione;
- ampliare gli strumenti per rispondere alla strumentalizzazione della migrazione irregolare da parte degli Stati, anche con misure su visti, commercio, sviluppo e assistenza finanziaria;
- migliorare l’attuazione del quadro giuridico per sanzionare i trafficanti;
- migliorare l’attuazione del quadro giuridico per la protezione dallo sfruttamento dei migranti;
- rispondere all’evoluzione delle pratiche e degli strumenti digitali che facilitano il traffico;
- aumentare la ricerca e la raccolta di dati sul fenomeno;
- intensificare il coordinamento tra gli Stati e le agenzie Ue tra cui EASO, Frontex, Europol ed Eurojust.
Il piano, si legge nel documento, sarà sostenuto da “una serie di strumenti finanziari: lo Strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI), lo Strumento di assistenza preadesione III per il periodo 2021-2027, il Fondo per la sicurezza interna, il Fondo asilo, migrazione e integrazione e lo Strumento per la gestione delle frontiere e dei visti”.
Il punto più rilevante sembra essere il primo, quello relativo ai partenariati operativi anti-traffico con i paesi di origine e transito, che secondo la Commissione dovranno essere “dedicati e su misura” per ciascuna area geografica. Quelli relativi al Mediterraneo orientale/Balcani occidentali, all’Africa settentrionale e a quella occidentale “saranno lanciati in via prioritaria”
Continuità nell’esternalizzare
“Raccomandando questi partenariati operativi, il piano d’azione continua l’esternalizzazione delle responsabilità europee di gestione della migrazione ai partner dei paesi terzi”, commenta Andrew Fallone, dell’European University Institute. Per il ricercatore, non si tratta di una scelta sorprendente. Sono anni che le politiche Ue vanno in questa direzione e questo provvedimento non fa che confermarla. L’esternalizzazione però ha dei costi.
“Il vecchio piano d’azione e anche il nuovo sostengono di voler trasformare il traffico di migranti da un’attività a basso rischio e alto rendimento in una ad alto rischio e basso rendimento. Ma la politica dell’Ue non può semplicemente concentrarsi sull’aumento dei rischi e sulla riduzione dei guadagni per i trafficanti senza pensare ai rischi affrontati dai migranti stessi”, commenta Eugenio Cusumano, ricercatore dell’Università di Leida.
A suo giudizio, “piuttosto che assecondare lo slogan semplicistico per il quale combattere i trafficanti di esseri umani è nell’interesse dei migranti stessi, le strategie dell’UE dovrebbero riconoscere che la lotta contro il traffico di esseri umani ha implicazioni umanitarie e richiedere attente valutazioni in merito”. Al momento, però, queste valutazioni non sono citate nel piano.
La situazione al confine con la Bielorussia
Nel piano d’azione, invece, ampio spazio viene dato alla Strumentalizzazione della migrazione irregolare da parte degli attori statali. L’esempio più attuale ed eclatante è, ovviamente, la Bielorussia di Lukashenko, che da mesi consente ai cittadini di paesi terzi di transitare verso Lituania, Lettonia e Polonia. Schinas e Johansson hanno usato parole dure nei confronti del dittatore bielorusso, proponendo di sospendere parzialmente l’accordo relativo alla facilitazione dei visti tra Bruxelles e Minsk.
I due commissari, al tempo stesso, sono stati evasivi nel rispondere alle domande della stampa sui respingimenti che la Lituania vorrebbe rendere legali in alcune circostanze e sullo stato d’emergenza deciso dalla Polonia per la zona di confine, dove sono morte almeno quattro persone. Giovedì 30 settembre la commissaria agli affari interni Johansson è stata in visita propri in Polonia e ha incontrato il ministro degli interni Kamiński, lo stesso giorno in cui Amnesty International ha accusato Varsavia di aver illegalmente respinto in Bielorussia 32 cittadini afghani.
L’incontro sembra non aver dato grandi risultati. La commissaria si è limitata a dire che “la Polonia, come forte Stato membro dell’UE, può dimostrare che la capacità di proteggere il confine può essere abbinata alla capacità di rispettare i diritti e gli obblighi fondamentali dell’Ue”, ma Varsavia non sembra disposta nemmeno ad accettare l’invio degli agenti di Frontex nella zona di frontiera, preferendo gestire la situazione con le proprie forze.
Al di là delle diversità di vedute tra Commissione e alcuni stati membri, il punto centrale della “crisi” con la Bielorussia, secondo Fallone, è un altro: “è la securitizzazione delle frontiere europee che permette un uso dei migranti irregolari come leva politica”. “L’intensa attenzione dell’Ue sulla deterrenza della migrazione irregolare – conclude il ricercatore – rischia di trasformare la sicurezza e il benessere degli individui in transito in una merce di scambio politica”.
In copertina: Margaritis Schinas, Ylva Johansson a Bruxelles. Foto via European Commission.