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Homepage >> Approfondimento >> Le attività di salvataggio delle Ong non incoraggiano le partenze

Le attività di salvataggio delle Ong non incoraggiano le partenze

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12 dicembre 2019 - Paolo Riva
Dalla Libia si parte di più se ci sono le Ong in mare. Quello appena letto è da anni, seppur con sfumature diverse, il refrain di qualsiasi politico che si dichiari contrario ai salvataggi dei migranti in mare. Dati a favore di questa tesi non sono mai stati divulgati, ora invece uno studio che prende in considerazione il periodo che va dal 2014 al 2018 afferma proprio il contrario: "le attività di Search And Rescue delle Ong sono solo scarsamente correlate alle partenze mensili". Paolo Riva ha intervistato i due autori, Matteo Villa e Eugenio Cusumano, che ci raccontano come sono arrivati a questa affermazione e cosa dovrebbe significare in concreto per le future politiche migratorie europee.

Le Ong che salvano le persone in mare costituiscono un fattore di attrazione per i migranti che vogliono lasciare la Libia per arrivare in Europa. Lo affermano i politici di numerosi partiti, soprattutto di estrema destra. Lo sostengono, più o meno esplicitamente, molti governanti sia a livello nazionale sia a livello europeo. Lo riteneva possibile anche il ricercatore di ISPI Matteo Villa. 

“Quando ho iniziato ad occuparmi di questo tema, pensavo che esistesse una qualche forma di pull factor”, ammette. “Immaginavo fosse limitata e poco rilevante, ma mi aspettavo di trovarla. E, invece, no. Assolutamente no”. La presenza in mare delle imbarcazioni delle Ong non fa crescere il numero delle partenze dalle coste libiche. Tra i due fattori non vi è alcuna relazione. A dimostrarlo è l’ultimo lavoro di Villa, “Sea Rescue NGOs: a Pull Factor of Irregular Migration?”, realizzato insieme a Eugenio Cusumano per il Migration Policy Centre. 

Nessun pull factor

Lo studio, che prende inizialmente in considerazione il periodo che va dal 2014 al 2018, sostiene che in quel lasso di tempo, “le attività di Sar (Search And Rescue) delle Ong sono solo scarsamente correlate alle partenze mensili”. Con due significative eccezioni. 

La prima è il 2015. All’indomani della chiusura della missione italiana Mare nostrum e del conseguente avvio dell’operazione europea Triton, la percentuale di migranti salvati dalle Ong sale dallo 0,8% al 13%, ma le partenze non crescono: si riducono leggermente rispetto all’anno precedente. La seconda eccezione, di segno opposto, è il 2017. Nella seconda metà dell’anno, le Ong diventano i principali agenti di salvataggio, arrivando a sfiorare il 50% dei soccorsi, ma i dati delle partenze crollano a livelli mai raggiunti negli ultimi anni. A luglio, infatti, l’Italia ha siglato un accordo con le milizie libiche grazie all’impegno di Marco Minniti, Ministro dell’Interno del governo Gentiloni.

Secondo Cusumano, ricercatore dell’Università di Leida e fellow all’European University Istitute di Firenze, si tratta di un momento chiave. “Con Minniti, la cabina di regia passa dal Ministero degli Esteri (allora guidato da Angelino Alfano, ndr) a quello dell’Interno: è una svolta sia retorica sia pratica. L’idea che le Ong siano un fattore di attrazione trova terreno fertile tra i funzionari del Viminale mentre era molto più criticata da quelli della Farnesina o, anche, della Difesa. È una questione di contesto e competenze, credo”.

Politiche da riconsiderare

Gli esempi del 2015 e del 2017 sarebbero già più che sufficienti a mettere in discussione la tesi del pull factor, divenuta sempre più dominante a partire dalla fine del 2016. Ma Villa e Cusumano aggiungono nel loro lavoro un approfondimento che la nega con ancora maggiore forza. “I dati da gennaio a ottobre 2019 sono ancora più efficaci – spiega Villa – perché contiamo le partenze giornaliere (e non mensili) e perché le ONG sono rimaste l’unico attore a condurre operazioni SAR nel Mediterraneo centrale”. 

Il risultato? Il medesimo. Non ci sono elementi per collegare le attività SAR delle Ong alle partenze che, piuttosto, sembrano influenzate dalle condizioni meteorologiche e dall’instabilità politica.

A fronte di queste evidenze e del fatto che dal 2014 ad oggi i morti nel Mediterraneo centrale sono stati oltre 15mila, i due autori sottolineano come “le politiche volte a limitare le attività delle ONG dovrebbero essere riconsiderate” perché non avrebbero ridotto significativamente le partenze irregolari, ma potrebbero invece aver contribuito ad accrescere la pericolosità di una rotta già tra le più letali al mondo. Cusumano e Villa, quindi, auspicano un ritorno, graduale, di una missione come Mare Nostrum, che è stata lanciata dal governo Letta nell’ottobre del 2013 e, in un anno, ha salvato circa 150mila migranti. 

Un’ipotesi che, però, nel contesto politico attuale sembra davvero di difficile realizzazione, soprattutto nel breve periodo. Per ammissione degli stessi ricercatori, infatti, la narrazione che considera le Ong come un pull factor rimane “dominante”. “Alcuni attori politici l’hanno sfruttata, altri l’hanno subita, ma nessuno l’ha veramente messa in discussione. E questo vale tanto in Italia quanto in Europa”, commenta Villa.

Narrazione dominante

Secondo Cusumano, non è solo l’operato delle Ong a essere considerato un fattore di attrazione, ma le operazioni di ricerca e salvataggio nel loro complesso. “Eppure la nostra ricerca suggerisce il contrario. Se non sono un pull factor le Ong, è difficile pensare che lo siano delle navi militari”. Ciò nonostante, le politiche UE, da alcuni anni a questa parte, si basano su questo presupposto. “Dal 2013 ad oggi, l’appetito per le attività Sar è andato scemando”, prosegue Cusumano. “Anche perché ai tempi di Mare Nostrum non c’era la cosiddetta Guardia costiera libica che poteva riportare i migranti indietro”. 

Oggi, per il ricercatore, “la presenza delle Ong contraddice le politiche europee di esternalizzazione delle frontiere”. E infatti continua ad essere ostacolata.

Negli ultimi mesi, la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha nuovamente rilanciato l’idea di un codice di condotta europeo per le navi private impegnate in operazioni SAR, riprendendo quanto proposto in passato dal suo predecessore Minniti. Per Villa, non si tratta di una sorpresa. “L’approccio di Lamorgese con le Ong è di forte continuità istituzionale col passato, in parte perché lavora al Viminale con gli stessi tecnici che hanno già collaborato con Minniti e Salvini, in parte perché credo sia convinta che alcune organizzazioni non governative possano creare disagi politici al governo”. 

Secondo Internazionale, durante un incontro al Viminale con le organizzazioni non governative, la ministra avrebbe “accusato le navi di soccorso delle Ong di essere un fattore di attrazione per i migranti”. Era lo scorso 25 ottobre. Lo studio di Cusumano e Villa è stato pubblicato il 18 novembre. Ma non sembra aver fatto cambiare idea a Lamorgese. Ad inizio dicembre, è arrivata al vertice dei ministri dell’Interno Ue di Bruxelles con la proposta di estendere il codice di condotta a tutti gli stati membri. 

In copertina: Una delle decine di gommoni avvistati all’alba nei giorni di Pasqua 2017. Foto di Giulia Bertoluzzi tratta da questo articolo: Gli ottomila salvati a Pasqua: diario di bordo di una missione di salvataggio

Etichettato con:Libia, ONG, partenze, pull-factor, rotta Mediterraneo centrale

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