Il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale ha presentato il Rapporto sulle visite tematiche effettuate nei Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) in Italia dal febbraio al marzo 2018, che fa seguito al rapporto sulle visite nei Centri di identificazione ed espulsione e negli hotspot in Italia (2016-2017). Quattro i CPR visitati quest’anno: Brindisi-Restinco, Palazzo San Gervasio (Pz), Bari e Torino. Pur trattandosi di strutture molto diverse tra loro, il Garante Mauro Palma ha individuato alcune criticità comuni in questi centri, come riportato anche nella Relazione al Parlamento 2018: dalle scadenti condizioni materiali e igieniche delle strutture, alla non considerazione delle differenti posizioni giuridiche ed esigenze delle persone trattenute, al mancato rispetto dei diritti dei migranti presenti nei Centri.
Prima di entrare nel dettaglio nei temi trattati dal Garante, occorre ricordare che grande preoccupazione sul ruolo dei CPR deriva anche dal DL 113/2018 (sicurezza e immigrazione), che se approvato in via definitiva porterà ad un aumento dei tempi di permanenza dei migranti all’interno di queste strutture. Gli stessi passeranno infatti dall’attuale termine di 90 giorni, ad un termine massimo di 180 giorni.
Condizioni materiali e igieniche delle strutture
Partendo dal prendere in considerazione le strutture dei CPR, il Rapporto descrive tra i fattori che destano maggiore preoccupazione l’assenza di locali e ambienti per le attività in comune, l’inefficiente distribuzione degli spazi e l’assenza di alcuni elementi fondamentali di arredo.
Nel corso delle sue visite, il Garante ha potuto constatare come la mancanza di spazi comuni costituisca una criticità strutturale in quasi tutti i Centri visitati, ad eccezione del CPR di Bari: gli spazi destinati ai migranti si limitano in linea di massima alle camere da letto (con annessi servizi e cortile), mentre in quasi nessuno dei Centri è presente una stanza per consumare i pasti, dedicarsi ad attività di svago o praticare il proprio culto. Questo fattore rende complicata anche l’organizzazione delle attività, sia di carattere sportivo che culturale, che dovrebbero svolgersi nei CPR come previsto dal Regolamento del 2014 recante “Criteri per l’organizzazione e la gestione dei Centri di identificazione ed espulsione”.
In particolare nel CPR di Brindisi-Restinco, in aggiunta alla problematica relativa agli spazi, il Garante ha riscontrato un atteggiamento di sostanziale chiusura da parte dei responsabili locali della Polizia di Stato, che tendono a negare l’autorizzazione a qualsiasi attività per motivi di sicurezza.
Analizzando invece i risultati della sua visita al CPR di Palazzo San Gervasio, Mauro Palma evidenzia che, nonostante la recente apertura, questo centro non prevede al suo interno alcun locale comune. Non è difficile immaginare le conseguenze di questa carenza strutturale: a causa dell’assenza di locali destinati al consumo dei pasti, infatti, i migranti sono costretti a mangiare in piedi all’esterno o seduti sui loro letti. Questa situazione provoca inoltre problemi dal punto di vista dell’igiene, comportando una situazione definita “inaccettabile”: dovendo i migranti mangiare nelle loro stanze da letto, e non essendo possibile avere all’interno delle stanze un cestino per l’immondizia, al termine dei pasti i piatti del vitto vengono appoggiati per terra, portando anche nei mesi invernali alla comparsa di blatte.
Il Rapporto dedica poi un paragrafo ai locali di servizio dei CPR visitati, sottolineando la carenza delle condizioni in cui versano. In alcuni casi bagni e docce, pur se tutti funzionanti, sono in numero inadeguato rispetto ai migranti trattenuti e talvolta privi delle condizioni igieniche indispensabili. In altri casi gli stranieri possono accedere ai servizi soltanto se accompagnati dalle Forze di Polizia. In altri Centri ancora, inoltre, tra le stanze da letto e i servizi sono totalmente assenti porte o altri elementi divisori che garantiscano la necessaria riservatezza a chi usufruisce dei servizi. Fattori, questi, che secondo il Garante “pregiudicano pesantemente la qualità della vita all’interno delle strutture” e “determinano il rischio di situazioni di degrado anche nell’esercizio dei più elementari diritti primari”.
Qualità della vita detentiva
Nel Rapporto il Garante si sofferma anche sulla qualità della vita di coloro che in quei CPR passano quotidianamente le loro giornate. Il risultato dell’analisi di Mauro Palma è che c’è ben poca differenza tra i CPR visitati – strutture dedicate alla detenzione amministrativa degli stranieri – e i comuni istituti carcerari. La configurazione dei CPR, osserva il Garante, risulta “del tutto assimilabile a quella di un ambiente carcerario”, con sbarre, alte cancellate metalliche e l’impossibilità per gli ospiti di muoversi tra i diversi settori abitativi.
Tra i Centri che secondo il Rapporto presentano condizioni più critiche c’è il CPR di Torino:
qui i migranti sono infatti confinati nei settori detentivi loro assegnati, separati da alte cancellate di ferro dagli altri moduli. Di conseguenza, i cittadini stranieri non sono liberi di recarsi negli edifici dove vengono erogati i vari servizi (tra cui anche il servizio di consulenza legale), né hanno la possibilità di rivolgersi agli operatori del Centro se ne hanno bisogno. Per qualsiasi esigenza o richiesta che i trattenuti abbiano la necessità di comunicare, quindi, essi sono costretti – qualunque siano le condizioni atmosferiche – a sostare nell’area esterna del proprio settore abitativo, attendere il passaggio di un operatore, ottenere la sua attenzione ed esprimere da dietro le sbarre la propria istanza.
Come già evidenziato nel suo precedente Rapporto, il Garante vede nell’assenza di attività nei CPR visitati una delle problematiche più preoccupanti relative alla qualità della vita all’interno dei Centri. Questa assenza di attività, infatti, rende la quotidianità delle persone ristrette “monotonamente uguale a se stessa, senza alcuna opportunità di occupare il tempo in maniera costruttiva o avere almeno qualche distrazione”. Ma c’è un altro elemento che secondo Mauro Palma è strettamente correlato a questo aspetto: si tratta della sostanziale impermeabilità dei CPR alla società civile organizzata – teoricamente ammessa a svolgere attività di assistenza e di promozione sociale delle persone trattenute, ma nei fatti assente.
Il Garante sottolinea poi che, sebbene la detenzione amministrativa non preveda percorsi riabilitativi per i trattenuti, nei Centri deve tuttavia essere considerato “l’impatto che il totale e tangibile disinteresse a investire nella persona ha sul suo riconoscimento come individuo con una propria vita e una imprescindibile dignità”. Così com’è attualmente, la detenzione amministrativa assume dunque i caratteri di una misura afflittiva, mentre chi è trattenuto nei CPR vive in una condizione di “mero confino rispetto a una realtà statuale” che lo rende quasi una “non persona”. Per questi motivi, nel Rapporto sono incluse delle raccomandazioni volte al superamento di questa impostazione organizzativa dei CPR, che in nome di un supposto criterio di sicurezza determina un contesto disumanizzante.
Promiscuità delle situazioni giuridiche
Un altro fattore preoccupante riscontrato dal Garante nel corso delle sue visite riguarda la promiscuità delle persone trattenute, dovuta alla mancata considerazione delle differenti posizioni soggettive sul piano giuridico e amministrativo: all’interno dello stesso Centro, infatti, vengono spesso trattenuti insieme individui detenuti per irregolarità amministrativa, soggetti provenienti dal circuito penale e persone che hanno richiesto asilo successivamente alla loro collocazione in CPR. Soffermandosi su questa condizione di eterogeneità, il Rapporto ne sottolinea le possibile conseguenze. Il documento evidenzia in particolare come essa possa comportare contatti con il mondo dell’illegalità e la diffusione di comportamenti illegali, anche in considerazione del fatto che durante il periodo di trattenimento non tutti gli ospiti vengono effettivamente rimpatriati. Per questi motivi, la raccomandazione del Garante è quella di affrontare questa situazione di eterogeneità prevedendo circuiti separati all’interno delle strutture dei CPR che tengano in debito conto le diversità delle posizioni giuridiche delle persone trattenute, nel pieno rispetto delle norme in materia.
Rispetto dei diritti degli stranieri
Al rispetto dei diritti dei migranti trattenuti nei CPR sono dedicati vari paragrafi del Rapporto, che si soffermano in particolare sul diritto all’informazione e sul diritto al reclamo.
Il documento spiega che “uno dei diritti fondamentali di ogni persona costretta a vivere in una struttura privativa della libertà, governata da un sistema di regole, è la conoscenza delle regole stesse e la possibilità di avere certezze su ciò che è permesso e ciò che è proibito nella propria quotidianità, oltre che di avere cognizione delle ragioni della eventuale proibizione”. Ciononostante il Garante ha notato che nei CPR visitati le informazioni riguardanti le regole dei Centri, i diritti e i doveri degli stranieri sono spesso carenti. In molti casi gli Enti gestori non hanno neanche formulato un regolamento del Centro e le regole si apprendono solo tramite il passaparola.
Tuttavia, sebbene questa sia la prassi, le indicazioni formulate dal Garante sono altre: è infatti necessario – come si legge nel Rapporto – che ogni luogo di privazione della libertà sia in grado di offrire adeguati strumenti di comprensione, dall’alfabetizzazione primaria, all’ausilio a capire le regole dell’istituzione in cui si è collocati, al supporto per avere accesso alle diverse possibilità che l’istituzione stessa e il sistema giuridico possono offrire.
Il Rapporto approfondisce infine il tema del diritto al reclamo delle persone trattenute nei Centri, evidenziando come sia rimasto irrisolto il problema della mancanza, per i migranti, di uno strumento di ricorso per sollevare reclami in merito alle condizioni di trattenimento. Questa lacuna era già stata riscontrata nel 2013 dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e successivamente dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nella sentenza Khlaifia e altri c. Italia, ma non sembra essere stata colmata. Per questo motivo Mauro Palma raccomanda che venga prevista una procedura di reclamo che permetta di porre al vaglio di un’Autorità indipendente le questioni riguardanti le condizioni materiali di sistemazione nei Centri, le relative regole e l’esercizio dei propri diritti, ponendo massima attenzione alla manifestazione di volontà di accedere alla protezione internazionale.
La replica del Viminale
Alla consegna del Rapporto del Garante al Ministero dell’Interno è seguita la risposta del capo del Dipartimento Immigrazione, Gerarda Pantalone. Quest’ultima ha sottolineato che l’Amministrazione è costantemente impegnata a migliorare le strutture dei CPR e a mantenere standard di vivibilità nel pieno rispetto dei diritti della persona e della sua dignità, ma che “ogni sforzo compiuto, con significativi oneri, viene spesso vanificato dai continui e violenti comportamenti degli ospiti in danno dei locali e degli arredi, con dirette negative conseguenze sulle loro stesse condizioni di vita”.
In risposta ai rilievi del Garante relativi alla mancanza di attività all’interno dei Centri, Gerarda Pantalone ha inoltre ricordato che i CPR sono luoghi di trattenimento temporaneo “ontologicamente diversi dalle strutture di detenzione penitenziaria” e caratterizzati da frequenti turnover, di coseguenza “incoerenti con la programmazione e lo sviluppo di altività individuali a carattere duraturo”. Circa la riscontrata carenza di spazi comuni nei Centri, ha poi aggiunto che ciò è dovuto, “oltre al generalizzato disinteresse degli ospiti ad essere coinvolti in qualsivoglia attivitò organizzata nel tempo libero”, all’insufficienza del numero di strutture dedicate al trattenimento rispetto alla crescente esigenza di rimpatrio degli stranieri irregolari e alla conseguente necessità di utilizzare ogni spazio idoneo all’interno dei Centri per aumentarne la capienza.
Qui il rapporto sulle visite tematiche effettuate nei Centri di permanenza per il rimpatrio. Qui la relazione annuale del Garante al Parlamento. Foto di copertina: CPR di Palazzo San Gervasio (foto: LasciateCIEntrare)