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Ucraina: dall’Europa 17 miliardi per l’accoglienza (ma restano le incertezze su quote e ricollocamenti)

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29 marzo 2022 - Paolo Riva
I fondi andranno a sostenere l’accoglienza di oltre 3,8 milioni di rifugiati arrivati in Unione Europea tra il 24 febbraio e il 28 marzo. E mentre il numero di arrivi è andato stabilizzandosi intorno alle 40 mila persone al giorno, restano le incertezze su quote e ricollocamenti.

Dei dieci punti Ue per l’accoglienza dei rifugiati dall’Ucraina, il più importante è probabilmente quello che arriva per ultimo. E riguarda i fondi. Nel piano proposto dalla Commissione Ue e approvato all’unanimità dai Ministri dell’interno dei 27 paesi Ue, si legge che “gli sforzi degli Stati membri per affrontare la portata immediata e a lungo termine di questa sfida dovranno essere sostenuti finanziariamente a livello dell’Unione”. In concreto, ha spiegato un funzionario Ue, agli stati membri, soprattutto quelli confinanti con l’Ucraina, andranno “17 miliardi di euro circa”. 

Non si tratta di una cifra definitiva, ma di un primo stanziamento, sostenuto dai “finanziamenti ancora disponibili dai programmi 2014-2020 nell’ambito della politica di coesione e degli affari interni” e da quelli nell’ambito di REACT-EU, in particolare la sua quota 2022 fino a 10 miliardi di euro”. “Se ce ne sarà bisogno, faremo di più”, ha commentato Gerard Darmanin, Ministro dell’Interno della Francia, presidente di turno del Consiglio dell’UE. 

3,8 milioni di profughi

I fondi andranno a sostenere l’accoglienza di oltre 3,8 milioni di rifugiati arrivati in Unione Europea tra il 24 febbraio e il 28 marzo. “La metà sono minori”, ha spiegato la commissaria agli affari interni Ylva Johansson. “Il numero di arrivi sta scendendo, dal picco di 200mila al giorno ai circa 40mila attuali, ma dobbiamo continuare a preparare dei piani. Non sappiamo cosa succederà. Dobbiamo essere pronti per diversi altri milioni di persone che potrebbero arrivare”, ha aggiunto.  

Il documento approvato dai Ministri dell’Interno prevede anche: 

  • una piattaforma informatica comune per le registrazioni dei profughi, implementata dall’agenzia EU LISA;
  • degli hub per informazioni e trasporti, sostenuti dall’Agenzia europea per l’asilo;
  • una mappatura delle capacità di accoglienza degli stati membri;
  • un indice per stabilire quali saranno i paesi più sotto sforzo nell’accoglienza dei rifugiati, non solo provenienti dall’Ucraina;
  • procedure standard per i minori;
  • misure contro il traffico di essere umani, in particolare donne e bambini, da implementare insieme ad EUROPOL e grazie alla piattaforma EMPACT.

Paesi di frontiera sotto pressione

Sia la commissaria sia Darmanin hanno più volte sottolineato la volontà di molti profughi ucraini di restare il più vicino possibile al loro paese, nella speranza di potervi tornare presto, non appena il conflitto sarà finito. Un dato sembra confermarlo: la protezione temporanea, garantita dall’attuazione della direttiva Ue 55/2001, è stata chiesta da 830mila persone delle quasi quattro milioni arrivate. 

È una scelta comprensibile, che però, nonostante i cittadini ucraini possano muoversi liberamente all’interno dell’Ue e quindi scegliere il paese di destinazione, mette sotto pressione gli stati di frontiera. Come la Polonia che ospita circa 1,5 milioni di persone. O come la piccola Moldavia, che non fa parte dell’Ue e ha accolto un numero di profughi insostenibile per uno dei paesi più poveri d’Europa. Uno dei dieci punti approvati, infatti, riguarda proprio il sostegno alla Moldavia, che comprende anche il ricollocamento – molto limitato, per la verità – di 14,500 profughi negli stati Ue. 

“Unità e solidarietà”

I dieci punti per l’accoglienza sono arrivati dopo che, la settimana precedente, la Commissione Ue aveva presentato una serie di proposte per l’inclusione dei rifugiati in materia di salute, istruzione, lavoro e casa. Ma, soprattutto, dopo che i Capi di stato e di governo Ue si sono riuniti a Bruxelles per il summit del 24 e 25 marzo. “Il Consiglio europeo – riportano le conclusioni del vertice – riconosce tutti gli sforzi già compiuti per accogliere i rifugiati in fuga dalla guerra in Ucraina e invita tutti gli Stati membri a intensificare i loro sforzi in un costante spirito di unità e solidarietà e invita la Commissione a prendere tutte le iniziative necessarie per facilitare tali sforzi”. 

“Unità e solidarietà” sono parole che ha usato anche Johansson, parlando di “un approccio positivo, costruttivo e pragmatico” da parte dei Ministri degli Interni e, di fatto, marcando la differenza rispetto alle divisioni passate in materia di immigrazione. Le differenze rispetto alla gestione del fenomeno negli anni passati sono evidenti. Rimangono però alcune criticità che, a seconda dell’evolversi del conflitto e della situazione, potrebbero crescere. 

E le quote? E i ricollocamenti?

Non è chiaro, per esempio, come i Ministri degli Interni Ue abbiano valutato la proposta di Polonia e Germania di assegnare mille euro allo stato ospitante per ogni rifugiato per sei mesi. Di certo, nel documento finale, non è menzionata. L’idea si lega a quella delle quote, per redistribuire i rifugiati in maniera proporzionata tra tutti gli stati membri. Per ora, sembra non essere stata presa in considerazione, o almeno così hanno dichiarato diversi funzionari Ue.

Paradossalmente, la Polonia, che ne beneficerebbe, sembra opporre la misura perché costituirebbe un precedente pericoloso. Varsavia, infatti, negli anni passati ha sempre rifiutato questo tipo di proposte per i rifugiati che arrivavano negli stati Mediterranei come l’Italia e quindi ora preferirebbe ricevere cospicui finanziamenti per l’accoglienza oppure vedere partire spontaneamente almeno una parte delle persone arrivare dall’Ucraina. L’Ungheria e la Repubblica ceca sembrano su posizioni simili. 

A tal proposito, Johansson ha spiegato che circa un milione di rifugiati si è già spostato in paesi non di frontiera e ha detto che “è importante incentivare gli ucraini a lasciare la Polonia per andare in altri stati membri”. Il punto è se e come questo avverrà. Secondo Lucas Rasche del Jacques Delors Centre, “gli stati UE dovrebbero integrare la libera circolazione degli ucraini con uno schema di trasferimenti volontari”. “Questo – ha scritto l’analista – non è solo necessario per prevenire un ulteriore sovraccarico nei paesi di primo arrivo. È anche essenziale per garantire che i rifugiati possano rivendicare pienamente i diritti concessi loro dalla direttiva sulla protezione temporanea”.

 

In copertina: Extraordinary Justice and Home Affairs Council Roundtable with the Ukrainian Minister of Interior via vtc

Etichettato con:Consiglio, Polonia, profughi ucraini, Ucraina, Unione Europea

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