Testimonianza raccolta a Idomeni (Grecia) tra il 26 e 30 Marzo 2016, in collaborazione con operatori legali del corso “Scuola di alta formazione per operatori legali specializzati in protezione internazionale” organizzato dall’ASGI e della carovana #overthefrotress.
Il contesto: l’“accordo” tra Ue e Turchia
Le persone migranti sono diventate oggetto di contrattazione con la Turchia. Il 18 marzo, i capi di stato e di governo dell’Unione hanno deciso di trovare un’intesa definitiva con la Turchia per porre fine all’immigrazione “irregolare”. L’intesa decisa, basandosi sull’accordo bilaterale di riammissione già operativo tra Grecia e Turchia, prevede che dal 20 marzo in avanti, tutte le persone che non hanno diritto alla protezione internazionale o che non avanzano richiesta di asilo, i c.d. migranti economici, saranno immediatamente rispedite in Turchia. Nulla di nuovo all’orizzonte, l’Europa anticipa l’entrata in vigore dell’accordo di riammissione tra Turchia e Ue del 2014 al primo giugno prossimo.
Per quanto concerne i richiedenti asilo, viene specificato che le domande in Grecia riceveranno una valutazione caso per caso, al fine di allontanare l’ipotesi di respingimento collettivo. Tuttavia, la domanda di asilo verrà processata in modo accelerato, in modo da garantire, attraverso la dichiarazione di inammissibilità della stessa, un veloce respingimento in Turchia. E voilà la soluzione. Inoltre, per ogni cittadino siriano respinto verso la Turchia, un altro sarà reinsediato nel territorio dell’Ue. La Turchia ottiene in cambio la promessa di accelerare la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi entro fine giugno 2016.
Nel frattempo, le persone arrivate sulle isole greche prima dell’accordo vengono trasferite sulla terraferma. Che succede una volta sulla penisola: riescono a chiedere asilo? Vengono respinte o ricollocate? Dove sono accolte e in che condizioni? Chi gestisce la macchina? Il confine è completamente chiuso e nessuno può percorrere la rotta dei Balcani. La situazione è sospesa.
Il campo di Idomeni e i campi limitrofi
Sul confine tra Grecia e Fyrom (la Macedonia, per intenderci), un intero villaggio di accampamenti di fortuna e piccole tende. Un treno merci occupato come ricovero per dormire. Bagni improvvisati con teloni perché i servizi non bastano per tutti. Un mondo parallelo che i governi controllano ma non accolgono, in questo sostituiti da attivisti e volontari, che si occupano della distribuzione di pasti e vestiti. Le proteste pacifiche sono quotidiane.
Circa 10mila persone in condizioni disastrose, in un’attesa infinita perché nessuno può più passare. Nei mesi il campo è cambiato, non ti avvicini al confine, la strada è presidiata da poliziotti. Le presenze si sono quintuplicate. Hanno recintato i binari. Oggi, molte famiglie, molti bambini, soprattutto siriani, iracheni, curdi.
Non viene garantita la richiesta di asilo nel campo. Per quanto concerne l’orientamento legale esiste una tenda informativa autogestita. Le informazioni legali non possono evidentemente raggiungere la maggioranza sia per questioni logistiche sia per la difficoltà di dare info certe in una situazione tanto mutevole.
Nei pressi del campo di Idomeni, diversi sono gli altri accampamenti non ufficiali, alcuni autogestiti. La presenza è sempre e soprattutto quella dei volontari.
La richiesta di asilo, la reunification e il ricollocamento
L’unico modo per manifestare la richiesta di asilo e ottenere un appuntamento presso uno degli asylum office regionali è via skype. Un’ora al giorno in base alla lingua, quindi il tutto si riduce a un’ora alla settimana. Sembra più che improbabile che qualcuna delle persone attualmente a Idomeni o in uno dei campi militari possa materialmente accedervi, rimanendo di fatto fuori da qualsiasi forma di protezione in Grecia o altrove.
La procedura è più o meno la stessa che tu voglia richiedere asilo, chiedere la riunificazione familiare o aderire al programma di ricollocamento. In ogni caso da skype non si sfugge.
Solo dopo aver fatto domanda di asilo in Grecia si può aderire al programma di ricollocazione. Solo dopo una serie di interviste si può essere rilocati in un altro Stato membro e non può essere una scelta individuale. Considerando che la disponibilità da parte degli Stati membri è su base volontaria, non è detto, infatti, che la relocation dia esito positivo.
Per ora rientrano nelle quote di ricollocamento, persone provenienti da Siria, Eritrea, Iraq, Repubblica centro africana, Yemen, Bahrain o apolidi. Gli afghani e le altre nazionalità, hanno come unica possibilità di chiedere asilo in Grecia e sperare, probabilmente invano, di poter restare nel paese.
I campi governativi
Negli ultimi giorni di marzo molte persone sono state trasferite dal campo di Idomeni. Dove sono state portate?
Vengono definiti Relocation centers e, gestiti dall’esercito e presidiati dalla polizia, sono distribuiti su tutto il territorio nell’entroterra della Grecia (Neakavala, Katerini, Nea Chrali, Giannitsa etc), spesso in luoghi isolati. Si tratta di centri governativi, ove sono condotte progressivamente le persone migranti già presenti, anche direttamente dalle isole greche.
Si tratta di campi dove le condizioni sono comunque precarie e non sempre molto migliori rispetto a quelle del campo di Idomeni. Tende e containers. Non sempre i campi dispongono di energia elettrica o acqua corrente. I servizi igienici, ci sono ma non appaiono sufficienti. In molti campi non vi è alcuna assistenza sanitaria o legale e non vi è la mediazione linguistica.
Le libertà sono notevolmente ridotte. Solitamente, come nel caso di Diavata, ex campo militare “Anagnostopoulou” da circa un mese re location center a nord ovest di Salonicco, tutti vengono registrati. Solo una volta registrati si può entrare ed uscire dal campo con l’obbligo di rientrare la sera, mentre il centro è chiuso per media e volontari se non di organizzazioni accreditate, al riparo da occhi indiscreti. Soprattutto in questi campi non si ha possibilità di accedere alla connessione wi-fi, con ovvie e drammatiche conseguenze sulla possibilità di chiedere asilo.
E oggi?
Mentre a Idomeni si lotta e la repressione continua, è ancora poco chiaro quello che succederà alle persone che stanno arrivando ora sulle isole greche. Ciò che è chiaro è che sono iniziati i respingimenti verso la Turchia. È chiaro che il servizio di asilo in Grecia è al collasso. È chiaro che la strategia si ripete uguale a se stessa, portare le persone allo sfinimento, isolarle per poi sgomberarle definitivamente.
Non è dato sapere con certezza la gravità di quanto succederà domani, o forse si preferisce tralasciare questo “dettaglio”. Siamo tutti consapevoli però che le recinzioni, erette sulle paure legate alla propria sicurezza nazionale ovvero alla poca competenza in materia di gestione dei flussi migratori, hanno come unico effetto quello di modificare la rotta di transito rendendola più pericolosa. Per molti continuare il viaggio resta comunque l’unica opzione.
Tuttavia, il rischio che, su modello greco, tutto ciò abbia un effetto domino è più che concreto. Anche l’Italia domanda all’Europa l’implementazione di un piano straordinario di rimpatri e la conclusione di accordi con i Paesi terzi africani. D’altronde Turchia docet.
Per approfondimenti:
Idomeni, un’analisi giuridica sui diritti negati ai migranti