Sono strutture di detenzione amministrativa ove vengono reclusi i cittadini non comunitari sprovvisti sprovvisti di un regolare documento di soggiorno oppure già destinatari di un provvedimento di espulsione. Nei CPR, vengono sottoposti ad un regime di privazione della libertà personale individui che hanno violato una disposizione amministrativa, come quella del necessario possesso del permesso di soggiorno.
Furono istituiti nel 1998 dalla Legge Turco-Napolitano con il nome di C.P.T. (Centri di Permanenza Temporanea), poi denominati C.I.E. (Centri di Identificazione ed Espulsione) dalla Legge Bossi-Fini del 2002, ed infine rinominati C.P.R. (Centri di Permanenza per i Rimpatri) dalla Legge Minniti-Orlando del 2017.
Originariamente, la durata massima della detenzione amministrativa era fissato in 30 giorni (art. 12 Legge Turco-Napolitano); la Legge Bossi-Fini ha stabilito che, laddove si riscontrino serie difficoltà nelle procedure di accertamento dell’identità di uno straniero, il periodo di detenzione possa essere prorogato dal giudice per ulteriori 30 giorni; nel 2013 tale periodo è stato fissato fino ad un massimo di 90 giorni; il recente “Decreto Sicurezza”, con l’art. 2, ha aumentato da 90 a 180 giorni il periodo massimo di trattenimento all’interno dei C.P.R.
In Italia, attualmente, risultano operativi 6 Centri di Permanenza per il Rimpatrio: entro la fine del 2019 è attesa l’ultimazione delle procedure per l’attivazione dei centri di Gradisca d’Isonzo, Modena, Macomer, Oppido Mamertina e Montichiari.