Il 2015 è stato l’anno europeo per lo sviluppo, anno dedicato dall’Unione Europea all’azione esterna e al ruolo dell’Europa nel mondo. L’immigrazione ha un ruolo importante nei processi di sviluppo, d’altra parte questo discorso si colloca nell’ambito degli obiettivi di sviluppo sostenibile e nel contesto della riforma della cooperazione allo sviluppo effettuata in Italia nel 2014, che ha visto rafforzare il ruolo del settore privato e delle associazioni di immigrati nello sviluppo dei Paesi di origine. Tuttavia queste tematiche, che dovevano essere tematiche portanti del 2015, sono state in qualche modo spiazzate dall’emergenza profughi: il fatto più rilevante è ovviamente lo sviluppo dell’agenda Juncker sull’immigrazione che riguarda la lotta al traffico di migranti, il ricollocamento tra paese e paese e il sostegno ai Paesi di frontiera.
Perché i migranti fanno bene a uno Stato
Nell’Unione Europea ci sono 34 milioni di persone straniere, cioè il 6,7% della popolazione complessiva. I paesi con più stranieri sono la Germania, il Regno Unito e l’Italia, mentre in alcuni paesi più piccoli come la Svizzera queste percentuali sono ancora più elevate anche se prevalentemente poi dovute a persone provenienti da paesi europei limitrofi.
Ovviamente il concetto di straniero riguarda non solo persone provenienti da altri continenti o da Paesi esterni all’Unione europea ma anche flussi interni all’Unione europea stessa: i romeni che stanno in Italia sono cittadini europei ma in qualche modo li consideriamo stranieri rispetto alla cittadinanza italiana. Quando andiamo ad analizzare l’incidenza della popolazione straniera vediamo che il saldo migratorio – la differenza tra arrivi e partenze di stranieri – è positivo nei Paesi del nord Europa dove si mantengono dei tassi di occupazione piuttosto elevati (in Germania c’è un tasso di occupazione degli immigrati prossimo al 63%, nel Regno Unito siamo prossimi al 70%).
Vedete come l’Italia invece abbia dei tassi molto più bassi ma ancora superiori a quelli che troviamo in Spagna in Grecia. L’Italia tutto sommato mantiene un saldo migratorio positivo, determinato però soprattutto dai ricongiungimenti familiari. Il nostro Paese attira ancora abbastanza immigrati, ma questi sono soprattutto familiari di persone che già lavorano in Italia: quindi persone che vengono e trovano impiego in Italia in questo momento non ce ne sono molte, se non per un naturale riciclo delle posizioni lavorative. Questo ovviamente è anche un segnale positivo nel senso che chi è arrivato in Italia e ha trovato lavoro decide di radicarsi e stabilizzare la sua presenza.
Osservando le dinamiche demografiche, in Italia nel 2005 l’incidenza degli stranieri sulla popolazione era del 3,8%. Oggi è all’8,2% e abbiamo superato la media europea, che abbiamo visto in precedenza essere del 6,7%. Abbiamo circa 5 milioni di persone residenti in Italia di origine straniera. Ovviamente non stiamo semplicemente parlando di fenomeni migratori da Paesi più poveri o in guerra, ma stiamo parlando di fenomeni migratori su tutte le direttrici.
Le previsioni dell’Istat ci dicono che questa incidenza andrà aumentando. In dieci anni dovrebbe raggiungere almeno il 13%. La cosa che possiamo dire con certezza è che l’età media degli stranieri è più bassa: l’incidenza della popolazione che ha almeno 75 anni è di 1 a 10 tra gli italiani e 1 a 100 tra gli stranieri. Si tratta dunque di persone che incidono meno sulle spese previdenziali e su tutti i comparti del Welfare. Questo ci permette di dire che effettivamente in questo momento abbiamo una certa rilevante partecipazione degli stranieri alla forza di lavoro e quindi sono dei contributori netti dell’Inps.
Nel complesso possiamo dire che in questo momento di crisi l’immigrato ha contribuito a tenere in piedi tante aziende che altrimenti avrebbero chiuso. Questo è un dato di fatto, ci troveremmo con qualche centinaia di migliaia di imprese in meno, grazie a una maggiore capacità di sopportazione del sacrificio, della quale ovviamente non bisogna abusare.
Facendo delle stime più precise in funzione dei diversi settori, il contributo degli stranieri in questo momento alla produzione di ricchezza in Italia si aggira sui 125 miliardi, cioè questa la quota di prodotto interno lordo attribuibile al lavoro autonomo o dipendente degli immigrati, quindi siamo a un 8,6% del valore aggiunto complessivo che più o meno è anche la quota degli immigrati sul totale della popolazione.
L’incidenza maggiore è nel settore della ristorazione e nell’edilizia dove siamo al 17-18%. Poi non dobbiamo dimenticare quel settore dei servizi come il servizio di assistenza familiare – le cosiddette badanti – che contribuisce in modo essenziale e probabilmente anche inestimabile a certi servizi che altrimenti sarebbero infinitamente più costosi o produrrebbero disagi maggiori.
I contribuenti stranieri
Su 5 milioni di residenti stranieri, 3 milioni e 460 mila sono contribuenti: contribuiscono al fisco e alle assicurazioni sociali e hanno dichiarato nel 2014 redditi imponibili per 45 miliardi e mezzo di euro e versato Irpef netta per 6,8 miliardi di euro. Come proporzione è un po’ bassa rispetto a quella degli italiani anche a causa della progressività dell’Irpef (i lavoratori con stipendi più bassi si trovano ad avere aliquote medie più basse): il reddito medio infatti dei nati all’estero è molto più basso di quello degli italiani, 13 mila euro contro 20 mila quindi c’è un differenziale di circa 7 mila euro all’anno. Anche qui si può però trarre una conclusione: se vogliamo che paghino le nostre pensioni, bisogna pagarli in maniera decorosa perché altrimenti i contributi sociali necessari non si formano.
C’è poi più di mezzo milione di imprese condotte da stranieri, nel 2014 erano 524 mila e hanno prodotto il 6,5% dell’intero valore aggiunto – quasi 95 miliardi di euro. Quindi abbiamo numerosi imprenditori, persone che hanno cariche imprenditoriali o sono in qualche consiglio di società di capitali: sono 632 mila. Quindi ormai il fenomeno dell’imprenditorialità di persone straniere è di grande rilevanza: tra l’altro con un trend di imprenditori italiani in calo di quasi il 7% negli ultimi 5 anni e un aumento del 21,3% degli imprenditori stranieri.
Osservando la spesa pubblica italiana essa è assorbita in modo importante dalla popolazione italiana: la popolazione immigrata è prevalentemente giovane quindi le entrate dello Stato italiano dovute a persone nate all’estero sono circa 16,5 miliardi e le uscite sono 12,6 miliardi. Quindi il fatto è che c’è un saldo di cassa di poco meno di quattro miliardi attivo e quindi le nostre finanze pubbliche in questo momento hanno un beneficio da questa situazione.
È anche chiaro che guardando con gli occhi del cittadino, se nella mia città non ci fosse un certo numero di stranieri avremmo dovuto licenziare un po’ di medici, avremmo dovuto chiudere qualche reparto in più dell’ospedale, avremmo dovuto chiudere delle intere scuole, avremmo dovuto non assumere altri insegnanti.