Due diverse notizie pubblicate il 28 luglio ci invitano a riflettere sul modo in cui i media condizionano la comprensione da parte del pubblico della cosiddetta “crisi dei migranti”, e più specificamente sul modo in cui le operazioni mediatiche contribuiscono a plasmare il Mediterraneo come sfondo fisico ed emotivo in cui le paure e le insicurezze possono essere usate a scopi tanto progressivi quanto regressivi.
Come ho sostenuto in un precedente articolo, la risposta militare e umanitaria alla “crisi” politica dei migranti si può intendere come uno spettacolo, o caleidoscopio multirifrangente, che ci invita a guardare al Mediterraneo come a un “campo di battaglia umanitario”. Tuttavia le due iniziative lanciate a fine luglio mirano a informare il pubblico sull’esistenza di altri modi di guardare a questo campo di battaglia liquido.
Il 28 luglio il sindaco di Barcellona Ada Colau ha inaugurato un grande schermo digitale che mostra il numero dei migranti e dei rifugiati morti nel mar Mediterraneo dall’inizio del 2016. L’enorme parallelepipedo metallico è situato vicino a una delle spiagge più note della città, ed è dotato di un contatore digitale che è partito da 3034, il numero delle vittime di quest’anno. Come afferma però la didascalia annessa al “mausoleo digitale”, «questo non è soltanto un numero: si tratta di persone».
Nello stesso giorno il ministro italiano dell’Interno Angelino Alfano ha lanciato una campagna mediatica volta a dissuadere i migranti e i rifugiati africani dal compiere la pericolosa traversata del Mediterraneo verso l’Europa, Aware Migrants. Citando le stime sul numero di persone rimaste uccise quest’anno nel tentativo di raggiungere le coste dell’Italia meridionale, la campagna Aware Migrants si avvale di notizie, articoli e impressionanti testimonianze video dei rifugiati che sono riusciti ad arrivare in Italia, ma solo dopo aver patito maltrattamenti fisici e abusi sessuali da parte dei trafficanti di esseri umani. Sviluppata in collaborazione con l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e costata un milione e mezzo di euro, la campagna è stata lanciata in tre lingue – inglese, francese e arabo – su diverse piattaforme: un sito web proprio, Facebook, YouTube, Twitter e Instagram.
Come modi diversi di inquadrare le tragedie attuali e di sensibilizzare su quanto sta accadendo nel Mediterraneo, entrambe le iniziative non solo riferiscono circa il mondo “là fuori” ma lo investono di significato, offrendo la possibilità di usare determinate forme di intervento e produrre una specifica tipologia di soggetti.
Effettuando in tempo reale la tragica conta delle morti, il monumento digitale di Barcellona ci invita a «guardare in faccia il Mediterraneo e a considerare questo numero», come ha dichiarato Colau: «3034 persone annegate perché impossibilitate a compiere una traversata sicura». Questa iniziativa radicale mira a rendere “noi”, cittadini europei, consapevoli del fatto che il nostro umano timore di questi stranieri, che spesso sfocia in aperta ostilità e spudorata xenofobia e si esprime in pregiudizi razzisti e violenze fisiche, sta trasformando lo stesso mare azzurro delle nostre vacanze rilassanti in un raccapricciante cimitero. In questo senso l’iniziativa fa leva sulle pressioni che queste morti stanno esercitando sul concetto e sulla prassi della responsabilità collettiva in Europa, puntando il dito contro la nostra indifferenza. Ci ricorda che, a onta delle tradizioni illuministiche e del cosmopolitismo kantiano, l’UE sta trattando i richiedenti asilo con aperta ostilità. Ci costringe a riflettere sul fatto che l’etica della responsabilità è oggi in bilico fra l’imperativo morale delle democrazie europee di salvare le vite dei bisognosi e un’economia dell’indifferenza che, attraverso il rifiuto e l’assenza di provvedimenti in mare, permette che alcune popolazioni subiscano gravi perdite di vite umane senza che vi siano sanzioni né ripercussioni.
Presupponendo invece che quella di emigrare sia una decisione spesso basata su aspettative fallaci («molti migranti lasciano il loro paese senza un progetto concreto o un’idea precisa della situazione politico e socioeconomica del paese di arrivo», dichiara Aware Migrants), la campagna di Alfano mira a rendere “loro” – cioè gli aspiranti emigranti africani – consapevoli del fatto che, se davvero intendono lasciare la patria in cerca di una vita migliore per sé e i propri familiari, nel corso di un viaggio irto di pericoli si esporranno al rischio di violenze e sfruttamento. Citando statistiche sulle morti dei migranti in varie regioni e per varie cause nel tentativo di ridurre l’afflusso di richiedenti asilo, la campagna avverte gli aspiranti immigrati che il loro sogno potrebbe “tramutarsi in un incubo”: quello delle donne stuprate sotto gli occhi dei mariti in Libia, o di chi ha visto i propri cari morire di sete nel deserto o annegare in mare. Inoltre i servizi, gli articoli e i video della campagna avvertono i potenziali nuovi arrivi dai quindici paesi africani (fra cui i tre principali luoghi d’origine dei richiedenti asilo in Italia: Nigeria, Eritrea e Sudan) che, se anche fossero abbastanza forti e fortunati da raggiungere le nostre coste, dovrebbero in ogni caso dimostrarci di avere un reale bisogno di protezione internazionale. A questo scopo, oltre a riferire le storie dei superstiti che hanno corso pericoli tremendi pur di arrivare in Europa, la campagna informa gli africani che l’anno scorso il 60 per cento dei rifugiati si è visto rifiutare la richiesta di asilo in quanto non ritenuto dalle autorità un “vero rifugiato” in fuga dalla guerra.
Certamente è vero che, proprio come il sindaco di Barcellona, il ministro italiano dell’Interno riconosce che «la crisi dei migranti in Europa ha una portata epocale», affermando che «naturalmente, siamo fieri di accogliere chiunque fugga dalle guerre». Ciononostante, ha dichiarato, «non possiamo accogliere tutti».
Vale la pena notare che le due iniziative adottano un espediente “necropolitico” per affrontare aspetti diversi della stessa “crisi dei migranti”. Se da una parte il sindaco spagnolo cerca di affrontare la crisi umanitaria che sta condizionando le politiche europee sulle migrazioni esortando tutti a scuotersi dall’indifferenza, il ministro italiano dell’Interno sembra legittimare il nostro fallimento etico sottolineando il fatto che “loro” sono indesiderati e immeritevoli.
Se la prima iniziativa mira a convincere i cittadini (e i legislatori) europei a farsi più accoglienti, la seconda cerca di tenere alla larga i rifugiati ricordando loro che non sono stati invitati, e che non siamo disposti ad accogliere troppi nuovi arrivi.
Rivolgendosi a persone diverse, ma con l’identico scopo di sensibilizzarle riguardo alle sfide della responsabilità, le due iniziative sembrano dare indicazioni opposte circa l’accoglienza dei migranti.
Non siate indifferenti ai poveri e agli indifesi: essi sono in pericolo. Possiamo evitare queste morti; aiutare chi è vittima delle nostre politiche ostili è responsabilità nostra – sembra proclamare Colau all’uditorio europeo.
Aprite gli occhi e non pensate neppure a mettervi in viaggio; è rischioso, e voi siete (percepiti come) un pericolo. Le perdite e le sofferenze che patirete sono responsabilità vostra – ecco il monito implicito lanciato da Alfano e rivolto all’uditorio africano.
Quali sono le prove dell’impatto e dell’efficacia di queste campagne volte a scuotere “noi” dall’indifferenza o a dissuadere “loro” dal mettersi in viaggio?
Lo scopriremo nel prossimo articolo.
(Traduzione di Francesco Graziosi)
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