Dopo 19 giorni si conclude l’odissea per i 49 migranti bloccati in mare
I migranti salvati dalle navi Sea Watch 3 e Sea Eye, dopo un’odissea durata 19 giorni, hanno potuto finalmente toccare terra a Malta.
A risolvere il braccio di ferro che si è protratto per più di due settimane ha contribuito, sul lato italiano, la Chiesa Valdese dichiarandosi disponibile ad accogliere nelle sue strutture i migranti salvati dalla nave tedesca e assegnati all’Italia (nell’ambito della distribuzione operata dalle autorità europee).
I profughi di cui la Chiesa Valdese si occuperà “senza oneri per lo Stato” sono poco più di 10: Loretta Malan, responsabile area migranti diaconia valdese, ha spiegato a TPI come è nato l’accordo che ha permesso di superare l’impasse, invitando altre Chiese a contribuire all’accoglienza dei migranti, per poi concludere:“Noi facciamo questo lavoro ed essendo un ente ecclesiastico le persone sono al centro del nostro lavoro. Ogni qual volta possiamo dare una mano su situazioni di questo tipo, lo continueremo a fare”
2. La nave Open Arms bloccata a Barcellona
La nave di soccorso Open Arms è bloccata nel porto di Barcellona e al momento non potrà ripartire per una nuova missione nel Mediterraneo centrale.
Come riportato da Repubblica, la Open Arms aveva sbarcato il 28 dicembre ad Algeciras 311 migranti soccorsi al largo della Libia dopo che Italia e Malta avevano negato l’autorizzazione all’attracco. Dopo le operazioni di rifornimento e cambio d’equipaggio la nave sarebbe dovuta ripartire l’8 gennaio, ma le autorità portuali di Barcellona glielo hanno proibito: la Ong violerebbe le norme internazionali in materia di salvataggio in mare.
Secondo l’Associated Press, tra i motivi del diniego ci sarebbe il mancato rispetto dell’obbligo di lasciare i soccorsi nel porto più vicino: nel caso dell’ultima missione la Libia.
Più tecnici i motivi indicati da El Pais: la nave non sarebbe autorizzata a fornire assistenza in “operazioni di soccorso che sono accompagnate da un trasporto via mare con un numero elevato di persone, per un lungo periodo di tempo, anche superiore alla settimana”. Situazioni che comprometterebbero “la sicurezza intrinseca della nave, dell’equipaggio e delle persone assistite”.
Un pretesto per l’Ong spagnola, secondo cui nessuna nave battente bandiera spagnola risponderebbe a questi requisiti.
El Capitán Marítimo de Barcelona nos ha denegado el permiso para zarpar a la zona SAR.
Impedirnos salvar vidas es
irresponsable y cruel.
Políticos cobardes ponen en marcha el contador de muertos pic.twitter.com/BvIJdGoq6r— Oscar Camps (@campsoscar) January 14, 2019
Morti in mare e sbarchi: due fact checking smentiscono i numeri di Salvini
Ospite della trasmissione televisiva Porta a Porta, il ministro Salvini ha utilizzato tre semplici cartelli per pubblicizzare i risultati delle sue politiche migratorie: uno sul numero degli sbarchi, uno sull’accoglienza e uno sul numero dei morti.
Ai dati forniti dal ministro rispondono due fact-cheking, il primo di Pagella politica si sofferma sul numero di sbarchi. Due anni fa sarebbero giunti sulle coste italiane 119.369 migranti, mentre da gennaio a dicembre 2018 questo numero sarebbe sceso a 23.370 (qui i dati forniti dal ministero). Numeri corretti, ma da attribuire già alle scelte dell’allora ministro degli Interni Minniti e in particolare ai criticabili accordi con la Libia.
Diverso il discorso sulle morti in mare. Per il ministro nel 2017 sarebbero decedute 210 persone, 23 nel 2018. Numeri in contrasto con quelli forniti dall’Unhcr per cui il numero è molto più alto: 2.837 migranti sono morti lo scorso anno nel Mediterraneo, mentre nel 2018 sono stati 1.311.
Da quando Salvini è ministro, inoltre, sono morti circa 9 migranti ogni 100 arrivati. Un anno fa, erano poco meno di 2 ogni 100.
Ma il dramma delle morti dei migranti non riguarda il solo Mediterraneo, secondo lo Iom dal 2014 al 2018, nel mondo sono morti oltre 30mila migranti durante il loro viaggio.
4. Per chi sono chiusi i porti italiani?
La vicenda dei migranti bloccati a bordo delle navi Sea Watch e Sea Eye si è da poco conclusa. I porti italiani sono rimasti chiusi e se si è giunti ad una conclusione è stato solo dopo essere riusciti a coinvolgere altri stati europei nell’accoglienza, ma è davvero così?
Secondo Vittorio Alessandro, contrammiraglio in congedo della Guardia costiera italiana “Non c’è un decreto che dica che i porti sono chiusi, ci sono solo lanci su Twitter che vogliono dare un indirizzo a comandanti, magistrati e sindaci. Il tutto solo sui social network”.
Come riportato da Annalisa Camilli per Internazionale, anche Carla Roncallo – presidente dell’Autorità portuale del Mar ligure orientale – aveva sollevato le stesse perplessità: “Non risultano provvedimenti che dispongano la chiusura. Qualsiasi nave può quindi chiedere l’autorizzazione all’attracco”.
Dal 22 dicembre al 7 gennaio – in pieno caso Sea Watch dunque – in Italia sono sbarcati 165 migranti. Emblematico quanto accaduto a Torre Melissa, dove abitanti e turisti hanno salvato la vita a 51 migranti che avevano fatto naufragio.
5. Un nuovo dossier aggiorna il campionario dell’orrore libico
Dovrebbe essere acquisito dagli investigatori della Corte penale internazionale dell’Aja. Si tratta dell’utimo rapporto dell’Onu che raccoglie le violenze contro i migranti in Libia: “Privazione della libertà e detenzione arbitrarie in centri ufficiali e non ufficiali; tortura, compresa la violenza sessuale; rapimento per riscatto; estorsione; lavoro forzato; uccisioni illegali”. I colpevoli? Per il Segretario dell’Onu sono “funzionari statali, gruppi armati, contrabbandieri, trafficanti e bande criminali”. Gli stessi a cui l’Italia affida i migranti
6. Una Fondazione per far rinascere Riace
Un progetto che ha lo scopo di rilanciare il “modello Riace” senza fondi pubblici: è quanto si propone la Fondazione “È stato il vento”, presentata alla presenza di Mimmo Lucano a Caulonia.
I dettagli del progetto sono stati illustrati dall’avvocato Gianfranco Schiavone (presidente dell’Asgi), dal giudice Emilio Sirianni di Magistratura democratica e dalla coordinatrice di Recosol, Chiara Sasso che ha dichiarato: “la fondazione avrà il compito di supportare tutte le attività e di cercare di farle ripartire. Cerchiamo di fare qualcosa perché Riace deve tornare quella che era prima”.
7. In Libano neve sui campi profughi, in italia fake news su Amatrice
Maltempo in medio Oriente. Nei giorni scorsi la tempesta Norma si è abbattuta con tutta la sua forza sul Libano portando un crollo delle temperature, precipitazioni e grandi nevicate. A soffrire le conseguenze più gravi i circa 11 mila profughi siriani ospitati, in condizioni spesso disperate, nei campi del nord e del nord est del paese. Qui 150 insediamenti sono stati colpiti dalla bufera, migliaia di rifugiati risultano colpiti dalle condizioni climatiche estreme e una bambina di otto anni ha perso la vita.
Intanto una foto del campo profughi di Arsal coperto dalla neve, utilizzata in una fake news, è diventata virale sui social network. La foto, fatta passare per Amatrice, è stata utilizzata per rilanciare messaggi contro i migranti della Sea Watch da poco accolti, contrapponendoli alle vittime del terremoto del centro-italia ancora sotto la neve. Valigia blu si è occupata di smontare la bufala.
8. Grecia: due storie di migrazione
La Grecia è stata negli ultimi anni al centro di due tra le più grandi crisi che l’Europa abbia dovuto fronteggiare, quella economica e quella migratoria. Ma in che maniera le ha affrontate? E soprattutto in che maniera arrivano a sovrapporsi? Gemma Bird e Amanda Russell Beattie, ricercatrici della London School of Economics, affrontano i paradossi del caso greco, un paese che accoglie investitori (offrendo la cittadinanza), mentre 16 mila migranti sono bloccati sulle isole.
9. Tra i 40 mila migranti venezuelani che hanno raggiunto Trinidad e Tobago
Almeno 40 mila venezuelani sono fuggiti finora sull’isola di Trinidad e Tobago, che dal Venezuela dista solo 11 km. Spesso con il passaporto scaduto o senza documenti, in tanti si affidano a rotte non ufficiali, raggiungendo l’isola su barche da pesca.
Con un numero di sfollati che ha superato i 3 milioni, vicende come quelle che si vivono a Trinidad stanno diventando comuni in molte nazioni dei caraibi. Nazioni che, come scrive Aviva Shwayder su Refugee Deeply, non possono ora più ignorare la loro responsabilità ad accogliere.
10. Salute e migranti, come stanno quelli irregolari?
Quello dello straniero untore resta un mito difficile da sfatare. Ci ha provato il Naga con il suo ultimo rapporto sulla salute degli stranieri irregolari in Lombardia. Qual è il loro stato di salute, c’è un rischio serio di contagio? La risposta è no. Nel complesso il rapporto ha rilevato l’estrema rarità di malattie infettive: appena 29 casi su oltre 2000 persone.
Foto di copertina via Pro Activa Open Arms