1. Nuove evidenze di torture in Libia
Centro di detenzione di Triq al Sikka a Tripoli, centro di detenzione di Bani Walid. Le nuove testimonianze dell’inferno cui sono sottoposti i migranti in Libia arrivano da lì.
Sono circa 26 i centri di detenzione libici, dei veri e propri inferni per i migranti costretti a vivere in condizioni igieniche precarie, in stanze affollate, senza scorte alimentari sufficienti e, come se non bastasse, dove subiscono regolarmente abusi, maltrattamenti e violenze.
A Triq al Sikka, secondo quanto riportato dal sito Open, martedì 26 febbraio circa 500 residenti hanno inscenato una protesta per le condizioni in cui sono costretti a vivere. La risposta dei carcerieri non si è fatta attendere: secondo le testimonianze circa 50 persone, tra cui minori, sono stati portati in una cella sotterranea dove sono stati rinchiusi e sottoposti a torture.
Nel secondo centro di detenzione, quello di Bani Walid, ci portano invece gli inviati di Piazza Pulita Nello Trocchia e Adib Fatehali autori di un reportage che prova la violazione sistematica dei diritti umani che continua a pochi chilometri dalle nostre coste.
I centri di detenzione sono ufficialmente sotto il controllo del ministero dell’Interno libico e secondo l’Unione Europea andrebbero chiusi, eppure è proprio lì che continuano ad essere inviati i migranti intercettati dalla Guardia costiera libica.
🔍 Senza una-nave-una di soccorso, governativa e non, ormai l'Europa li osserva solo dall'alto: per vederli annegare a dozzine, oppure segnalare i #migranti alle cosche libiche per cattura e restituzione all'inferno (con le motovedette fornite da Minniti prima e Salvini poi). https://t.co/k0flgIoJUX
— Sergio Scandura (@scandura) March 10, 2019
2. Sul mancato sbarco dei migranti a bordo della Sea Watch indagano 2 procure
Prima lo stallo davanti il porto di Siracusa, poi il trasferimento notturno – con tanto di scorta di Guardia costiera e Guardia di Finanza – nello scalo di Catania: su quanto accaduto alla nave della ong tedesca tra il 19 e il 31 gennaio scorso ora scattano le indagini.
Secondo quanto scritto da Nello Scavo e da Massimiliano Perna per Avvenire, sarebbero almeno 2 le procure, quelle di Roma e Siracusa, che starebbero esaminando i fatti riguardanti l’omesso sbarco immediato dei 15 minorenni a bordo della nave e le modalità con cui le autorità politiche hanno eretto un muro intorno alla catena di comando.
Inoltre, secondo il quotidiano, le inchieste non riguarderebbero soltanto la vicenda Sea Watch, “ma anche altri sbarchi con le navi umanitarie costrette al largo per giorni prima di poter mettere al sicuro, sulla terraferma, i naufraghi scampati ai lager libici e alle tempeste”.
Ad oggi, non è possibile sapere da chi e come fu bloccata la nave. Ed è giallo anche sull’omesso sbarco dei minori: il Ministero degli Interni ha apposto la massima riservatezza sugli atti relativi alla Sea Watch, mentre il ministero guidato da Toninelli non ha risposto nei 30 giorni previsti dalla normativa alle richieste di accesso civico agli atti presentata dall’Associazione Diritti e frontiere.
Una barriera contro cui è disposta a fare breccia la giunta di Siracusa, che si dichiara pronta ad andare davanti ai magistrati per riferire tutte le anomalie registrate a fine gennaio: “si è trattato di decisioni di tipo politico”.
3. San Ferdinando: sgomberata la baraccopoli, l’accoglienza non è per tutti
Ruspe in azione, reparti in tenuta antisommossa a delimitare il perimetro:mercoledì scorso la baraccopoli di San Ferdinando è stata smantellata. Centinaia di migranti vivevano lì in condizioni estremamente precarie, tre di loro erano morti in tre diversi incendi negli ultimi anni.
Mentre il ministro degli Interni ha affidato la sua gioia a Twitter “Dalle parole ai fatti” e il prefetto di Bari esprime “soddisfazione per un’operazione che ha saputo coniugare legalità e umanità”, molti degli ex abitanti dovranno iniziare a fare i conti con la mancanza di una alternativa valida in cui dormire.
Secondo Repubblica, infatti, non per tutti è prevista una sistemazione e una nuova tendopoli sta già sorgendo proprio al fianco di quella vecchia.
Storie di nuova esclusione e di migranti “scomparsi”: da quelli che non hanno accettato i trasferimenti nei Cas e negli ex Sprar, a quelli che non hanno trovato posto nella nuova, e ormai affollatissima, tendopoli (anche perché il permesso di soggiorno per lavoro non dà diritto a entrarci). Secondo dati del Ministero sarebbero circa 460 persone le persone rimaste fuori. Antonio Mira per Avvenire ci fa conoscere le loro storie e ci racconta dove sono finiti.
4. Bosnia, nuova tensione sulla rotta balcanica
Nonostante l’accordo tra Turchia e Unione europea del marzo 2016, la Rotta Balcanica, pur ridotta nei numeri, continua ad essere percorsa. Attualmente è sulla Bosnia che si concentra la pressione maggiore, ma le decisioni politiche prese a livello locale e l’inasprirsi dei controlli di polizia, potrebbero portare i migranti a spostarsi ancora altrove. Proprio in questi giorni i media locali riportano che le autorità della Republika Srpska (entità a maggioranza serba della Bosnia) hanno impedito a un gruppo di migranti di entrare nella città di Banja Luka, costringendoli a proseguire verso Bihać.
Proprio questa settimana vi avevamo raccontato delle crescenti tensioni in Bosnia. Con Michele Luppi eravamo stati proprio a Bihać nel cantone di Una-Sana al confine con la Croazia, città diventata negli ultimi dodici mesi la nuova frontiera calda d’Europa.
5. Un fondo di solidarietà per gli esclusi dell’accoglienza
Per aiutare i migranti colpiti dal Decreto sicurezza voluto dal vice premier Matteo Salvini, a Milano nasce il “Fondo di solidarietà per gli esclusi dall’accoglienza”.
Pensato dalla Caritas Ambrosiana, che ha destinato già destinato al fondo circa mezzo milione di euro, servirà in primo luogo per dare continuità ai progetti di inserimento di quanti, pur inseriti nell’accoglienza diffusa e titolari di permesso di soggiorno, sarebbero costretti a interrompere i percorsi di integrazione già intrapresi a causa della nuova normativa.
“Sappiamo – ha dichiarato il direttore di Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti – che questo gesto non risolverà il problema, ma vogliamo dare una risposta negli interessi, in primo luogo, dei nostri ospiti, ma anche delle comunità che si troverebbero a fare i conti con persone giovani destinate nella migliore delle ipotesi ad alimentare il mercato del lavoro nero”.
Per raccontarvi come sta andando la decisione di Caritas Ambrosiana, con Marco Todarello siamo stati a Lecco in uno dei centri gestiti che continua ad accogliere (nonostante il decreto Salvini).
6. La sponsorship privata entra nel dibattito australiano
Il rinnovo di alcuni seggi parlamentari dell’area di Melbourne è l’occasione per un forte dibattito sull’immigrazione nel paese. Il locale partito dei Verdi infatti rilancia la proposta laburista di fine dicembre e propone un programma di sponsorship privata che possa portare all’accoglienza di 10 mila persone. In Canada, dove la sponsorship privata esiste da più di quaranta anni, questo istituto ha permesso alla società civile di accogliere negli anni circa 300 mila rifugiati. In Europa invece questo strumento ha iniziato a diffondersi solo recentemente, ed è il nostro paese a fornire uno degli esempi più virtuosi.
7. I parlamentari del Regno Unito chiedono al Governo maggiore impegno sui rifugiati
Il Governo del Regno Unito non può continuare a chiedere ai paesi più poveri del mondo di fare ciò che è giusto per rifugiati e migranti se non è disposto a fare lo stesso in casa propria. Si potrebbe riassumere così il rapporto dal titolo Forced Displacement in Africa: “Anchors not Walls”, che i parlamentari del Regno Unito hanno indirizzato al proprio governo.
Tra le varie richieste rivolte all’esecutivo (qui l’elenco completo), quelle di incoraggiare gli investimenti di altre nazioni nell’area sub-sahariana, di puntare su programmi di educazione e di economia locale, soprattutto se guidati da donne. Sul fronte interno invece spicca la richiesta di portare da 5mila a 10mila i posti destinati al reinsediamento dei rifugiati più vulnerabili e di rivedere le limitazioni lavorative per i rifugiati.
THREAD 1-Today #MPs have a clear and strong message for #government-and it is not about #Brexit! The #UK cannot continue to ask the poorest countries in the world to do what's right for #refugees and other #migrants if not prepared to do the same at home. https://t.co/kjUWNg8ROO
— Marta Foresti (@martaforesti) March 5, 2019
8. Migrazioni, una visione poco coraggiosa
Detenzioni per lunghi periodi sono ancora la realtà per circa un terzo dei rifugiati del mondo, mentre l’accesso ai diritti restano troppo spesso una chimera. Una decina di nazioni per lo più povere ospitano il 60% dei rifugiati, mentre i paesi ricchi spendono 20 miliardi di euro l’anno per finanziare i loro sforzi di accoglienza, una cifra quattro volte superiore a quanto l’Unhcr ha a disposizione per soddisfare le esigenze dell’85% dei rifugiati nel resto dei paesi.
Troppo spesso poi i rifugiati sono costretti a rischiare la propria vita, muri e barriere sempre più sofisticate li costringono a intraprendere viaggi rischiosi e a fare affidamento su contrabbandieri e trafficanti per raggiungere la salvezza. La sicurezza offerta è in ogni caso troppo spesso illusoria e l’attuale state by state approach non può essere un’opzione sul tavolo. James C. Hathaway, James E. e Sarah A. Degan, ne parlano in questo approfondimento dell’European Council on Refugees and Exiles.
9. A Calais la polizia continua gli sgomberi
Continuano le operazioni di sgombero nelle baraccopoli di Calais, dove centinaia di migranti sono accampati in attesa di provare a raggiungere il Regno Unito e dove la tolleranza delle forze dell’ordine diminuisce di giorno in giorno. L’ultima accusa arriva dalle organizzazioni che aiutano i migranti sul campo: i militari smantellerebbero le tende al mattino, approfittando del fatto che, in quella fascia oraria, molti migranti le lasciano per fare colazione in uno dei due punti di distribuzione situati a pochi chilometri di distanza. Accusa respinta al mittente dalla polizia.
Senza rifugi per il freddo e alla mercé della polizia che regolarmente sequestra i loro pochi averi, ancora un migliaio di migranti vivono nel nord della Francia. Sono stravolti dopo anni di stallo e disposti a tutto pur di raggiungere il Regno Unito. In questo contesto fa discutere il numero crescente di persone che tentano di attraversare la Manica via mare, ce lo aveva raccontato Emanuela Barbiroglio.
10. Il reddito di cittadinanza è discriminatorio?
Il 6 marzo scorso è stato introdotto il “Reddito di cittadinanza”, l’aiuto economico voluto dall’esecutivo che offre sostegno a italiani, cittadini dell’UE e residenti legalmente in Italia da almeno 10 anni, il cui reddito familiare annuale non superi i 9.360€.
Secondo l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione però la misura sarebbe discriminatoria. Alberto Guariso, avvocato dell’associazione ha dichiarato che soprattutto per quanto riguarda il requisito di dieci anni di residenza, l’attenzione andrebbe rivolta alla sentenza 166 della Corte costituzionale del luglio 2018, che aveva rilevato che il requisito di 5 o 10 anni di residenza imposto ai cittadini non UE per accedere in quel caso ad aiuti sull’affitto, fosse incostituzionale. L’altro requisito che riguarda gli stranieri poi, quello di avere un permesso di soggiorno di “lungo periodo”, escluderebbe dalla misura il 35% degli stranieri legalmente residenti in Italia.
Fa discutere anche la misura secondo la quale i cittadini stranieri dovranno farsi spedire dal paese di origine un certificato che attesti la provenienza, la situazione patrimoniale, reddituale e la composizione del nucleo familiare. Un emendamento che ricorda quanto richiesto dal Comune di Lodi per l’accesso alla mensa scolastica, richiesta poi eliminata grazie a una sentenza di tribunale.
Immagine di copertina: resti di un gommone sulla costa di Zuwara portato a riva dalla corrente (foto: Marta Bellingreri)