1. Duecento profughi aggrediti a Lesbo da altrettanti estremisti di destra
Sembrava avvicinarsi la fine del limbo per i migranti bloccati sulle isole dall’accordo fra Ue e Turchia (dove subiscono forti limitazioni di spostamento, come raccontava qui la nostra Marianna Karakoulaki) prima che il governo greco decidesse di ribaltare la decisione del Consiglio di Stato*. Intanto, i cosiddetti “35 di Moria” vanno sotto processo per aver protestato nel 2017 contro le condizioni del campo sull’isola di Lesbo, e un gruppo di 200 profughi afghani, che di nuovo manifestavano pacificamente per la grave situazione del campo, è stato aggredito domenica 22 aprile da un gruppo di circa 200 estremisti di destra. La polizia ha cercato di separare i due gruppi ma la situazione è rimasta molto tesa per ore (fra i migranti, tra l’altro, c’erano anche alcuni bambini). Lo hanno raccontato diversi testimoni oculari sui social media, pubblicando anche alcune fotografie. Qui trovate un ottimo resoconto dell’operatore umanitario Walesa Porcellato su Vita.
2. Tre volontari andranno a processo in Francia per aver aiutato i migranti a passare il confine
Come vi raccontavamo la settimana scorsa, all’aggressione degli Identitari sul confine italo-francese hanno risposto in Francia diverse manifestazioni di solidarietà con i rifugiati: Reporterre offre un diffuso resoconto su quello che è accaduto. Ma intanto, lo segnala Rainbow4Africa, tre volontari, di cui una italiana e due svizzeri, andranno a processo il 31 maggio in Francia con l’accusa di aver aiutato alcuni migranti a passare il confine.
3. Una graphic novel racconta un Mediterraneo che ritira le proprie acque per la vergogna
Il 18 aprile ricorreva l’anniversario del terribile incidente in mare del 2015 che provocò l’annegamento di almeno 800 persone; Fulvio Vassallo Paleologo lo ricorda qui, rammentando anche che a quel tempo non si parlava ancora di soccorsi fatti dalle Ong. Intanto esce “Mediterraneo”, graphic novel che racconta la storia di un mare che si ritrae per svelare vergogna e ipocrisia.
4. Londra promette cittadinanza e risarcimenti per la generazione Windrush – e il Ministro dell’Interno dà le dimissioni
Prosegue in Gran Bretagna lo scandalo sul trattamento riservato alla generazione Windrush, gli immigrati caraibici di paesi del Commonwealth che dopo la Seconda guerra mondiale aiutarono a ricostruire il paese e oggi, nella febbre nazionalista post-Brexit, rischiano la deportazione. Dopo la forte risonanza della vicenda sui media, la ministra dell’Interno conservatrice Amber Rudd si è profusa in pubbliche scuse, che però non sono bastate: molti parlamentari hanno chiesto spiegazioni in aula e il leader laburista Jeremy Corbyn ne ha chiesto le dimissioni. La pressione è aumentata domenica pomeriggio quando il Guardian ha rivelato che in una lettera del 2017 inviata a Theresa May, Rudd aveva dichiarato al primo ministro la sua intenzione di aumentare le deportazioni del 10% – apparentemente in contrasto con le sue recenti smentite di non essere a conoscenza di tali obiettivi. Domenica sera la ministra ha dato le dimissioni. Lunedì mattina è stato nominato il nuovo ministro: si tratta di Sajid Javid, già ministro per lo sviluppo locale e primo ministro dell’Interno non bianco nel Regno Unito. Il neo-ministro ha dichiarato che il suo compito più urgente è “aiutare i cittadini britannici che provengono dai Caraibi, la cosiddetta Generazione Windrush, e assicurarsi che tutti siano trattati con la correttezza e l’imparzialità che meritano“.
Il Primo Ministro Theresa May, intanto, ha promesso la regolarizzazione della cittadinanza britannica e risarcimenti per chi ha subito danni e discriminazioni.
5. In Sudan è la temuta polizia segreta a fermare i migranti per conto della Ue
La progressiva esternalizzazione delle frontiere da parte dell’Unione europea crea un nuovo caso nei paesi africani: in Sudan, dove gli accordi con la Ue consentono al governo di riaprirsi al mondo occidentale, a occuparsi di fermare i migranti per conto dell’Europa è la temuta polizia segreta. Lo racconta in un bel reportage da Abu Jamal Patrick Kingsley per il New York Times.
6. Libici in fuga
Come si ipotizzava da tempo, anche i libici stessi cominciano a fuggire dalla miseria e dalla violenza del loro paese. Francesca Mannocchi racconta su Al Araby dei libici che finiscono nella rete dei trafficanti di persone.
Intanto, come spiega il New York Times, in Libia rischiano di trovarsi deportati anche alcuni ex prigionieri della prigione di Guantanamo.
7. Trauma e ipocrisia colpiscono chi racconta la crisi dei rifugiati
Di trauma secondario per reporter, giornalisti e volontari che aiutano sul campo si parla sempre di più. Anthony Feinstein racconta qui che cosa provoca un trauma psicologico ai giornalisti che raccontano la crisi dei rifugiati: non è soltanto l’assistere ripetutamente alla sofferenza di chi fugge e viene sfruttato e maltrattato, ma anche l’ipocrisia che inevitabilmente si incontra e si nota ritornando a casa.
8. Ecco le riflessioni annotate della Corte Suprema sul contenzioso del Muslim Ban
La Corte Suprema ha ascoltato questa settimana alcune argomentazioni orali sulla terza versione del cosiddetto “Muslim Ban” fatto applicare da Trump agli ingressi negli Stati Uniti, il caso forse più controverso che i giudici si troveranno a interpretare quest’anno. Adam Lipvak spiega qui gli interrogativi di principio a cui la Corte Suprema si è trovata a dover rispondere.
9. L’Egitto non è poi un paese così “sicuro”
Succede di rado, ma ogni tanto una decisione sull’asilo ci ricorda che no, l’Egitto non è affatto il “paese sicuro” che descrivono l’Italia e la Ue: è il caso della protezione umanitaria garantita a Lecce a un giovane in fuga dall’arruolamento nell’esercito egiziano. Il tribunale ha riconosciuto che la sua decisione di disertare ha motivi di coscienza legati alle violazioni dei diritti umani nel paese. L’avvocato Maria Grazia Stigliano lo racconta su Melting Pot, pubblicando anche il testo integrale della decisione.
10. Niente avvocati in questura per i migranti a Milano
Alcune associazioni, fra cui Asgi, Naga e Avvocati per niente, sono tornate a denunciare in questi giorni il fatto che da due anni a Milano gli avvocati dei migranti non possano essere presenti al fianco dei loro assistiti durante le procedure in Questura.
*La prima frase di questa rassegna è diversa da quella che apre il testo spedito via newsletter lunedì 30 aprile per riflettere la situazione cambiata dopo la decisione del governo greco.
Foto di copertina via Stefanie Eisenschenk