1. Gli irregolari sono 90 mila?
“Dal combinato dei dati degli ultimi 4 anni e mezzo emerge che in Italia si ha una clandestinità di 90mila soggetti massimo essendo pessimisti, il numero di irregolari che si stima siano presenti sul nostro territorio è molto più basso anche rispetto a quanto potessi presumere”. Sono una sorpresa i numeri sui presunti migranti irregolari snocciolati dal ministro degli interni Salvini al termine della riunione su sicurezza, terrorismo, estremismo islamico e immigrazione, tenutasi al Viminale.
I primi a reagire sono gli alleati del Movimento 5 Stelle: “Sorprendono le parole del ministro dell’Interno Matteo Salvini sui 90 mila irregolari in Italia visto che fu proprio lui a scrivere nel contratto di governo il numero di 500mila irregolari. Che tra l’altro è il numero reale, confermato da molte organizzazioni. Non capiamo il senso di dover anche smentire ciò che è riportato nel contratto di governo, forse perché sui rimpatri ancora non è stato fatto nulla?“.
Ma quanti sarebbero allora gli irregolari? Per Simone Fontana, in un ottimo fact checking per Wired, una stima attendibile del numero di stranieri irregolari in Italia dovrebbe prendere a punto di riferimento il rapporto annuale sulle migrazioni rilasciato da Ismu, che indica in 533 mila unità la componente irregolare al dicembre del 2018, con un trend in costante crescita.
Il Sole 24 Ore rincara la dose e riprendendo uno studio dell’Ispi sottolinea come gli effetti del decreto Salvini – riducendo i livelli di protezione per i richiedenti asilo – non faranno che aumentare ulteriormente il numero di irregolari, (ne avevamo scritto anche noi con Claudia Torrisi).
Insomma come sottolinea Lorenzo Braga sul Foglio, il cambio di marcia nella narrazione del ministro leghista, sarebbe dovuta più alla difficoltà di mantenere le impossibili promesse elettorali e quindi a un cambio di strategia, quanto piuttosto ai nuovi dati a disposizione da ministro.
2. Foggia: brucia di nuovo un ghetto, un altro ragazzo morto
È morto carbonizzato a causa di un rogo che si è sviluppato nel ghetto di Borgo Mezzanone al confine tra Foggia e Manfredonia. La vittima questa volta è Samara Saho, un ragazzo di 26 anni originario del Gambia che viveva in una delle baracche del Borgo da quando la sua richiesta di asilo non era stata accolta e la sua posizione era diventata “irregolare”.
A ridosso del Centro di accoglienza per richiedenti asilo centinaia di persone vivono ancora in condizioni precarie, spesso sfruttate nei campi della zona. Ce lo aveva raccontato Ilaria Romano.
3. La Cassazione stoppa la stretta sulle richieste d’asilo
Un eventuale rimpatrio metterebbe a rischio la vita di un richiedente asilo? Secondo la Corte di Cassazione sarebbe questa la domanda che i magistrati dovrebbero porsi al momento di esaminare una richiesta di asilo. I Giudici della Suprema Corte hanno infatti dichiarato fondato il reclamo di un cittadino pakistano al quale la Commissione prefettizia di Lecce e poi il Tribunale della stessa città, nel 2017, avevano negato di rimanere nel nostro paese con la protezione internazionale sulla base di generiche informazioni sulla situazione interna del Pakistan.
Come riporta Avvenire, il ricorrente, tramite il suo avvocato avvocato Nicola Lonoce, “ha fatto presente che la decisione era stata presa “in base a generiche informazioni sulla situazione interna del Pakistan, senza considerazione completa delle prove disponibili” e senza che il giudice avesse usato il suo potere di indagine”. Per la Cassazione invece, il giudice “è tenuto a un dovere di cooperazione che gli impone di accertare la situazione reale del Paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri di indagine e di acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate“, e non di “formule generiche” come il richiamo a non specificate “fonti internazionali“.
4. La Spagna taglia il personale, a rischio le operazioni di soccorso nel Mediterraneo
Il Governo taglia il personale del Salvamento Marítimo mettendo a rischio le operazioni di soccorso davanti Gibilterra. Lo denuncia il Sindacato CGT, secondo cui la decisione in questo momento dell’anno è particolarmente grave in quanto coincide con la stagione estiva e quindi con un periodo di maggiori partenze.
https://twitter.com/emmevilla/status/1122103912461475841
Intanto, come riporta El Pais, diminuisce il numero di minori non accompagnati che decide di fare richiesta di asilo in Spagna.
5. Nella Libia in guerra si spara sui migranti
Colpi di armi da fuoco, urla e feriti, il video girato nel centro di Qasr Bin Gashir, a Tripoli non lascia niente all’immaginazione. Gli scontri che stanno insanguinando la Libia non risparmiano nessuno, men che meno i migranti, da sempre tra i più a rischio in territorio libico.
Così tra le 700 persone detenute nel centro per migranti – tra loro anche donne e bambini – ci sarebbero almeno due vittime e venti feriti, mentre si rincorrono le testimonianze di migranti detenuti costretti ad imbracciare le armi.
Violenze che fanno chiedere nuovamente a Papa Francesco l’istituzione di corridoi umanitari per i migranti in pericolo.
Dello stesso avviso sono anche le organizzazioni umanitarie che operano nella zona, come Medici Senza Frontiere, che torna a chiedere l’evacuazione urgente ed immediata: “Molte di queste persone hanno già subito la violenza dei centri, alcune diverse volte dopo essere state intercettate in mare e riportate in Libia. Questo attacco senza senso poteva essere evitato se gli appelli lanciati due settimane fa per evacuare i migranti dalla Libia fossero stati ascoltati”, ha dichiarato Hassiba Hadj-Sahraoui, consulente umanitaria di MSF per la Libia e il Mediterraneo.
Giulia Tranchina, avvocato che si occupa di immigrazione, ha descritto la situazione del centro di detenzione dove sono accaduti i fatti al Guardian: “sono stato in contatto con sette rifugiati detenuti a Qasr Bin Gashir dallo scorso settembre. Molti sono malati e affamati, tutti hanno cercato di fuggire attraverso il Mediterraneo verso l’Italia, ma sono stati respinti al centro di detenzione dalla Guardia costiera libica. Alcuni sono stati già precedentemente incarcerati dai trafficanti in Libia per uno o due anni. Molti sono stati riconosciuti dall’UNHCR come rifugiati“.
E proprio ai respingimenti in Libia dedica la sua attenzione la regista Paula Palacios autrice del documentario “Libye: retour en enfer – Quand l’Europe ferme ses portes” trasmesso dal canale Arte: una testimonianza inequivocabile e necessaria sulle terribili conseguenze della politica delle frontiere chiuse.
6. Trieste esclude gli atleti africani dalla mezza maratona e poi ci ripensa
“Dopo avere lanciato una provocazione che ha colto nel segno, richiamando grande attenzione su un tema etico fondamentale, contrariamente a quanto comunicato ieri, inviteremo anche atleti africani”. Lo ha annunciato Fabio Carini patron del Trieste Running Festival, ma le polemiche non accennano a placarsi.
Tutto era nato nei giorni scorsi, quando lo stesso patron della corsa aveva dichiarato alla stampa di voler escludere atleti professionisti originari dell’Africa dalla gara perché sfruttati e sottopagati:
“Gli atleti del Kenya e del Nord Africa [sono] pedine di manager sfruttatori senza scrupoli. Questi atleti sono sottopagati e trattati in maniera indecente rispetto a quello che è il loro valore. Questo poi va a discapito di atleti italiani ed europei che chiaramente rispetto al costo della vita non possono essere ingaggiati, perché hanno costi di mercato”.
Le dichiarazioni di Carini avevano subito scatenato le reazioni del mondo politico – “follia” per il vice premier Di Maio, scelta condivisibile per il governatore del Friuli Fedriga – e della società civile, se di sfruttamento si trattava perché escludere gli sfruttati e non gli sfruttatori?
A tale riguardo, il sito Open riporta la posizione dell’Asgi:
“Se anche il fine proclamato fosse legittimo (la lotta all’asserito sfruttamento degli atleti africani da parte delle agenzie), i mezzi con i quali verrebbe perseguito (l’esclusione tout court degli atleti africani dalle gare) sarebbero incongrui e sproporzionati. E’ di tutta evidenza, infatti, che se vi sono situazioni di sfruttamento queste vanno superate intervenendo a sostegno degli atleti sfruttati e non precludendo loro la partecipazione a gare che, oltre a essere espressione del diritto di libertà che presiede anche all’attività sportiva, rappresentano una occasione per emergere e superare la situazione di sfruttamento che gli organizzatori dichiarano di voler contrastare.”
#TriesteRunningFestival Lo sfruttamento degli atleti non si combatte con l’esclusione dallo sport ma intervenendo a sostegno degli atleti sfruttati e non precludendo loro la partecipazione alle gare. https://t.co/TOgQtEF3l2
— ASGI (@asgi_it) April 27, 2019
Così, mentre su quanto accaduto a Trieste la Procura federale sarebbe pronta ad aprire un fascicolo, l’eurodeputata ed ex ministro dell’integrazione Cécile Kyenge ha dichiarato all’Ansa: “scriverò alla Commissaria Ue alla Giustizia, Vera Jourova, per fare luce sulla vicenda,quanto è accaduto è inquietante“.
7. Venezuela: si teme per la sorte di 30 migranti
Circa trenta persone partite nella notte di martedì scorso dalla città portuale di Guiria risultano disperse dopo che la loro nave si è rovesciata a largo dell’isola di Patosa, a metà strada tra le coste venezuelane e quelle di Trinidad. Secondo quanto riportato dal Guardian, proprio la piccola isola caraibica – nazione indipendente – sarebbe stata la destinazione finale del viaggio, quella tra il Venezuela e Trinidad risulta infatti essere una delle rotte più percorse da chi fugge dal paese sudamericano.
8. In Germania i reinsediamenti rimpiazzano l’asilo?
Quello che si sta vivendo in Germania negli ultimi anni è un vero boom di reinsediamenti: se tra il 2012 e il 2014 erano state soltanto 300 le persone reinsediate, nel solo 2018 sono state oltre 10 mila.
Per il portavoce del ministro degli Interni tedesco, Steve Alter, l’obiettivo è “distruggere il modello di business dei contrabbandieri e ridurre l’immigrazione clandestina, fornendo allo stesso tempo alle persone bisognose di protezione speciale un percorso legale verso la Germania, questo non ha alcun effetto sull’asilo territoriale”.
E proprio sugli effetti che l’aumento dei reinsediamenti potrebbe avere sull’esito di molte richieste di asilo si soffermano i timori di alcune organizzazioni umanitarie.
“Reinsediamenti e altre forme legali di ammissione non dovrebbero in alcun modo sostituire o minacciare il diritto individuale di asilo” dichiara alla Deutsche Welle Vanessa Zehnder della Caritas tedesca. Queste forme di tutela “dovrebbero essere complementari e non in opposizione alle nostre richieste per vedere aumentate le ammissioni di rifugiati”.
9. Neo-maggiorenni esclusi dall’accoglienza, la denuncia di Intersos
Doveva far cessare l’”emergenza sbarchi” ha finito per crearne una nuova. Parliamo della cessazione dell’accoglienza per migliaia di neo-maggiorenni e l’impossibilità, per molti di loro, di ottenere un permesso di soggiorno.
È questa la denuncia di Intersos nel rapporto l’Isola dei minori, secondo cui a causa del decreto-legge n.113/18 – più comunemente noto come Decreto Salvini – al compimento dei 18 anni i minori non accompagnati titolari di protezione umanitaria devono lasciare le strutture per minori, senza più avere la possibilità di inserimento in un centro di accoglienza per adulti.
“Anche se stanno seguendo positivamente un percorso di inserimento, stanno andando a scuola o svolgendo un tirocinio formativo, questi ragazzi diventano stranieri irregolarmente soggiornanti, condannati all’esclusione sociale, allo sfruttamento nel lavoro nero e al rischio di coinvolgimento in attività illegali” dichiara Elena Rozzi, Migration Advocacy officer di Intersos. Quanto raccontato è particolarmente rilevante in Sicilia dove a fine 2018 erano accolti il 42% del totale dei MSNA presenti in Italia.
10. Nelle “transit zone” ungheresi neanche il cibo è certo per i migranti
L’Ungheria sta affamando i richiedenti asilo reclusi nelle cosiddette zone di transito al confine con la Serbia. Secondo l’Hungarian Helsinki Committee da Febbraio ad oggi sarebbero almeno 8 i casi di privazione di cibo, mentre per altri 5 avvenuti in precedenza l’associazione era ricorsa alla Corte Europea dei diritti dell’uomo ottenendo la promessa del governo ungherese di cessare tale privazione.
Dal marzo 2017, le “zone di transito” sono le uniche dove sia consentito fare richiesta di asilo in Ungheria. Con Ilaria Sommaruga e Annapaola Ammirati vi avevamo raccontato come tutti i migranti che da allora chiedono asilo sono detenuti in queste zone per l’intera durata della procedura.
Foto di copertina: il centro Baobab nel giorno dello sgombero. Foto di Andrea Oleandri