1. Nel Mediterraneo ancora salvataggi e tensioni con la guardia costiera libica
Anche questo weekend è stato intenso per le navi delle Ong che operano nel Mediterraneo. Astral, la nave di Proactiva Open Arms, ha portato in salvo 105 persone, ma per molte ore non ha avuto indicazioni del porto in cui portarle, in un rimpallo tra Mrcc italiano e Mrcc britannico (la nave batte bandiera del Regno Unito). A bordo c’è Riccardo Magi di Più Europa, primo parlamentare ad andare a bordo di una delle navi, che sta raccontando le vicende di queste ore. Al momento in cui scriviamo la situazione è questa: Ieri il giornalista di Repubblica Paolo Brera ha raccontato che l’autorizzazione al trasferimento dalla Astral all’Aquarius, nave di SOS Mediterranée, era arrivata alle 4 del mattino di lunedì, ma ancora se ne attendeva una formale – senza cui il trasferimento non poteva essere effettuato. Nella serata di lunedì l’autorizzazione formale è arrivata e si è potuto procedere al trasferimento [nota: questo corsivo evidenzia gli ultimi aggiornamenti sull’evento ed è differente rispetto al testo della newsletter inviata ieri.]
Colazione per i #migranti sulla #Astral, tra un'oretta li trasferiremo su #Aquarius di #SosMediterranee, più grande e attrezzata. Trasferimento autorizzato alle 4 di notte dalle autorità di soccorso marittimo inglesi in accordo con quelle italiane @openarms_fund pic.twitter.com/2nRxgzEPzS
— paolo g. brera (@paologbrera) May 7, 2018
E proprio l’Aquarius nel weekend ha invece assistito all’intercettazione di un gommone della Guardia Costiera Libica: le loro offerte di aiuto sono state ignorate.
2. Al Tg1 la Guardia Costiera Libica dice di non aver armi a bordo. Ma le immagini li smentiscono.
In un servizio andato in onda al Tg1 lo scorso 2 maggio, in occasione della visita del ministro Minniti a Tripoli, il comandante della Guardia costiera libica Abujella Abdul-Bari ha dichiarato che le motovedette non hanno armi a bordo e che non ci sono minacce e percosse ai migranti. Ma immagini reperibili in rete smentiscono questa versione dei fatti, scrive Annalisa Cangemi su Fanpage (e ne abbiamo scritto anche noi molte volte).
Il segretario dei Radicali Italiani (e parlamentare) Riccardo Magi ha ribattuto: “Il principale telegiornale del servizio pubblico italiano ha riportato a oltre 5 milioni di telespettatori la voce senza contraddittorio del comandante della guardia costiera libica”. Magi ha annunciato che sottoporrà la questione alla commissione parlamentare di Vigilanza non appena si sarà costituita.
3. In Libia emergenza a Zuwara
Intanto in Libia è emergenza nel sovraffollato campo di Zuwara: Medici senza frontiere ha espresso preoccupazione per la sorte di circa 800 migranti e rifugiati trattenuti in un centro di detenzione sovraffollato nella città portuale, a circa 100 chilometri a ovest di Tripoli. Da più di cinque mesi le persone detenute sarebbero senza accesso adeguato a cibo e acqua.
Scrive Redattore sociale:
Martedì scorso l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha trasferito per via aerea 88 persone bisognose di protezione internazionale da Zuwara ad un altro centro di detenzione a Tripoli, dove saranno identificati i casi più vulnerabili potenzialmente soggetti ad un’evacuazione dalla Libia. Le autorità libiche hanno invece trasferito alcune persone in altri centri di detenzione nel tentativo di ridurre l’eccessivo sovraffollamento mentre l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha avviato il processo di “ritorno volontario umanitario” per alcuni detenuti. Tuttavia, centinaia di persone restano ancora all’interno del centro senza una soluzione in vista.
4. Dati ISPI: forte calo di arrivi ma ancora un sistema in emergenza
Gli sbarchi in Italia calano da luglio dell’anno scorso, ma l’Italia non ne sta approfittando per trovare risposte di lungo periodo al problema della gestione dei flussi migratori. Il sistema d’accoglienza continua a essere gestito in maniera para-emergenziale, la riforma Minniti-Orlando ha ridotto le garanzie per i richiedenti asilo senza all’apparenza aumentare la velocità dell’operato delle corti.
Intanto, è più difficile integrare i rifugiati nel mercato del lavoro (e il Piano nazionale d’integrazione non basta se non si inseriscono altre risorse). Sono questi i punti principali del nuovo fact-checking appena pubblicato dall’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale. Che precisa, dati alla mano (come già fatto in passato), che le Ong non sono affatto i “taxi del Mediterraneo”, come sostenuto da molti politici.
Inoltre ISPI si concentra anche sugli aiuti allo sviluppo: “[quelli] ufficiali allo sviluppo da parte dei paesi Ocse verso l’Africa subsahariana sono rimasti a un livello praticamente invariato dal 2010, e quelli italiani si sono addirittura ridotti di oltre il 70%: da un picco di 1 miliardo di euro nel 2006 a 297 milioni di euro nel 2016.” Insomma, la strategia “aiutiamoli a casa loro” fa acqua da tutte le parti.
Non esiste una correlazione tra le attività di soccorso in mare svolte dalle Ong e gli sbarchi sulle coste italiane. Tutti i dati oggettivi sulle #migrazioni nel Fact Checking → https://t.co/ccIhReQyi0 pic.twitter.com/Lc1Jy9yaTw
— ISPI (@ispionline) May 7, 2018
5. Nel ghetto verticale di Porto Recanati
Nato negli anni 90 come residence di lusso e trasformatosi presto in dimora per i molti lavoratori stranieri della zona: è l’Hotel House di Porto Recanati, da sempre indicato dalla stampa come simbolo di degrado e criminalità. “Tutto quello che avviene vicino all’Hotel house viene ricondotto sempre ai suoi abitanti e assume tinte mostruose” si difendono i residenti. Eppure tra mille difficoltà e contraddizioni, questo edificio, abitato da oltre duemila persone appartenenti a più di quaranta nazionalità diverse, potrebbe essere una grande occasione per sperimentare forme nuove di convivenza e immaginare la società multietnica che ci aspetta. Ce lo racconta Annalisa Camilli per Internazionale.
6. Il ciclo di sfruttamento senza fine dei migranti in Sicilia
A Campobello di Mazara, nella parte ovest della Sicilia, circa 2000 rifugiati e migranti africani lavorano nella produzione dell’olio d’oliva, contendendosi la possibilità di lavorare per molte ore di fila, pagati pochissimo, circa 2 euro all’ora. Fino alla scorsa settimana, 200 di loro vivevano in un accampamento di baracche di legno e cartone in un insediamento di fortuna, a poche centinaia di metri dalla terra dei proprietari. Oggi, tuttavia, quel campo non esiste più, demolito dalle autorità locali, che lo consideravano troppo pericoloso per viverci a causa dei rifiuti sparsi in un’area che non aveva elettricità, servizi igienici o docce, ma che non hanno fornito un’alternativa. Tra frustrazione della popolazione residente e tentativi di azione di gruppi locali, religiosi e laici, il ciclo di miseria e sfruttamento sembra non avere fine. Lorenzo Tondo ne scrive sul Guardian.
7. Ancora al confine tra Italia e Francia
Qual è il costo da pagare per attraversare il confine italo-francese se sei un migrante senza documenti? Quello economico si aggira attorno ai 150 euro da pagare al passeur che ti accompagnerà per pochi chilometri fino alle prime città francesi. Quello umano è fatto invece di giornate spese ad evitare i controlli della polizia e di nottate passate in giacigli di fortuna, di tentativi frustrati dai continui posti di blocco e dal non poter andare via da un paese in cui non si vuole restare. Un reportage da Ventimiglia di Filippo Ortona per Internazionale.
Lo stesso confine era stato invece attraversato dalle centinaia di attivisti che, in corteo da Monginevro a Briançon, avevano protestato lo scorso 22 aprile in difesa del diritto alla solidarietà nei confronti dei migranti e contro la presenza del gruppo di estrema destra Generation Identitaire al colle della Scala. Tre di loro erano stati fermati dalla Gendarmeria con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, un reato per cui in Francia si rischiano pene fino a 10 anni. In attesa del processo fissato per il prossimo 31 maggio, i 3 sono stati rilasciati, ma hanno l’obbligo di firma e non possono abbandonare la Francia.
8. La tecnologia può dare maggiore dignità ai rifugiati
Sempre di più le nuove tecnologie vengono utilizzate nella gestione delle crisi umanitarie e in più di un’occasione vi abbiamo raccontato dei rischi che queste comportano, come nel caso della raccolta dati di gruppi etnici svantaggiati come i Rohingya in Bangladesh o i rifugiati in Uganda. Se unita all’etica però, la tecnologia può ridare dignità umana e portare partecipazione e autonomia anche alle popolazioni più martoriate. Dall’educazione universitaria al commercio, passando per le protesi 3D, The Conversation ce ne fa un lungo elenco.
9. La crisi venezuelana sbarca in Europa
Sono centinaia di migliaia i venezuelani che hanno lasciato la propria nazione per riversarsi nei paesi vicini. Un esodo paragonato dal Washington Post a quello dei profughi siriani in Europa o dei rifugiati Rohingya in Bangladesh, ma a cui nel vecchio continente non si è prestata troppa attenzione. Le cose potrebbero cambiare grazie all’eredità coloniale dell’Olanda che, nel Mar dei Caraibi a pochi chilometri dalle coste venezuelane, vede nelle isole di Aruba, Curacao e Bonaire – tre nazioni costitutive del Regno dei Paesi Bassi – i primi arrivi di migranti venezuelani. Le reazioni agli sbarchi sono state all’insegna della detenzione e delle espulsioni, ma per gli attivisti locali le isole sarebbero vincolate alla giurisdizione della Corte europea per i diritti umani. I governi, quindi, dovrebbero garantire il rispetto dei diritti fondamentali Ue – garanzie per i richiedenti asilo incluse.
10. Chi è Ken Isaacs, il candidato di Trump allo IOM
C’è dibattito sul probabile prossimo capo dell’IOM (nella denominazione italiana Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) potrebbe essere l’americano evangelico Ken Isaacs, indicato da Trump.Gli Stati Uniti sono i principali contribuenti allo IOM e quindi i candidati da loro proposti sono tradizionalmente i favoriti. Ma la nomina non piace a molti, Vaticano incluso: Isaacs, infatti, avrebbe espresso opinioni che non sembrano adeguate al ruolo. Una per tutte? Dopo l’attentato terroristico di Londra, scrisse su Twitter che “questo è esattamente ciò che il Corano indica ai fedeli” (Isaacs si è poi scusato). E non mancano teorie del complotto e scetticismo sul cambiamento climatico. Insomma, non le migliori premesse, anche considerato che a dicembre Trump aveva annunciato che gli USA si sarebbero ritirati dal Global Compact sulla migrazione.
Il voto si terrà a giugno, la nomina va approvata con una maggioranza di due terzi.
Foto di copertina via Duncan C