1. E ora Salvini annuncia il decreto sicurezza 2
Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha annunciato venerdì scorso che presenterà in Consiglio dei ministri un “decreto sicurezza 2”, un’integrazione al primo “decreto sicurezza” – qui la nostra analisi del precedente decreto – che dovrebbe occuparsi principalmente di immigrazione e ordine pubblico.
Il decreto si comporrebbe di dodici articoli che mirerebbero a chiarire le competenze dei dicasteri in tema di sbarchi e a inasprire le misure contro i trafficanti di esseri umani.
Tra le novità introdotte, come riportato da Fanpage, le modifiche al Codice della navigazione, soprattutto in riferimento al divieto di transito e di sosta di navi mercantili nel mare territoriale. Le competenze del ministro delle Infrastrutture verrebbero limitate a ciò che riguarda la sicurezza della navigazione e alla protezione dell’ambiente marino, mentre al ministero dell’Interno andrebbe invece il potere di “limitare o vietare il transito e la sosta di navi mercantili o unità da diporto o di pesca nel mare territoriale per motivi di ordine e sicurezza pubblica”.
Un’altra norma prevede invece sanzioni a chi “nello svolgimento di operazioni di soccorso in acque internazionali, non rispetta gli obblighi previsti dalle Convenzioni internazionali“. Le sanzioni previste sarebbero di due tipi: da 3.500 a 5.500 euro per ogni straniero trasportato e, nei casi reiterati, se la nave è battente bandiera italiana la sospensione o la revoca della licenza da 1 a 12 mesi. Come ricostruito da Alessandra Ziniti su Repubblica, i comportamenti incriminati sono quelli sempre più spesso attribuiti dal ministro Salvini alle navi umanitarie.
Come dichiarato dallo stesso ministro degli Interni, “se fosse in vigore il decreto sicurezza bis la Mare Jonio sarebbe stata multata e sequestrata”.
2. Almeno 70 morti in un nuovo naufragio a largo della Tunisia
Almeno 70 migranti sono annegati giovedì scorso dopo che la loro imbarcazione è affondata in acque internazionali, a 40 miglia dalla città di Sfax in Tunisia. Come ricorda Lorenzo Tondo sul Guardian si tratta del naufragio più mortale dal gennaio scorso.
La notizia, lanciata da Alarm phone, è stata ufficialmente confermata dal portavoce del ministero della Difesa tunisino, Mohamed Zekri.
I migranti sarebbero partiti dalla Libia e il numero delle vittime potrebbe aumentare, come riferito dalla Marina militare tunisina che sta effettuando le operazioni di soccorso.
“Sono finiti sott’acqua uno ad uno. Li ho visti morire davanti ai miei occhi“, ripete Ahmed Bilal, un contadino del Bangladesh sopravvissuto al tragico naufragio. Roberto Brunelli per Agi raccoglie la sua intervista e ricostruisce la partenza del barcone.
3. Navi militari e Ong: i porti sono aperti o chiusi?
Giovedì scorso oltre 60 persone sono state salvate da due navi italiane in due distinti episodi nel Mediterraneo centrale. Nel primo una nave della Marina Italiana, la Cigala Fulgosi, ha soccorso 36 migranti a bordo di una imbarcazione in procinto di affondare. Come chiarisce la stessa Marina, l’imbarcazione si trovava a circa 75 chilometri dalla costa libica, quindi in acque internazionali.
Il pattugliatore Cigala Fulgosi ha soccorso 36 migranti a bordo di una imbarcazione in procinto di affondare. Comunicato stampa nr. 48 ► https://t.co/zrwvDbb0Bo #MarinaMilitare #NoiSiamolaMarina pic.twitter.com/xtd0r1Wbzi
— Marina Militare (@ItalianNavy) May 9, 2019
Lo stesso giorno, l’Ong Mediterranea Savings Humans annuncia tramite un tweet di aver soccorso con la nave Mare Jonio altri 29 migranti in difficoltà su un piccolo gommone nel Mediterraneo centrale.
“Abbiamo effettuato il soccorso dopo aver visto che un gommone sgonfio e che imbarcava acqua era entrato nel nostro radar, a quel punto abbiamo scritto al MRCC della Guardia Costiera di Roma chiedendo istruzioni e l’assegnazione di un porto sicuro. Non abbiamo ricevuto risposte per oltre un’ora fino a quando non abbiamo ricevuto un documento del Viminale con cui ci veniva comunicato di rivolgerci alle autorità libiche competenti. Ovviamente è impossibile considerare la Libia, un paese in guerra, un porto sicuro” dichiara Alessandra Sciurba, portavoce di Mediterranea a Vita.
Come ricostruito da Info Migrants, il ministro Salvini si scaglia prima contro la nave militare, poi con quella delle Ong, dichiarando “Io porti non ne do”.
Più tardi arriva invece la nota della presidenza del Consiglio:
“I 36 migranti che erano a bordo di una imbarcazione che stava per affondare sono stati messi in salvo dal personale della nostra Marina militare che era a bordo della nave Cigala Fulgosi e ora sono stati tutti trasferiti sull’unità Stromboli. La nave Stromboli viaggia adesso verso il porto militare di Augusta, dove i migranti verranno fatti sbarcare”.
Anche la nave Mare Jonio è riuscita a far sbarcare le persone a bordo nel porto di Lampedusa e al momento l’equipaggio non risulta indagato.
4. L’Ungheria ancora una volta al centro dell’attenzione per il trattamento riservato ai migranti
Secondo l’Unhcr le azioni compiute dall’Ungheria durante la notte del 7 maggio per costringere con la forza due famiglie afgane richiedenti asilo ad abbandonare il paese sarebbero state una grave e palese violazione del diritto internazionale e dell’UE.
“Il modo in cui sono state trattate queste famiglie, inclusa la loro espulsione dal territorio ungherese senza che fosse fatto alcuno sforzo per considerare seriamente la loro richiesta di riconoscimento dello status di rifugiati, è estremamente deplorevole,” ha dichiarato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. “Questo caso evidenzia ancora una volta la nostra preoccupazione per quanto sta accadendo in Ungheria, dove i richiedenti asilo vengono respinti non sulla base delle loro richieste, ma a causa della legislazione ungherese per cui le loro domande sono automaticamente da considerarsi irricevibili”.
Secondo la denuncia dell’Agenzia Onu, le due famiglie – quattro adulti e sette minori – detenute dal mese di gennaio in una zona di transito al confine tra Ungheria e Serbia, sarebbero state condotte in piena notte nei pressi di un valico di frontiera, e costrette a scegliere se andare in Serbia tornare in Afghanistan con un volo organizzato da Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera.
5. Cosa succede ai migranti respinti in Libia?
L’Unione europea ha aiutato ad addestrare la Guardia costiera libica per pattugliare le sue acque e bloccare il flusso di migranti in partenza dalle sue coste. Ma cosa succede a quelli catturati e rimandati nei campi di detenzione in un paese devastato dalla guerra?
La giornalista Sally Hayden racconta come le migliaia di persone intrappolate nei campi di detenzione corrano il rischio di scivolare verso condizioni sempre più precarie man mano che la guerra civile del paese si intensifica. Anushka Asthana in un’audiointervista per il Guardian.
La guerra in Libia non mette a rischio solo i migranti incarcerati – oltre a quelli detenuti, in Libia ci sono più di 600.000 migranti, rifugiati e richiedenti asilo. I giornalisti Francesca Mannocchi e Alessio Romenzi hanno visitato una scuola diventata rifugio per i migranti evacuati dalle zone di guerra.
6. Sul rapporto tra povertà e migrazioni
Non sono i più poveri della terra a rischiare la vita sui barconi. Sembra quasi un paradosso, ma se si escludono i paesi afflitti dalle guerre, i 100 milioni di migranti che nel mondo si sono spostati negli ultimi 25 anni provengono dalla classe media. Per data Room Milena Gabanelli e Simona Ravizza analizzano il rapporto tra povertà e immigrazione scoprendo che si parte di più da quei paesi dove il reddito consente di consente di affrontare le spese di viaggio.
⛔️✍️ LA "GOBBA MIGRATORIA".
Probabilmente il dato meno conosciuto (o più ignorato): a migrare di più non sono i più poveri, ma chi è a un livello leggermente più alto di sviluppo.
Con lo sviluppo l'emigrazione prima *aumenta*, raggiunge un picco, e solo dopo inizia a scendere. pic.twitter.com/AQD74l2CAX
— Matteo Villa (@emmevilla) May 13, 2019
Il rapporto tra povertà, sviluppo e migrazione è da sempre spinoso. Il professor Maurizio Ambrosini aveva messo a confronto per Open Migration la retorica dell’“aiutiamoli a casa loro” con i fatti, spiegandoci cosa potrebbe succedere se a prevalere fosse la visione degli aiuti ai paesi in via di sviluppo come antidoto all’immigrazione.
7. Ancora tra i reclusi di Lesbo
Migliaia di persone vivono ammassate in tende, suddivise in base al gruppo etnico di appartenenza. Siamo a Moria, sull’isola di Lesbo, il centro per migranti tristemente noto per le terribili condizioni in cui versa e per i problemi di salute delle persone che ospita. Tra gli assistiti dall’International Rescue Committee il 64% soffre di depressione, il 60% ha pensieri suicidi e il 29% ha provato a togliersi la vita. Marianna Karakoulaki ci aveva raccontato i loro sogni, le speranze e la realtà che invece sono costretti a vivere.
Nello Scavo per Avvenire torna tra i reclusi di Lesbo, fuggiti dall’Afghanistan e ora a rischio rimpatrio proprio nel paese sconvolto dalla violenza dei Taliban.
8. In Sicilia tra i volontari che aiutano la comunità di migranti LGBTI
“Quando i vicini hanno scoperto la mia omosessualità, hanno messo la mia foto su tutti i social media, la polizia mi stava inseguendo. Dovevo partire presto o sarei finito in prigione. Anche la mia famiglia mi ha abbandonato“. A parlare è Michael Fuwobiri, ventitreenne originario della Nigeria e attualmente in Sicilia.
Da quando la nuova legge voluta dal ministro Salvini ha abolito la protezione umanitaria per coloro che non sono direttamente interessati da conflitti o calamità naturali, le persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e intersessuali che fuggono dalle persecuzioni nelle loro terre d’origine rischiano di non vedersi riconosciuta nessuna protezione. Ad aiutarli un piccolo gruppo di volontari dello sportello La migration, Stefani D’Ignoti ci racconta la loro storia su The New Humanitarian.
9. Il Gesto del Cardinal Krajewski riaccende le attenzioni sulle occupazioni abitative a Roma
Il tesoriere apostolico, il cardinale Konrad Krajewski, è sceso nel sottoscala di uno stabile occupato a Roma al fine di riattivare la fornitura di energia elettrica per le circa 450 persone – oltre 100 bambini – che vivono nell’edificio abbandonato. Secondo il Guardian, che riporta la notizia, il Cardinale pienamente consapevole delle possibili conseguenze legali avrebbe definito il suo un “gesto di disperazione”. Come ricorda Flavia Perina su Linkiesta, quello del Cardinale è un gesto inaspettato e spiazzante, che però risolve – almeno temporalmente – una situazione che rischiava di compromettere la salute degli abitanti del palazzo. Come vi avevamo raccontato su Open Migration, Roma è l’unica capitale europea a non avere un piano d’accoglienza per i migranti, con Eleonora Camilli e Federica Mameli avevamo incontrato alcuni degli abitanti delle occupazioni storiche della capitale.
10. Una riflessione sulla Spagna post voto
La Spagna è stata a lungo un’eccezione nel panorama europeo per quanto riguarda la presenza sulla scena politica di movimenti nazionalisti e di estrema destra. Le ultime elezioni hanno però visto Vox, partito apertamente misogino, xenofobo e islamofobo, arrivare in Parlamento con il 10% dei voti. Nel 2018 la Spagna è stata il paese con il più alto numero di arrivi di migranti in Europa, cosa significa per loro questo risultato? Aasim Saleem su Info Migrants prova a spiegarcelo.
Immagine di copertina via Alarm Phone