Che cosa ci dicono davvero i dati sulla crisi dei rifugiati?
Le migrazioni e la crisi dei rifugiati si raccontano e discutono sempre più sulla base di numeri e dati: quanti sono arrivati in Europa? Quanti hanno invece perso la vita nel disperato viaggio attraverso il Mediterraneo? Diventa quindi cruciale interrogarsi seriamente sulla qualità e la completezza dei dati su cui si basano politiche ed opinioni pubbliche. Questo studio curato dal Global Migration Data Analysis Center dell’IOM è un ottimo punto di partenza.
Raccontare la vita in un campo per rifugiati attraverso gli acquerelli
Ci sono tanti modi per raccontare una storia, ed alcuni sono più belli degli altri. George Butler è un “illustratore di reportage” che (per il quotidiano inglese Guardian) ha visitato i campi profughi greci e serbi armato di inchiostro, pennelli ed acquerelli ed ha provato a mettere su tela la vita quotidiana in quelle caotiche tendopoli, le speranze ed i sogni infranti di coloro che vi sono approdati dopo essere scappati da guerre e persecuzioni, la rabbia di chi non ce la fa a restare a guardare.
Fare del bene facendo profitto: un modello imprenditoriale dalla Norvegia
In Italia si è purtroppo fatto un gran parlare del cosiddetto “grande affare dei rifugiati” e cioè di quel vero e proprio “business della malaccoglienza” che ha permesso a imprenditori e politici senza scrupoli di arricchirsi a scapito di rifugiati e richiedenti asilo. La nostra esperienza non deve però portare a pensare che non sia possibile implementare modelli virtuosi di accoglienza su base imprenditoriale (in cui si fa profitto, ma facendo del bene): ecco la storia di due fratelli norvegesi che stanno diventando milionari grazie al loro progetto di ospitalità.
In Germania il primo giornale fatto dai rifugiati per i rifugiati
Si chiama Abwab, che in Arabo vuol dire “porta”, ed è il primo giornale ad essere realizzato apposta per i rifugiati dai rifugiati. A crearlo è stato infatti Ramy Alasheq, che dopo essere scappato dalla Siria ed aver trovato rifugio in Germania, ha deciso di provare ad aiutare coloro che arrivano adesso in Europa mettendo a disposizione il maggior numero di informazioni possibili in un linguaggio a loro comprensibile. A lavorarci (a distanza, tramite Skype e Dropbox) una squadra di rifugiati siriani, iracheni e turchi. La storia per intero la leggete qui.
Uno lo compri, uno lo regali: come WakaWaka porta elettricità ai rifugiati
Come fare luce sulla crisi dei rifugiati? Una compagnia olandese – il cui nome, Waka Waka, significa in Swahili “splendi luminoso” – ci sta provando con un’idea… brillante: per ogni caricatore portatile a energia solare che viene acquistato, un altro è inviato alla ONG International Rescue Committee e quindi donato a un rifugiato. In aggiunta, è stata avviata una “selfie-competition”: per ogni “selfie” ad occhi chiusi contenente l’hashtag #ShareTheSun che verrà condiviso su Instagram o Twitter, la compagnia donerà 1000 lampadine al LED per portare la luce dove ce n’è più bisogno.
Le deportazioni dell’America Latina: una vergogna made in USA
Bambini, donne, famiglie. In fuga da violenza e persecuzioni, fame e povertà. Non importa, perché negli Stati Uniti non conta niente chi sei, da dove vieni, da cosa scappi: aver attraversato illegalmente il confine basta a chiarire una volta per tutte che non hai diritto a niente. Il Dipartimento per la Sicurezza Interna continua infatti impietosamente ad attuare il proprio massiccio programma di irruzioni casalinghe e conseguente deportazioni, rispedendo nei rispettivi paesi di provenienza – e sopratutto Guatamela, Honduras, El Salvador – centinaia e centinaia di potenziali rifugiati. Un editoriale del New York Times denuncia esplicitamente questa pratica del governo statunitense.
Le buone ragioni per abrogare il reato di clandestinità
Mentre il Governo italiano temporeggia ancora sull’abrogazione del reato di immigrazione clandestina, l’Associazione Studi Giuridici per l’Immigrazione ci propone una rigorosa riflessione sui motivi per cui questo ritardo è tanto insopportabile. Ad esempio, lo sapevate che l’odioso reato è stato introdotto nel nostro ordinamento per eludere gli obblighi derivanti all’Italia dall’appartenenza all’Unione Europea? E che la comunità scientifica è unanime sull’assoluta inutilità della fattispecie?
Lo stato dell’arte della Commissione d’Inchiesta su CIE, Cara e accoglienza
E’ passato più di un anno dalla creazione della Commissione d’Inchiesta su CIE, Cara e sistema d’accoglienza. A che punto sono i lavori e che quadro emerge? Questa analisi a cura dell’Associazione Diritti e Frontiere ci offre interessanti spunti di riflessione sulle politiche italiane in materia di accoglienza – passate, presenti e forse future.
La relocation dell’Unione Europea? Un flop, dicono i numeri.
Dopo mesi di dibattiti, incontri e altisonanti dichiarazioni comuni dei leaders europei su come gestire la crisi dei rifugiati, c’è un numero che la dice lunghissima sulla capacità di reazione delle istituzioni europee: 272. Tale è infatti – secondo le statistiche ufficiali della Commissione Europea – il (misero) numero di richiedenti asilo che sono stati re-locati dal paese d’arrivo a un altro dell’area UE sui 160.000 annunciati. A questo punto, si può senz’altro dire che le politiche di relocation dell’Unione Europea sono state un flop.
A bordo di MOAS, la nave che salva migliaia di vite in mare
Il 2015 è stato l’anno del record assoluto: mai così tante persone avevano perso la vita tentando di attraversare il Mediterraneo. Se prima la zona maggiormente interessata dal fenomeno era quella del Sud (dalle coste italiane a quelle libiche), oggi si assiste ad una drammatica crescita di traversate e conseguenti morti nello stretto di mare che separa la Turchia dalla Grecia. La Migrant Offshore Aid Station (MOAS) – la nave di salvataggio dei due filantropi italo-americani Chris e Regina Catambrone, che già dal 2014 salva migliaia di vite in mare – ha quindi spostato la sua base operativa nella piccola isola greca di Agathonisi. Questo bel reportage di Patrick Kingsley per il Guardian racconta com’è la vita su quella barca, in mezzo a quel mare.