1. Il caso Sea Watch e i suoi strascichi giudiziari
Dopo 17 giorni in mare in attesa dell’assegnazione di un porto, la capitana dell’imbarcazione Sea Watch – Carola Rackete – ha fatto rotta su Lampedusa e ha attraccato.
“Nessuno ci ha dato risposte, nessuno si è assunto le proprie responsabilità, ora tocca a noi”, aveva scritto su Twitter.
Nella manovra di avvicinamento la nave ha speronato una nave della guardia di Finanze – vicenda che il Ministro Salvini non ha tardato a definire atto di guerra – e per questo ora il procuratore Luigi Patronaggio le contesta i reati di rifiuto di obbedienza a nave da guerra, resistenza o violenza contro nave da guerra e navigazione in zone vietate.
“Credevo che la motovedetta si spostasse, non volevo colpirli”, ha ribadito durante l’interrogatorio al giudice per le indagini preliminari Alessandra Vella.
In attesa dell’esito del processo, la ragazza tedesca dovrà passare ancora una notte agli arresti domiciliari, mentre il suo caso diventa sempre più spinoso anche dal punto di vista delle relazioni estere: “Alla fine di un procedimento tipico di uno Stato di diritto, dal nostro punto di vista può esservi soltanto il rilascio di Carola Rackete: lo chiarirò ancora una volta all’Italia», ha scritto su Facebook il ministro degli esteri tedesco Heiko Maas, aggiungendo “il mercanteggiamento sulla redistribuzione dei migranti è indegno e deve finire”.
Intanto Gianluca Dotti su Wired ha provato a smontare le varie bufale sul conto della giovane comandante tedesca.
2. Una precisazione sui porti chiusi
Comunque la si pensi sulla vicenda Sea Watch, un dato appare subito chiaro, quello cioè che mostra come senza clamore centinaia di migranti sono sbarcati in questi giorni a Lampedusa.
“Ci sono due tipi di sbarchi: gli sbarchi fantasma di cui nessuno parla, poi arrivano le ong e si scatena il finimondo, si accendono i riflettori e tutti parlano di 43 persone non vedendo che nei giorni scorsi sono sbarcate 200 persone” ha dichiarato il sindaco Martello al Fatto Quotidiano. Mentre – secondo quanto riportato dall’Huffington Post – nella giornata di domenica sarebbero sbarcati 20, tunisini, nelle prime ore della giornata, e 30 migranti di origine tunisina nella tarda serata.
Come ricorda Lorenzo Tondo sul Guardian, intanto, il numero di richiedenti asilo rispediti in Italia dagli altri paesi Ue in base al Regolamento di Dublino è triplicato in cinque anni.
3. Nei centri libici si muore nell’indifferenza generale
Poca acqua e quasi niente cibo, ammassati per mesi in pieno deserto in centri dove le condizioni igienico-sanitarie sono del tutto assenti e si vive tra vermi, escrementi e spazzatura: così sono morte oltre venti persone da settembre nel centro di Zintan.
“La nostra vita peggiora terribilmente di giorno in giorno”, racconta all’Associated Press un migrante eritreo tra i 700 detenuti nel centro di detenzione gestito da una delle milizie libiche in un complesso dominato da un hangar vicino alla città occidentale di Zintan.
Intanto gli avvocati dei sopravvissuti accusano le agenzie umanitarie dell’Onu di aver “chiuso un occhio” davanti a quanto accadeva o di avere “risposto con troppa lentezza”.
4. Poste Italiane comunica l’obbligo di aprire conti correnti ai richiedenti asilo
“Al fine di consentire una maggiore inclusione finanziaria, i soggetti richiedenti protezione internazionale possono richiedere l’apertura di un Conto di Base esibendo il solo permesso di soggiorno provvisorio, senza l’obbligo di esibire, congiuntamente al permesso, il proprio passaporto quale documento di riconoscimento”. Lo comunica poste Italiane in una nota inviata a tutte le filiali, che prova a mettere fine alle discrezionalità del caso.
Un permesso di soggiorno per “Richiesta asilo” o “Dublino” in corso di validitàconsentirà di aprire e gestire un Conto Base Bancoposta, anche se non è accompagnato dal passaporto. Va, infatti, considerato come “unico e valido documento di riconoscimento”, mentre come scrive Agi, il permesso di soggiorno provvisorio “sarà considerato valido documento di riconoscimento del cliente che intenda aprire un conto corrente limitatamente a richieste di apertura del conto di base”.
5. In Danimarca la pena è doppia se commessa nei quartieri a maggioranza straniera
Si chiama legge anti-ghetto e promette di porre fine ai reati commessi nelle “società-parallele”, quei quartieri ghetto dove cioè vivono in maggioranza cittadini di origini straniera. Come? Con pene raddoppiate nei quartieri e nelle aree dove la popolazione straniera è in numero maggiore a quella danese. “Se commetti un omicidio in uno di questi quartieri vai incontro a 18 anni di carcere. Se invece ciò accade dall’altra parte della strada o in centro la pena sarà di 12 anni” ha spiegato l’avvocato Henrik Stagetorn. La legge è stata approvata dal governo liberale uscente anche grazie ai voti dei socialdemocratici.
6. Venti anni di carcere per aver aiutato migranti
Miguel Duarte ha 25 anni ed è sotto inchiesta in Italia dal 2018 per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, secondo i media portoghesi rischierebbe fino a 20 anni di carcere. Il ragazzo, 25 anni, laureando in fisica, era sull’imbarcazione della Jugend Rettet – la Iuventa – quando nel 2017 la nave è stata sequestrata dalle autorità italiane e Duarte è stato fermato insieme al resto dell’equipaggio.
Per media e opinione pubblica portoghese si tratterebbe di una pena decisamente sproporzionata, tanto da muovere anche l’interesse del governo di Lisbona. Il premier Costa durante una riunione a Bruxelles, avrebbe sollevato il caso con il premier Conte. “La magistratura è indipendente, il governo non può intervenire sulla vicenda” sarebbe stata la replica del primo ministro italiano.
7. Affogati nel Rio Grande, la triste morte di Oscar e Valeria
Oscar aveva 25 anni, sua figlia Valeria appena 23 mesi, tentavano di raggiungere gli Stati Uniti, li troveranno abbracciati faccia in giù nelle torbide acque del Rio Grande, morti nel tentativo di attraversare il confine.
Erano originari di El Salvador e la loro storia non è molto diversa da quella di molti altri connazionali in fuga da povertà e violenza.
Mentre monta l’indignazione e inizia il waltzer delle accuse politiche – per Trump la colpa è dei democratici – Debbie Weingarten sul Guardian chiede a tutti i genitori colpiti dramma, e se fossero nostri figli?
8. A Saluzzo nel centro per lavoratori stagionali gestito dal comune
“Faccio cose tremende, ma se non le faccio salta il banco. L’obbiettivo, quest’anno, è non lasciare nessuno per strada. Ma se non cambia la legislazione nazionale, con l’introduzione di un modello d’impiego centralizzato e statale che canalizzi l’offerta di manodopera in agricoltura, ci troveremo sempre a rincorrere le pure forze del mercato” racconta il sindaco di Saluzzo Mauro Calderoni.
Nel comune piemontese che produce mirtilli e lamponi per il ricco mercato britannico, nel 2018, Regione Piemonte, Consorzio Monviso Solidale, Caritas, Cgil, Cisl, alcune tra fondazioni bancarie e aziende decidono di riconvertire una ex caserma a rifugio per i lavoratori stagionali attratti dalla prospettiva di un lavoro garantito. Maurizio Pagliasotti per il Manifesto ci racconta di sfruttamento, lotta al coporalato e convivenza in una delle roccaforti del voto leghista.
9. Se nelle Marche il corridoio umanitario è organizzato dal Comunale
Uno dei borghi più belli d’Italia danneggiati dal terremoto che nel 2016 ha colpito il centro Italia, un gruppo di cittadini – per lo più giovanissimi – stanchi delle tragedie nel Mediterraneo e decisi a fare qualcosa per il territorio, la disponibilità dell’amministrazione comunale: sono questi gli ingredienti alla base del progetto di accoglienza pensato nel comune marchigiano di Offida.
Come riporta su Fanpage Davide Falcioni, da sabato scorso una famiglia siriana di tre persone – madre, padre e un bambino di 4 anni – fuggiti dalla guerra e a lungo rifugiati in un campo profughi in Libano saranno cittadini offidani dopo essere atterrati a Fiumicino a bordo di un normale volo di linea Alitalia, il tutto grazie a un accordo di partenariato con la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI) e l’associazione On The Road Onlus.
10. Open arms è tornata in mare
“Meglio indagati che complici” con questa dura presa di posizione annunciata tramite Twitter, Òscar Camps ha annunciato la ripresa delle operazioni di Open Arms nel Mediterraneo centrale, nonostante le politiche di porti chiusi adottate da Malta e Italia e nonostante anche la contrarietà della Spagna.
Come ricorda Saviano nel suo editoriale per l’Espresso, il lavoro di Open Arms iniziò in Turchia nel 2015: “Lesbo era a poche miglia dalla Turchia, dalla costa si vedeva morire la gente lasciata a mezza strada sui gommoni bucati e i cadaveri arrivavano a riva. Non c’era organizzazione, non c’erano mezzi, non c’era la Croce Rossa, non c’era nulla: il giorno stesso del nostro arrivo abbiamo cominciato a salvare gente a nuoto”.
E proprio a poche ore dalla ripresa delle operazioni, arrivano i primi soccorsi e le prime testimonianze, la Tunisia respingerebbe i migranti con il benestare di Italia e Malta.
Foto in copertina via Google Maps