1. Ancora un naufragio davanti alle coste di Lampedusa
Ancora morti in mare a poche miglia da Lampedusa. Sabato scorso poco prima del tramonto, a circa un miglio dalla spiaggia dell’Isola dei Conigli, una barca che non aveva richiesto aiuto né segnalato la sua posizione alla Guardia Costiera, si è capovolta a causa del mare in tempesta.
Gli uomini della Guardia costiera sono riusciti a mettere in salvo 149 persone – tra loro un bambino di nemmeno un anno – mentre risultano disperse almeno 15 persone.
Questo il video girato dalla GoPro della Guardia Costiera al momento del naufragio di sabato. No, non è un film dell'…
Gepostet von Angela Caponnetto am Montag, 25. November 2019
Intanto sono stati recuperati in mare 5 cadaveri, sono tutte donne.
“Il disastro umanitario in corso in Libia e nel Mediterraneo rappresenta un fallimento degli stati europei. [..] Queste sono le conseguenze devastanti delle politiche dell’Unione europea sulla migrazione”, ha dichiarato Michael Fark, capomissione di Msf per il Mediterraneo e la Libia.
2. Le navi delle Ong salvano oltre 300 persone
Quella appena trascorsa è stata una settimana nera per le partenze dalla Libia. Secondo i dati forniti dall’Oim oltre 600 persone sono partite quasi in contemporanea dalla Libia per arrivare in Europa anche a causa del deterioramento del conflitto nel paese nordafricano.
Grande lavoro per le imbarcazioni delle Ong, le uniche a presidiare l’area. Come racconta Annalisa Camilli, la nave Ocean Viking di Msf e Sos Méditerranée ha soccorso 215 persone, tra cui 28 donne e 66 minorenni, in tre diverse operazioni. La nave spagnola Open Arms ha soccorso 73 persone, 50 miglia a nord di Zawyia, mentre la nave dell’ong spagnola Aita Mari ha soccorso 79 persone nella zona di ricerca e soccorso maltese, 80 miglia a nord di Al Khoms.
🔴UPDATE: As 213 survivors rescued by #OceanViking are disembarking in #Messina, #MSF and @SOSMedIntl reiterate their calls to #EU governments to ensure a sustained and coordinated response to the ongoing humanitarian disaster in the #Mediterranean. https://t.co/I6TcJkWmOU pic.twitter.com/jkJvPLX1zC
— MSF Sea (@MSF_Sea) November 24, 2019
Per tutte tre le navi l’Italia ha assegnato un porto sicuro: Messina per la Ocean Vikings, Taranto per la Open Arms e Pozzallo per la Aita Mari.
Secondo Repubblica l’assegnazione dei porti di sbarco sarebbe arrivata dopo che Italia, Malta, Francia e Germania avevano richiesto alla Commissione europea di avviare l’iter per la ricollocazione dei migranti. (Ne avevamo parlato qui).
3. Lamorgese: pronte le modifiche al decreto sicurezza
“È già pronto uno schema di provvedimento, ne devo parlare in consiglio dei ministri. Posso già dire che nel testo saranno inserite modifiche connesse alle osservazioni pervenute dal presidente della Repubblica”. Con queste parole il ministro dell’Interno Lucia Lamorgese, comunica la volontà del Governo di apportare modifiche ai decreti sicurezza voluti dal suo predecessore Salvini.
Di quali modifiche si tratta? Innanzitutto – scrive Vincenzo Spagnolo su Avvenire – “rispetto al permesso di soggiorno per protezione umanitaria (abrogato dal primo decreto sicurezza e ristretto a casi ‘speciali’), il nuovo testo, in linea coi richiami del Colle, inserirà l’inciso «restano fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato», con un riferimento alla gerarchia delle leggi e, implicitamente, al diritto d’asilo (scolpito nell’articolo 10 della Carta) e alle convenzioni dell’Onu”.
Passo indietro anche sulle maxi multe alle navi umanitarie. Le multe non spariranno, ma la sanzione sarà applicata secondo principi di proporzionalità.
Il ministro ha poi annunciato la rivisitazione di un un altro dei pilatri della gestione dei flussi migratori degli ultimi anni il Memorandum of understanding siglato con la Libia nel 2017: “Sono state avviate le procedure per rimodulare i contenuti del Memorandum – ha spiegato il ministro – con l’obiettivo di migliorare le condizioni dei Centri per migranti, in vista della chiusura di quelli attualmente esistenti per giungere progressivamente a prevedere strutture gestite direttamente dall’Onu”.
4. L’Ue elogia i “progressi compiuti” per bloccare le partenze in Libia
L’ammissione di non riuscire a monitorare la cosiddetta “guardia costiera libica” e che la detenzione dei migranti è un “business redditizio” per il governo libico, tutto nero su bianco in un report di 13 pagine destinato ai vertici europei e invece trapelato e reso pubblico dal Guardian.
Nell’articolo a cura di Daniel Boffey, la ricostruzione di come si sia deciso di portare avanti il rapporto con i libici, nonostante “le condizioni dei migranti in Libia siano notevolmente peggiorate di recente per i problemi di sicurezza legati al conflitto in atto, per gli sviluppi nel business del contrabbando e della tratta e per il peggioramento della situazione nelle strutture di detenzione sovraffollate”.
Nel documento – di cui Valigia Blu riporta un’ottima analisi in italiano – si può trovare una minuziosa lista delle atroci violazioni dei diritti umani ai danni dei migranti intercettati dalle autorità libiche, ma anche elogi per “progressi compiuti” nel ridurre il numero di persone che lasciano la costa libica per l’Europa.
5. Sulla responsabilità di collaborare con la Libia
“Gli Stati individualmente e collettivamente, anche in quanto membri dell’Unione europea, hanno condotto dal 2014 una serie di azioni interconnesse che hanno reso molto più probabile l’intervento della guardia costiera libica nelle operazioni di intercettazione dei migranti nel Mediterraneo e hanno quindi fatto aumentare le probabilità che siano riportarti in Libia. Questo è stato fatto nonostante gli Stati sapessero, o avrebbero dovuto sapere, che lì i migranti sono spesso sottoposti a tortura, maltrattamenti e altre gravi violazioni dei loro diritti”.
Sono gravissime le accuse contenute in una memoria depositata alla Corte di Strasburgo dalla commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatovic in un procedimento che vede l’Italia sul banco degli imputati insieme all’Unione Europea.
Il ricorso fa riferimento ad un’operazione condotta il 6 novembre 2017, quando un gommone con 150 persone a bordo è stato intercettato dalla nave Ras Jadir della guardia costiera libica. Con le sue manovre la nave causò la morte di numerosi migranti, ora 17 sopravvissuti accusano l’Italia, non solo per quanto è accaduto in mare, ma anche delle sofferenze causate a coloro che sono stati ricondotti in Libia.
Intanto l’Italia ripara altre tre motovedette delle milizie costiere della Libia per fermare i migranti.
6. L’Asgi chiede maggiore chiarezza sul “Fondo Africa”
Come vengono utilizzati i soldi stanziati dall’Italia e impiegati in Libia? A chiederlo è l’Asgi attraverso una richiesta di accesso civico, a dover rispondere è invece il governo italiano che ora ha 30 giorni di tempo per spiegare come sia stato usato un milione di euro erogato dall’Italia all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati “per un’azione straordinaria di evacuazione verso il Rwanda di richiedenti asilo e rifugiati detenuti nei campi di detenzione in Libia”.
“Rifugiati e richiedenti asilo dovrebbero essere portati dalla Libia in Rwanda e qui dovrebbero essere processate le loro domande di asilo, per poi farli partire nei vari paesi dell’Unione europea che hanno aderito all’accoglienza” spiega Giulia Crescini di Asgi, la paura dell’associazione è che, come già visto in Niger, le persone corrano il rischio di rimanere sospese in un paese terzo.
7. Ancora proteste nel Cpr di Torino
Un nuovo incendio è scoppiato nel Cpr di Torino nel corso della notte tra il 24 e 25 novembre scorso, rendendo inagibili vaste aree della struttura. Secondo la campagna LasciateCIEntrare gli uomini reclusi sarebbero costretti fuori dalle celle nonostante la fitta pioggia dei giorni scorsi, mentre continuano le proteste per le terribili condizioni di vita. Noi vi avevamo raccontato della sospensione dei diritti nel Cpr di Torino in questo approfondimento.
8. La Germania ripensa Dublino?
Valutazione obbligatoria delle richieste di asilo alle frontiere esterne, criteri come il numero di abitanti di un Paese e la sua forza economica su cui costruire un un sistema più equo per la ripartizione dei profughi, stop assoluto ai movimenti secondari dei migranti da uno Stato membro all’altro: sono questi in sintesi i tre pilastri per la riforma del Sistema di asilo europeo proposti dal governo di Berlino per ora in maniera informale.
9. Il governo greco annuncia di voler sostituire i campi profughi con strutture chiuse
Il governo greco guidato da Kyriakos Mitsotakis, ha annunciato che intende sostituire i campi profughi per migranti presenti in diverse isole greche con centri di detenzione chiusi
Secondo i piani presentati mercoledì dal portavoce del governo Stelios Petsas e dal vice ministro della Difesa Alkiviadis Stefanis, i nuovi centri ospiteranno tra le mille e le cinquemila persone e andranno a sostituire le strutture esistenti, compreso il tristemente noto campo di Moria a Lesbo.
Per la rivista Politico al momento sulle varie isole greche vivono 37mila migranti a fronte dei 7.000 posti nelle strutture ufficiali, ma l’idea di detenere i migranti in strutture chiuse cozza con il diritto internazionale.
Amnesty International è “preoccupata” per la decisione del primo ministro greco, Kyriakos Mitsokatis, di trasferire in strutture chiuse i migranti presenti nei campi di Lesbo e di altre isole. Dello stesso avviso l’International Rescue Committee: “la creazione di strutture chiuse significherà che persone estremamente vulnerabili, compresi bambini, saranno tenuti in condizioni simili a quelle carcerarie, senza aver commesso alcun crimine”.
10. Ci sono davvero opzioni diverse dal tentare la fortuna sul fondo di un camion?
Il 23 ottobre, 39 cadaveri sono stati trovati nel retro di un camion frigorifero in un parco industriale nell’Essex, si trattava di migranti vietnamiti che tentavano di raggiungere in maniera irregolare il Regno Unito. Essere contrabbandati in un camion può essere letale, perché allora così tante persone hanno deciso di rischiare la vita?
Katy Fallon lo ha chiesto ai migranti intrappolati a Calais, ecco le loro risposte in questo interessante approfondimento per Al Jazeera.