1. Meloni e Piantedosi a Tripoli per il forum sull’immigrazione
La presidente Giorgia Meloni e il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi si sono recati a Tripoli, in Libia, per partecipare al forum sull’immigrazione. Tra i temi principali l’arci noto tentativo di “fermare gli sbarchi”, pur continuando a collaborare con le autorità libiche – che continuano a violare i diritti fondamentali delle persone migranti – e senza garantire vie di accesso legali sicure.
“La nostra colpa è di non comprendere che i fatti storici non sono soltanto fatti, ma sono intrisi di umanità. I migranti sono vittime di poteri spietati di cui l’Europa è alleato e sostegno. Loro, fuggendo, ingaggiano una lotta con una realtà concreta. Noi da questa parte del mare lottiamo con entità immaginarie, fantasmi generati dalle propagande politiche e questi fantasmi sono reali almeno per noi. Sono intoccabili, invincibili perché sono in noi stessi. Carità? Pietà? Diritti umani? Dopo tredici anni siamo ancora qui con i malinpiastrati piani Mattei? Queste parole sono ormai guaste e corrotte e traviate. Si fanno accordi con i veri, grandi scafisti, presidenti e satrapi, che creano i migranti con la miseria, la corruzione, la violenza perché poi ne traggono, da noi, utile economico e immunità politica”, scrive il giornalista Domenico Quirico su La Stampa.
La Libia continua a non essere un Paese sicuro, le persone migranti subiscono torture e violenze nei centri di detenzione – finanziati lautamente da Italia e Ue – in cui sono costrette a rimanere.
2. La Tunisia attacca le persone migranti in mare
Il 19 giugno la Tunisia ha dichiarato la propria zona di “ricerca e soccorso”. Tuttavia più che di “soccorso”, si tratta di veri e propri attacchi alle persone migranti in mare che tentano di attraversare il Mediterraneo.
“Nei fatti, si tratta di un tassello fondamentale per l’Unione Europea e i singoli Stati membri, impegnati da anni nel tentativo di esternalizzare le proprie frontiere marittime e affidare a paesi terzi il controllo del fenomeno migratorio. Nel corso degli anni Bruxelles e l’Italia in particolare hanno fornito mezzi, equipaggiamenti e tenuto corsi di formazione alla Garde nationale tunisina, il corpo securitario che si occupa delle operazioni marittime, per aumentare le capacità d’intervento e intercettazione. Oggi, in quel tratto di mare, anche attraverso le forniture messe a disposizione dalla sponda nord del Mediterraneo si moltiplicano le denunce nei confronti delle autorità di Tunisi, accusate da più parti di pratiche violente che hanno portato in alcuni casi alla morte diretta o indiretta di persone migranti di origine subsahariana. Accuse che vanno avanti da più di un anno, almeno da quando la Tunisia ha superato la Libia per numero di partenze lungo la rotta del Mediterraneo centrale”, scrivono i giornalisti Matteo Garavoglia e Nissim Gastelli su Il Manifesto.
E ancora: “la Guardia Nazionale Tunisina 2, come la cosiddetta guardia costiera libica, invece che effettuare operazioni di ricerca e soccorso, nella maggior parte dei casi infligge gravi violenze, abusi e violazioni dei diritti umani alle persone che dovrebbe soccorrere – documentate anche dalla recente inchiesta di Irpi Media; spesso sono queste stesse operazioni a causare naufragi, a uccidere le persone, a lasciarne dispersi i corpi”, scrive Nicoletta Alessio, esperta di politiche migratorie, su Melting Pot Europa, citando il nuovo rapporto di Alarm Phone, “Mare Interrotto”.
3. Stop all’esternalizzazione delle frontiere e dell’asilo
Il 9 luglio, quasi 100 Ong hanno pubblicato una dichiarazione congiunta in cui hanno esortato l’Ue e i suoi Stati membri a salvaguardare il diritto all’asilo territoriale in Europa.
“I firmatari, tra cui l’ong Ecre (Consiglio Europeo per i Rifugiati), condannano i recenti tentativi dell’Ue di eludere le proprie responsabilità in materia di asilo esternalizzando l’elaborazione dell’asilo e la protezione dei rifugiati, il che, a loro dire, rischia di minare il sistema di protezione internazionale”, scrive l’Ecre.
E ancora: “Ovunque siano stati tentati questi schemi [di esternalizzazione], ci sono state violazioni dei diritti, ponendo innumerevoli persone in una prolungata detenzione arbitraria e in un insopportabile limbo legale, negando loro fondamentali tutele e garanzie […], mentre costano ai contribuenti somme esorbitanti”, ha scritto la portavoce dell’organizzazione per l’immigrazione e l’asilo presso l’Ue, Olivia Sundberg Diez, la quale ha anche respinto i tentativi dei decisori politici di presentare l’esternalizzazione come “innovativa”.
4. Bisogna iniziare a parlare di immigrazione “irregolarizzata” più che di immigrazione “irregolare”
Il Centre for European Policy Studies (Ceps), un think tank di ricerca che si occupa di analizzare le politiche europee, ha pubblicato un policy brief inerente al modus operandi adottato fino ad ora dalla Commissione Ue in tema di immigrazione. Secondo il Ceps, collocare le migrazioni sotto la lente della “sicurezza” ha implementato non solo l’irregolarizzazione delle persone migranti ma la loro esclusione, in contrasto con le normative Ue che proteggono i diritti fondamentali.
“Alcune mobilità umane sono acriticamente intese come un problema di insicurezza all’interno delle politiche migratorie dell’Ue […]. Particolare attenzione viene data a individui provenienti da determinati Paesi e regioni da cui provengono le persone richiedenti asilo o a comunità che sono strutturalmente discriminate a causa delle loro origini (come le persone di etnia Rom). Ciò mette in discussione il rispetto da parte della Commissione del suo stesso Piano d’azione UE contro il razzismo 2020-2025, che richiede di affrontare la discriminazione istituzionalizzata. Le attuali politiche dell’Ue non sono in grado di sostenere condizioni di lavoro dignitose per tutti i lavoratori”, si legge nel documento.
E ancora: “l’approccio dell’Ue agli affari interni e alla criminalizzazione è un prodotto diretto delle origini intergovernative della cooperazione europea sulla limitazione della libera circolazione all’interno dell’area Schengen. Queste politiche hanno giocato un ruolo chiave nello spingere persone con legittime richieste di mobilità e di asilo verso lo status di irregolari. Perseguono una logica di applicazione della legge che riduce gli individui a soggetti espellibili, senza alcun potere e diritti”.
5. Donne migranti prese a cinghiate
Il caso delle donne senza documenti che cercavano di raggiungere la Francia e che sono state frustate in un video ha dato il via a una ricerca internazionale del violento colpevole.
“In un video ampiamente diffuso e pubblicato su Facebook la scorsa settimana, si vede un camionista che costringe un gruppo di persone migranti, tra cui alcune giovani donne, a scendere dal suo camion, sul lato italiano del confine con la Francia, frustandoli con una cinghia con punta d’acciaio. Si ritiene che circa 12 persone si fossero nascoste nel veicolo, molto probabilmente nel tentativo di raggiungere la Francia. Il questore della provincia di Imperia, in cui si trova la città di confine italiana di Ventimiglia, Nicola Lo Iacono, ha avviato le ricerche a livello internazionale del camionista bulgaro immortalato nel video. Lo ha reso noto la prefettura a margine di una riunione del comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico”, riporta Info Migrants.
E ancora: “Quel video fa male”, ha detto Serena Regazzoni, responsabile della sezione migrazioni di Caritas Intemelia. “Negli ultimi giorni abbiamo notato più persone di passaggio: bambini e donne molto giovani. La mancanza di un campo di accoglienza continua a essere un problema”.
6. I nostri nuovi articoli su Open Migration
Dall’onda lunga della Brexit fino agli impegni programmatici. Angelo Boccato analizza per Open Migration quali potrebbero essere le scelte del nuovo governo laburista sul tema dell’immigrazione.
Foto copertina via Twitter/Melting Pot Europa