1. Salta l’accordo Ue-Tunisia
Il presidente tunisino Kais Saied ha rifiutato il sostegno finanziario annunciato dall’Unione Europea a settembre, affermando che l’importo è ridotto rispetto a quanto siglato nell’accordo di tre mesi fa.
“Il mese scorso la Commissione europea ha dichiarato che avrebbe erogato 127 milioni di euro di aiuti finanziari alla Tunisia come parte dell’accordo per contrastare i flussi migratori. […]. L’accordo di luglio prevedeva l’importo di 1 miliardo di euro in aiuti alla Tunisia come contributo per sanare problemi inerenti alla crisi economica”, riporta Reuters. Infatti, riporta Amine Bouzaiene, ricercatrice in equità sociale e fiscale, intervistata da Inkyfada, “[…]Negli ultimi tre decenni, i servizi pubblici hanno purtroppo subito un calo significativo, in particolare nei settori della sanità e dell’istruzione”. Salta quindi anche uno degli obiettivi principali di questo partenariato ossia il contrasto ai flussi migratori verso l’Europa, tuttavia ciò non dovrebbe sorprendere dato che al terzo comma dello stesso Memorandum firmato dall’Ue c’è scritto che la Tunisia controllerà solo le proprie frontiere, senza fare il “cane da guardia” dell’Ue.
“Molti sono arrivati qui dopo che a settembre hanno sgomberato la piazza in centro a Sfax. Tanti altri hanno vissuto le deportazioni di luglio nel deserto – riporta il giornalista Matteo Garavoglia su Il Manifesto intervistando Jordan, arrivato in Tunisia da due anni dopo avere attraversato tutto il Nord Africa dalla Guinea – la situazione sta diventando ingestibile. Subiamo violenze quotidiane sia da parte dei tunisini che della polizia”.
2. Altre due sentenze bocciano il decreto anti-migranti del governo
Due nuove sentenze smontano il Decreto Piantedosi: una proviene dal Tribunale di Catania l’altra dal tribunale di Firenze.
“Nel respingere i trattenimenti nel centro di permanenza di Pozzallo, per il giudice Rosario Maria Annibale Cupri preme sottolineare che il trattenimento deve considerarsi misura eccezionale e limitativa della libertà personale e che la misura del trattenimento deve essere regolata e adottata sempre nei limiti e secondo le previsioni del diritto comunitario. Ne consegue, come ha anche evidenziato la Corte Costituzionale, che la normativa interna incompatibile con quella dell’Unione va disapplicata dal giudice nazionale”, si legge su Catania Today.
Per quanto concerne Firenze: “il presidente della sezione immigrazione del tribunale di Firenze, il magistrato Luca Minniti, ha dato ragione a un richiedente asilo di nazionalità tunisina e ha dato torto invece al ministero dell’Interno che “non ha preso in dovuta considerazione gli elementi di grave crisi socio economica, sanitaria, idrica, alimentare e politica che hanno recentemente riguardato la Tunisia”, categorizzando quindi il Paese nordafricano come “nons sicuro” riporta il giornalista Gaetano De Monte su Domani. “[…]Oggi il ministero dell’Interno italiano considera “sicuri” 16 paesi, tra cui la Tunisia, dove però il presidente Kais Saied ha progressivamente smantellato lo stato di diritto, accentrato i poteri e imprigionato i suoi oppositori politici”, riporta Il Post.
3. 10 anni dalla strage di Lampedusa
Il 3 ottobre è stata la giornata di commemorazione delle oltre 300 persone che, nel 2013, hanno perso la vita al largo delle coste di Lampedusa.
Basta morti invisibili
A Lampedusa parte il corteo per il decennale della strage del 3 ottobre 2013. pic.twitter.com/jlfZY4OJyr
— Eleonora Camilli (@EleonoraCamilli) October 3, 2023
“La notizia del naufragio fu ripresa in tutto il mondo e i giornali italiani ne parlarono per settimane. Anche in seguito a quelle attenzioni, due settimane dopo il naufragio l’allora governo italiano guidato da Enrico Letta avviò una operazione militare per soccorrere i migranti che cercavano di raggiungere l’Italia via mare, chiamata Mare Nostrum”, si legge su Il Post. Dopo un decennio, nulla è cambiato nelle politiche migratorie Ue e i decessi non hanno fatto altro che aumentare:
All'alba del 3 Ottobre 2013, a pochi metri dalla spiaggia dei conigli a Lampedusa, 368 persone hanno perso la vita in uno dei più tragici naufragi del Mediterraneo.
Da quel giorno in Italia si sono succeduti governi e parlamenti, ma in mare si continua a morire.
28.000 morti… pic.twitter.com/eIAmiHxjfR
— Open Arms IT (@openarms_it) October 3, 2023
“Un decennio dopo, la risposta dell’Ue alle traversate marittime è ancora segnata dall’inerzia, dall’apatia e dall’ostilità”. Inoltre, “[non esiste] una missione navale statale focalizzata sul salvataggio di vite umane nel Mediterraneo centrale, e le iniziative di ricerca e soccorso volontarie [da parte di Ong] sono continuamente ostacolate dai governi”, riporta il ricercatore Matteo De Bellis su Eu Observer.
4. Persone picchiate, derubate, umiliate alle frontiere Ue
In un nuovo rapporto di Protecting Rights At Borders (Prab, una coalizione formata da più Ong europee, tra cui l’Asgi) emerge l’utilizzo dei respingimenti illegali alle frontiere Ue come metodo ormai consolidato per la gestione delle frontiere. Il rapporto si focalizza in particolare sui Paesi: Bielorussia, Italia, Grecia, Lituania, Croazia e Polonia.
“Dal 1° maggio al 31 agosto 2023, in tutta Europa, sono stati documentati 9.515 episodi di respingimento”, si legge nel rapporto. “In Italia, una nuova tendenza osservata durante il periodo di segnalazione da Asgi e dalle altre organizzazioni consiste nelle espulsioni da parte delle autorità italiane basate su difformità tra i dati personali contenuti nel “refus d’entrée” emesso dalle autorità francesi e quelli registrati al momento della prima entrata in Italia. Sono state emesse espulsioni anche per persone provenienti da paesi non sicuri come l’Afghanistan, l’Eritrea, il Sud Sudan e il Sudan. Nelle province di Imperia e Torino (che includono, rispettivamente, Ventimiglia e Oulx) sono stati registrati numerosi casi in cui ai richiedenti asilo ai fini della presentazione della loro domanda venivano richiesti documenti non previsti dalla legge, come passaporti e dichiarazioni di ospitalità” scrive l’Asgi nel rapporto.
“Sono arrivato in volo in Turchia e da lì ho iniziato a camminare. Ero con due miei amici. Siamo stati in Turchia per circa un mese e mezzo. […] Poi siamo arrivati in Grecia […]. La polizia greca ci ha picchiato e preso tutti i nostri bagagli e i nostri soldi […]”, riferisce un cittadino marocchino.
5. L’esodo armeno dal Nagorno-Karabakh
Nel giro di sole due settimane, più di 100.000 persone – su una popolazione stimata di circa 120.000 – sono fuggite dal Nagorno-Karabakh per l’Armenia.
‘This time the relocation is permanent’: my piece about the Armenian exodus from Nagorno-Karabakh for @newhumanitarian https://t.co/4mGgrUOTWs
— Astrig Agopian (@astrigag) October 5, 2023
“Il territorio, all’interno dei confini dell’Azerbaigian ma controllato dai separatisti armeni dalla fine dell’Unione Sovietica nel 1991, è caduto nelle mani delle truppe azere in seguito a un’offensiva fulminante il 19 settembre, preceduta da un blocco di nove mesi che privò la zona di rifornimenti. Secondo le Nazioni Unite, nel Nagorno-Karabakh potrebbero essere rimasti da 50 a 1.000 armeni”, scrive la reporter Astrig Agopian sul New Humanitarian. “L’esodo dal Nagorno-Karabakh è iniziato quasi immediatamente dopo che le forze azere hanno preso il controllo della regione […]. Molti armeni fuggiti dal Nagorno-Karabakh non hanno parenti in Armenia e non hanno nessun posto dove andare. Dipendono completamente dagli aiuti umanitari sia per l’assistenza di emergenza che per il sostegno a lungo termine, poiché la maggior parte di loro ha perso i propri mezzi di sussistenza”.
“L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) ha riferito che molti di coloro che hanno cercato rifugio in Armenia hanno intrapreso viaggi ardui, spesso camminando per giorni e trovando rifugio in grotte o scantinati, sopportando condizioni estremamente difficili”, riportano le Nazioni Unite.
6. I nostri nuovi articoli su Open Migration
A Bruxelles, un gruppo di richiedenti asilo ha deciso di piantare le tende in una delle piazze più importanti della città. La decisione è nata per protestare contro le politiche di accoglienza del governo belga che ormai da tempo costringe a dormire per strada circa 2.500 persone, in attesa della definizione della loro richiesta. Ce ne parla Giulia Torbidoni.
Foto via Twitter/Melting Pot Europa