1. Il Viminale blocca le navi delle Ong in mare
Le navi Ocean Viking e Humanity 1 – appartenenti alle Ong SOS Mediterranée e SOS Humanity – attendono da giorni indicazioni per poter completare l’operazione di soccorso e attraccare in un porto sicuro. A bordo delle due navi ci sono più di 400 persone tra le quali oltre 40 minori non accompagnati, ma ad attendere di poter sbarcare ci sono anche i 572 migranti, soccorsi dal team di Geo Barents nave di Medici senza frontiere.
Secondo il neo ministro dell’Interno Piantedosi le navi “non sono in linea con le norme europee e italiane in materia di sicurezza e controllo delle frontiere e di contrasto all’immigrazione illegale“.
1/4 The #Humanity1 is now in international waters off Sicily with 180 rescued people, waiting to be assigned a port of safety. So far, all 4 requests from 23-27 Oct to all relevant authorities – including rescue coordination centres in Malta and Italy – have been without success. pic.twitter.com/kjUnGSPWmT
— SOS Humanity (international) (@soshumanity_en) October 27, 2022
In risposta allo stop del Viminale, la Ong SOS Mediterranee ricorda in un comunicato stampa che “alcuni dei naufraghi hanno trascorso fino a tre giorni in mare prima di essere soccorsi dai nostri team. Mostrano segni di sfinimento, disidratazione e riportano ustioni multiple da carburante, oltre che segni evidenti delle torture e delle violenze subite in Libia” e che “la Convenzione SOLAS del 1974 e la Convenzione SAR del 1979, così come emendate nel 2004, stabiliscono che “in ogni caso” un porto sicuro (Place of Safety) deve essere fornito entro un tempo ragionevole.
I 234 sopravvissuti su #OceanViking, tra cui +40 minori non accompagnati, devono sbarcare.
Le Convenzioni SOLAS e SAR stabiliscono che "in ogni caso" un porto sicuro deve essere "fornito entro un tempo ragionevole"https://t.co/oM1g4XbCtZ
— SOS MEDITERRANEE ITA (@SOSMedItalia) October 27, 2022
2. La società civile scende in piazza contro gli accordi con la Libia
Il 26 ottobre, oltre 40 associazioni, tra cui Amnesty International, Open Arms e Oxfam Italia, sono scese in piazza Esquilino, a Roma, per protestare contro il Memorandum Italia-Libia e per chiedere che l’accordo, in scadenza il 2 novembre, non venga rinnovato.
Il diritto al soccorso è un diritto inalienabile. Siamo in piazza dell'Esquilino a Roma per ribadirlo e per ribadire NO al Memorandum Italia-Libia#nonsonodaccordo #nonsiamodaccordo pic.twitter.com/zAlCfUK0vC
— A Buon Diritto (@abuondiritto) October 26, 2022
“Se entro il 2 novembre il governo italiano non deciderà per la sua revoca, il Memorandum Italia-Libia verrà automaticamente rinnovato per altri 3 anni. Si tratta di un accordo che da ormai 5 anni ha conseguenze drammatiche sulla vita di migliaia di donne, uomini e bambini migranti e rifugiati. Dal 2017 a ottobre 2022 quasi 100.000 persone sono state intercettate in mare dalla guardia costiera libica e riportate forzatamente in Libia, un paese che non può essere considerato sicuro. Le organizzazioni chiedono al governo italiano di riconoscere le proprie responsabilità e di non rinnovare gli accordi con la Libia”, riporta Melting Pot.
Yesterday over 40 associations, human rights activists & concerned individuals came together to denounce the renewal of the Libya 🇱🇾 Italy 🇮🇹 memorandum
We all said no and we will continue to say #NonSonoDaccordo @RescueMed @amnestyitalia @SoliwRiLibya @MSF_Sea @SeaWatchItaly pic.twitter.com/XoNTfsurCd— Refugees In Libya (@RefugeesinLibya) October 27, 2022
3. Il “Grande Muro” marittimo finanziato dall’Italia sulla pelle dei migranti
L’agenzia di giornalismo investigativo IRPI, in collaborazione con Actionaid Italia, ha pubblicato un’inchiesta sull’esternalizzazione delle frontiere in Libia e i costi – circa 1 miliardo di euro – che quest’ultima comporta per l’Italia.
IrpiMedia e @ActionAidItalia hanno analizzato quanto l’Italia ha speso in Libia e Tunisia per la gestione dei flussi migratori verso l’Italia. Le foto a corredo dell’inchiesta sono di @saracreta https://t.co/54XtWCxv8U
— IrpiMedia (@irpinvestigates) October 27, 2022
“Dal primo gennaio alla fine di settembre 2022 oltre 16.600 migranti sono stati riportati indietro dalle forze marittime della Libia occidentale. Il finale è lo stesso: i passeggeri ritornano in Libia per essere nuovamente incarcerati in un centro di detenzione, in attesa di pagare di nuovo il proprio riscatto e tentare nuovamente la fortuna”, si legge nell’inchiesta.
Inoltre ciò che salta all’occhio è la scarsa trasparenza dei flussi di denaro destinati al finanziamento delle autorità libiche, tra addestramenti ed equipaggiamento: “dei 27,2 milioni di euro spesi dall’Italia – provenienti dai 44 milioni di fondi europei – è stato possibile tracciarne poco meno di quattro-quinti, circa 20 milioni, tra appalti già completati e altri in corso di assegnazione nel periodo 2019-2022. Le principali voci di spesa sono 8,3 milioni per nuovi mezzi marini (20 barche veloci di diverse lunghezze); 3,4 per mezzi terrestri (30 fuoristrada, 14 ambulanze e dieci minibus); 5,7 per ricambi e manutenzione degli assetti navali; un milione in attività di addestramento e un milione per 14 container”.
Come ricorda Altreconomia, l’Italia ha ceduto alla Libia anche altre 14 navi veloci per intercettare le persone. A curare la gara – che ha fruttato una commessa da 6,65 milioni di euro – è stata Invitalia, l’agenzia del ministero dell’Economia che dovrebbe in realtà occuparsi di “attrazione degli investimenti e sviluppo d’impresa”.
4. Condizioni disumane in un centro di accoglienza del Regno Unito
L’ispettore capo delle frontiere e dell’immigrazione, David Neal, ha aspramente criticato la qualità del servizio fornito presso il centro di prima accoglienza per migranti a Manston, nella contea del Kent, scrive Info Migrants.
Appalling conditions observed at UK migrants center
The Manston centre currently holds 3,000 people, three times more than it should. Diphtheria, norovirus and scabies cases have all been reported. Conditions are
"wretched".via @InfoMigrants https://t.co/PEtsUvRq8e
— Statewatch (@StatewatchEU) October 27, 2022
Nella struttura, che è progettata per servire come soluzione temporanea, si trovavano migranti e rifugiati rimasti lì per oltre un mese. Due famiglie provenienti rispettivamente dall’Iraq e dalla Siria, ha riportato l’ispettore Neal, dormono nelle tende su materassi da due settimane.
6/ David Neal said conditions at Manston, the former RAF base being used as a processing centre for those crossing in small boats were ‘dangerous’, ‘wretched’ and left him ‘speechless.’ He said it was ‘past the point’ of being safe to run and that disorder was ‘inevitable.’ pic.twitter.com/KSBPYt3WpH
— Home Affairs Committee (@CommonsHomeAffs) October 26, 2022
5. Nuovo rafforzamento delle frontiere nei Balcani
La Commissione Europea ha deciso di aumentare il sostegno ai Balcani occidentali per rafforzare i controlli alle frontiere e impedire l’ingresso di migranti.
#ECREWeeklyBulletin Update on Balkan Route:
➡️@Border_Violence Report on Violence in Balkans
🇭🇺 Detains 215,000 people in 2022
🇪🇺 @EU_Commission Increases Support to Western Balkan Amid Pushbacks
🇧🇬 Hospitals Filled W/ Unidentified Bodies of Refugees
🔗https://t.co/nxUMoIXWyD pic.twitter.com/j8CuviqI61— ECRE (@ecre) October 28, 2022
Il nuovo pacchetto del valore di 39,2 milioni di euro, si legge sul sito ufficiale, inteso a rafforzare la gestione delle frontiere nei Balcani occidentali, comprende sistemi di sorveglianza, aerei, dispositivi biometrici, formazione e supporto per rendere operativi centri di coordinamento nazionali.
La gestione delle frontiere dell’area desta preoccupazione per le reiterate violenze nei confronti dei migranti. Per citare solo le ultime violazioni – raccolte dall’ultimo rapporto di Border Violence Monitoring Network (BVMN) – ci sarebbero “25 testimonianze di respingimenti che hanno avuto un impatto su 557 persone migranti nei Balcani e in Grecia”.
Mentre per l’ECRE, l’aumento del livello di violenza perpetrato dalla polizia ungherese nei confronti delle persone che tentano di attraversare il confine serbo-ungherese desta ulteriori preoccupazioni.
6. Violenze al confine tra Grecia e Turchia
È bastata una foto pubblicata dal ministro greco Notis Mitarachis il 15 ottobre scorso sul suo account Twitter, per scatenare una nuova crisi diplomatica tra Grecia e Turchia e aprire un nuovo capitolo nelle mai sopite tensioni tra i due Paesi.
“Nel tweet – scrive Giovanni Marenda su MeltingPot – Mitarachis definiva la Turchia “vergogna della civiltà”, accusando le autorità turche di aver condotto 92 persone al confine greco-turco del nord, costringendole ad attraversare nude il fiume Evros, presumibilmente dopo averle derubate e picchiate”.
Accuse respinte al mittente, con la Turchia che parla di manipolazioni e disonestà.
Non è la prima volta che le tensioni tra Grecia e Turchia finiscono per strumentalizzare anche i migranti, mostrando come sia difficile considerare i due Paesi sicuri per chi migra.
Foto copertina via Twitter/SOS Humanity