Mercoledì 16 ottobre si è tenuto il primo vertice tra Ue e Consiglio di Cooperazione del Golfo, con il fine di rafforzare il partenariato strategico tra Ue e Paesi del Golfo in termini di sicurezza e prosperità regionale. Mentre il 17 e 18 ottobre si sono riuniti i leader degli stati membri dell’Unione in sede del Consiglio europeo. Argomenti centrali: Ucraina, Medio Oriente, ma soprattutto immigrazione, oltre agli altri punti dell’agenda riguardanti competitività, semestre europeo, cambiamenti climatici e biodiversità, ed infine affari esteri.
I presupposti
Alcuni paesi europei hanno recentemente adottato nuove politiche di frontiera ancora più restrittive. A seguito di un fatto di cronaca che ha visto coinvolto un cittadino siriano, la Germania ha introdotto nuovi controlli di frontiera, sebbene in zona Schengen. Altri Paesi tra cui Italia, Austria e Francia, hanno seguito questo esempio al fine di controllare con maggiore efficacia l’entrata di migranti non autorizzati. Si è discusso inoltre del Protocollo Meloni-Rama, inaugurato la stessa settimana con l’apertura dei nuovi centri in Albania, e della nuova politica polacca per contrastare la politicizzazione dei migranti da parte della Russia. A fronte di queste nuove politiche sotto sperimentazione da parte di alcuni paesi Ue, la migrazione è stato sicuramente il tema più scottante di questo summit.
I 10 punti di Von der Leyen
Il 14 ottobre, in vista del Consiglio europeo la Presidente della Commissione Von der Leyen ha mandato una lettera ai leader europei esponendo in 10 punti chiave la sua idea per l’evoluzione delle politiche migratorie dell’Unione.
In primis, VdL ha esortato i leader europei a promuovere un’attuazione accelerata del nuovo Patto Asilo e Immigrazione, per la cui implementazione erano stati previsti due anni di tempo. In secondo luogo, la Presidente della Commissione ha sottolineato come la diminuzione degli arrivi nel 2024 sia attribuibile all’efficacia delle politiche di cooperazione con Paesi terzi di origine e di transito, come Libia, Tunisia e Turchia. Per questo, a nome della Commissione ha ribadito la volontà di proseguire con questo approccio, incoraggiando nuove partnership con altri stati, tra cui Mauritania, Senegal e Mali. La Presidente della Commissione ha richiamato poi la necessità di procedure di rimpatrio più efficaci, promuovendo l’armonizzazione delle politiche di rimpatrio tra i diversi stati membri Ue attraverso la definizione di un framework comune sui paesi sicuri.
Nella lettera viene messo in evidenza che la cooperazione con paesi terzi deve essere rinforzata anche riguardo alle politiche dei visti. Inoltre, si richiama la centralità di Europol nella lotta ai trafficanti di esseri umani. Von der Leyen, in questa comunicazione, ha posto anche grande attenzione al crescente fenomeno di strumentalizzazione dei migranti come strumento di conflitto ibrido per destabilizzare i confini esterni europei. Si fa riferimento anche alla situazione dei rifugiati risultanti dalle guerre in atto, che siano Ucraini – il cui permesso di protezione temporanea è stato esteso a marzo 2026 – o provenienti dalla Siria, in conseguenza agli attacchi Israeliani in Palestina e Libano.
Infine, il punto che ha suscitato maggior dibattito anche nel corso del Consiglio europeo del 17 ottobre è stata la promessa di rivedere il concetto di “paese di origine sicuro” sull’onda dell’entusiasmo mostrato dalla Presidente della Commissione rispetto a potenziali “return hubs”, ovvero centri di rimpatrio fuori all’UE sul modello Italia-Albania.
Guerra ibrida per Tusk
Il Primo Ministro polacco Donald Tusk ha accusato Russia e Bielorussia di abusare dei migranti che attraversano il confine polacco in cerca di asilo come strumento militare per minacciare la stabilità della Polonia e dell’Unione europea. Il Consiglio dei Ministri polacco ha quindi approvato un piano da attuare nel periodo 2025-2030 per contenere – o contrastare – le migrazioni provenienti dal confine Est. In particolare, il documento stabilisce la possibilità di sospendere il diritto d’asilo in Polonia e prevede l’implementazione di un test di cittadinanza per gli stranieri che desiderano presentare domanda.
Via al Protocollo Roma-Tirana
Pochi giorni prima del Consiglio europeo, l’Italia ha inaugurato le strutture costruite in territorio albanese in attuazione del Protocollo Meloni-Rama firmato nel novembre 2023. Il 14 ottobre è stata eseguita la prima operazione della nave militare Libra, utilizzata come hub per fare un primo screening e selezionare 16 persone di nazionalità egiziana e bengalese che sono state trasferite nel centro di prima accoglienza di Shengjin, in Albania. A seguito di un secondo screening, ben quattro persone sono state riportate in Italia perché minori o con vulnerabilità, condizioni che escludono la deportazione in Albania per l’applicazione della procedura accelerata. Mentre la Presidente del Consiglio Meloni si trovava a Bruxelles al Consiglio europeo, la Questura di Roma aveva ordinato il trasferimento delle rimanenti 12 persone migranti nel centro di permanenza per il rimpatrio (CPR) di Gjader e si attendeva la convalida entro 48 ore dal Tribunale di Roma.
Pre-summit
Prima dell’apertura del summit al Consiglio europeo, l’Italia ha ospitato un incontro informale, promosso anche da Danimarca e Paesi Bassi, a cui hanno partecipato i leader di Austria, Cipro, Polonia, Repubblica Ceca, Grecia, Ungheria, Malta, Slovacchia e Commissione Europea. Il tema di interesse che accomuna questi paesi è proprio la migrazione. Meloni ha presentato il piano Italia-Albania e sono stati infatti discussi obiettivi comuni al fine di “prevenire l’immigrazione irregolare, combattere il traffico di esseri umani e rendere più efficace la politica europea dei ritorni”.
Porte chiuse
Alla luce di queste evoluzioni, il tema della migrazione è stato al centro del dibattito del Consiglio europeo nella prima giornata del 17 ottobre. Grazie alla copertura live di Politico.eu, è stato possibile ripercorrere le dichiarazioni dei leader europei e ricostruire alcune delle argomentazioni condivise durante il meeting a porte chiuse presieduto dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel.
Da questo primo giorno di summit del Consiglio europeo è emerso che molti leader – tra cui in particolare quelli Grecia, Danimarca e Paesi Bassi – condividono la necessità di adottare una politica migratoria più dura per garantire la sicurezza ai confini. A questo proposito, la maggior parte dei leader degli stati membri hanno dimostrato grande solidarietà rispetto alla decisione del Primo Ministro polacco Donald Tusk di sospendere il diritto di asilo per le persone migranti provenienti da Bielorussia e Russia, al fine di “contrastare la strumentalizzazione dei migranti per fini politici”. Il Presidente cipriota Nikos Christodoulides ha perfino proposto di imporre delle sanzioni alle compagnie aeree che vendono biglietti di sola andata verso paesi dell’Europa orientale a cittadini del Medio Oriente per prevenire il loro accesso non autorizzato attraverso la Bielorussia.
L’idea di Von der Leyen di rafforzare i rimpatri introducendo “return hubs” sul modello Italia-Albania è stata condivisa in particolare da Bulgaria e Paesi Bassi, che guardano all’Uganda come possibile terra di esternalizzazione della gestione della migrazione verso i loro confini. Solo in Cancelliere Olaf Scholz ha espresso forti dubbi sull’esportazione del progetto Meloni-Rama in altri paesi dell’Unione, richiamando la necessità di effettuare i rimpatri in rispetto alle leggi europee. Su questo tema sono intervenuti anche i leader di Finlandia, Austria e Italia. Il cancelliere austriaco Karl Nehammer ha dichiarato che per dimostrare che l’Ue è capace di difendere i suoi confini esterni, dovrebbero essere rimpatriate persone provenienti dall’Afghanistan e dalla Siria, considerando questi paesi come luoghi sicuri rispetto al Libano in questo momento. Anche Meloni ha annunciato di voler stabilire relazioni diplomatiche con la Siria per permettere rimpatri sicuri.
In generale, è emersa quindi una forte tendenza verso il rafforzamento della “Fortezza Europa”, a cui solo il Primo Ministro spagnolo è riuscito a resistere. Pedro Sánchez ha espresso infatti un’opinione dissonante che include il totale rifiuto degli hub di rimpatrio proposti dal Von der Leyen e appoggiati dagli altri leader. Invece, ha cercato di trasmettere una narrazione più positiva focalizzata sull’impatto positivo della migrazione a livello demografico.
Le conclusioni
Nelle conclusioni convenute all’unanimità nella prima giornata di summit, si richiama il documento congiunto elaborato durante la sessione straordinaria del febbraio 2023 e la lettera di Von der Leyen. Sulla linea dei dieci punti di azione definiti dalla presidente della Commissione, è emersa la necessità di aumentare la cooperazione con i paesi di transito e di origine ed è stata ribadita la volontà politica di legiferare per migliorare i rimpatri verso i paesi terzi e per trovare nuove soluzioni per prevenire e contrastare l’immigrazione irregolare. Inoltre, viene accolta la disponibilità della Commissione a presentare una nuova proposta legislativa che renda uniforme il sistema dei rimpatri in tutti i paesi dell’Unione. I leader europei hanno mostrato solidarietà alla Polonia contro le minacce di Russia e Bielorussia alla sicurezza interna dell’Unione tramite la strumentalizzazione politica di persone migranti. Infine, è stata accolta la possibilità di esplorare nuove politiche per prevenire e contrastare l’accesso di cittadini terzi non autorizzati all’interno dell’Unione.
Ritorno alla realtà
Alla luce di quanto emerso dal Consiglio europeo sul tema della migrazione, è necessario fare i conti con la realtà che si cela dietro alcune delle politiche supportate dai leader europei.
Michele LeVoy, Direttrice della Platform for International Cooperation on Undocumented Migrants (PICUM) afferma: “L’accordo Italia-Albania che molti paesi dell’UE adesso stanno lodando è un sistema disumano, assurdo e costoso che viola gli obblighi internazionali in materia di diritti umani. Ci aspettiamo e pretendiamo di meglio da un’Unione che si suppone fondata sui valori della dignità umana e dei diritti umani”. E continua: “Siamo sconcertati dal crescente sostegno, da parte di molti Stati membri e persino della Commissione, all’idea di inviare le persone in centri al di fuori dell’Unione per poi deportarle da lì. Oltre a essere un’assurdità logistica e finanziaria, è un sistema crudele che viola il diritto internazionale ed europeo e mette le persone a rischio di abusi senza chiare opzioni per ottenere giustizia e rimedio”. Il “modello Italia-Albania” che i leader europei fremono di replicare, ha infatti dimostrato la sua fallacità in solo una settimana dalla sua inaugurazione. Nelle stesse ore in cui Giorgia Meloni si trovava a Bruxelles, il Tribunale di Roma,sulla base di una recentissima sentenza della Corte di Giustizia europea, ha invertito il destino dei 12 degli uomini adulti migranti che per cui era stato ordinato il trattenimento nel centro costruito a Gjader. L’esecutivo Meloni si è subito scagliato contro la magistratura e ha approvato un decreto legge ad hoc che mira a sovvertire la possibilità di applicare la sentenza, nel tentativo di salvare il progetto di esternalizzazione in Albania. Tuttavia, ciò potrebbe essere inefficace sulle decisioni dei giudici del Tribunale di Roma, in quanto determinati a far prevalere il diritto comunitario per sottrarre le persone migranti al trattenimento in Albania.
Per quanto riguarda il piano di Donald Tusk contro la strumentalizzazione dei migranti provenienti dalla Bielorussia, è proprio il Presidente polacco Duda ad esprimere forti dubbi sull’efficacia della misura contro i flussi di immigrazione irregolare, oltre a grande preoccupazione sull’impatto di questa politica sugli attivisti dell’opposizione bielorussi. Le motivazioni del Presidente hanno fatto da eco alle critiche presentate da varie ONG impegnate nell’accoglienza dei migranti in Europa, richiamando la Polonia al rispetto degli obblighi in materia di asilo sanciti dal diritto internazionale.
Inoltre, è importante sottolineare che attribuire la correlazione causale tra l’attuale calo di arrivi di migranti verso l’Europa e gli accordi di cooperazione stipulati con i paesi di transito o di origine è corretta, ma imparziale. Dietro all’orgoglio dei leader europei per l’efficacia di tali accordi, si celano infatti preoccupanti dati riportati da varie organizzazioni internazionali che testimoniano gravi violazioni dei diritti umani causate proprio da queste politiche di esternalizzazione che prevedono respingimenti per il contenimento dei flussi migratori.
I nuovi patrioti
Contemporaneamente al Consiglio europeo del 17 ottobre, si è svolto il primo summit del nuovissimo gruppo politico “Patrioti per l’Europa”, che riunisce politici europei di estrema destra e con posizioni molto radicalizzate rispetto alle politiche migratorie, diventando il terzo gruppo politico più popoloso. Tra questi, Matteo Salvini, Marine Le Pen, e Viktor Orbán. Durante il summit, gli esponenti del nuovo gruppo politico hanno convenuto che sia necessario prevedere una clausola di recesso (opt-out) per gli stati membri dell’Unione dalle obbligazioni comunitarie nel caso in cui queste violino la sicurezza o sovranità nazionale. Concluso il summit, il leader olandese del Partito per la Libertà Geert Wilders ha espresso il suo orgoglio verso l’Italia, che deve essere presa come esempio, e ha affermato: “un nuovo vento soffia in Europa”. Al contrario, di fronte a 8 milioni di persone migranti arrivate in Europa negli ultimi 10 anni, Le Pen afferma che non crede che l’Unione europea possa essere in alcun modo la risposta adatta per gestire i flussi migratori. La nascita di questo nuovo gruppo politico di natura esplicitamente nazionalista e sovranista, all’interno del contesto sempre piu’ tendente a destra che caratterizza la configurazione del nuovo Parlamento europeo, suggerisce un’apertura sempre maggiore verso politiche migratorie sempre piu’ restrittive in nome della sicurezza e della sovranità nazionale.
Fortezza Europa
Alla luce di quanto emerso in questo Consiglio europeo, nascono grandi preoccupazioni rispetto alle possibili evoluzioni delle politiche migratorie dell’Unione, in vista dell’implementazione del nuovo Patto Asilo e Immigrazione. La tendenza sempre più restrittiva sostenuta dai leader degli stati membri, già promossa dalla Commissione – come annunciato da VdL – troverà facilmente man forte all’interno del Parlamento europeo, caratterizzato da una nuova conformazione sempre piu’ tendente a destra, come dimostrato dalla nascita di questo nuovo gruppo politico di natura esplicitamente nazionalista e sovranista. Questo contesto suggerisce un’apertura sempre maggiore verso politiche migratorie progressivamente piu’ restrittive in nome della sicurezza e della sovranità nazionale. I leader europei si sono infatti dimostrati uniti verso un ulteriore rafforzamento della cosiddetta “Fortezza europa”, fatta di controlli ai confini in area Schengen, rimpatri forzati, esternalizzazione della gestione delle persone migranti in territori extra-UE, e respingimenti illegali tramite la cooperazione con paesi terzi e di transito. Tutto questo, sulla pelle delle persone migranti e a scapito del diritto d’asilo, non curanti delle evidenze che provano l’inefficacia delle politiche e le loro conseguenze in termini di violazioni dei diritti umani.