1. Una breve presentazione generale del rapporto. Da dove nasce l’esigenza della realizzazione di questo studio?
Il nostro rapporto recensisce casi di criminalizzazione della solidarietà con i migranti e dei migranti stessi nell’Unione che ritroviamo grazie a un monitoraggio sistematico dei media europei e alla ricerca documentaria. Nel 2024, il nostro monitoraggio ha registrato i casi di 142 persone criminalizzate per aver aiutato dei migranti, e di 91 persone accusate di traffico di migranti semplicemente perché sono state trovate a bordo di una nave o un veicolo senza i documenti necessari.
Quello che è importante notare è che questi sono i numeri minimi del fenomeno e solo quelli che riusciamo a rintracciare con la nostra metodologia, perché molti casi non vengono denunciati o comunque non arrivano sulle pagine dei giornali o sui social. Soprattutto per quanto riguarda le persone migranti, sappiamo di centinaia di altri casi che non sono mediatizzati, ma su cui lavorano altre ONG e gruppi di che lavorano su queste tematiche. Solo in Italia, ad esempio Arci Porco Rosso riporta di aver seguito i casi di 128 persone migranti criminalizzate dal gennaio 2024 in poi. In generale, mancano dati comprensivi e statistici su questi fenomeni di criminalizzazione a livello europeo: il nostro studio vuole essere appunto una risposta a questa mancanza e un invito alle autorità di sostenere la società civile europea per un monitoraggio indipendente e sistematico.
2. La criminalizzazione delle persone migranti e di chi presta loro soccorso sembra essere ormai una prassi. Da quando e perché secondo voi le politiche europee hanno assunto questo modus operandi? Cosa dicono i dati in merito?
La criminalizzazione della migrazione e della solidarietà con i migranti non è purtroppo una novità. Quello che i nostri rapporti mostrano è però un’intensificazione di questo fenomeno negli ultimi quattro anni: per quanto riguarda la solidarietà, abbiamo registrato i casi di 89 persone criminalizzate tra gennaio 2021 e marzo 2022, 102 nel 2022, 117 nel 2023 e 142 nel 2024. È un trend che va di pari passo con l’adozione di politiche migratorie sempre più repressive in tutta Europa, sotto la spinta di un discorso politico sempre più ostile alla migrazione e ai migranti, additati come capro espiatorio di quelle che sono invece mancanze strutturali dello stato sociale.
3. Potresti fare alcuni esempi a livello europeo di criminalizzazione nei confronti di solidali con le persone migranti o Ong?
I casi sono molti e diversi tra loro. C’è per esempio il caso di 5 attivisti polacchi che sono perseguiti per aver dato da mangiare a dei migranti abbandonati a sé stessi nelle foreste di Hajnowka, al confine con la Bielorussia. In Grecia, una giornalista olandese è stata condannata a 8 mesi di prigione, con pena sospesa, per aver ospitato a casa sua un richiedente asilo. In Francia, un ex sindaco e un ristoratore sono finiti in tribunale per aver aiutato una persona che cercava di ottenere un permesso di soggiorno dopo aver vissuto nel paese per 10 anni. E poi ci sono moltissimi casi di persone perseguite in Italia per favoreggiamento dell’immigrazione irregolare perché avevano soccorso dei migranti in mare. Questi casi mostrano bene quanto la criminalizzazione colpisca davvero chiunque, da attivisti a giornalisti a ristoratori e semplici cittadini e cittadine, per il solo fatto di aver aiutato qualcuno nel bisogno.
4. Invece per quanto riguarda le persone migranti, quali sono le maggiori forme di discriminazione e criminalizzazione subite?
Le persone migranti sono particolarmente colpite dalle accuse di traffico di migranti, il più delle volte perché si trovavano a bordo di un mezzo che aveva attraversato un confine irregolarmente, o perché avevano accettato di guidare una nave per avere uno sconto sul pagamento del passaggio. In Italia si è parlato molto, per esempio, del caso di Maysoon Majidi, attivista curdo-iraniana accusata di essere una trafficante e che ha passato 300 giorni in custodia cautelare semplicemente perché aveva distribuito dell’acqua a bordo della nave che l’aveva portata sulle coste calabresi.
La criminalizzazione avviene in maniera sistematica, spesso sulla base di testimonianze che non vengono poi considerate attendibili in tribunale. I casi dei cosiddetti “capitani” sono i più frequenti, ma non mancano casi di persone accusate di favoreggiamento per aver viaggiato in maniera irregolare con i propri figli. Il più emblematico è il caso Kinsa, che vede protagonista una donna arrestata per essere arrivata all’aeroporto di Bologna con figlia e nipotina mostrando documenti falsi.
Le persone migranti sono anche discriminate in quanto spesso non hanno accesso appropriato all’assistenza giuridica o a un interprete. Durante i processi, poi, le persone migranti hanno raramente accesso a misure alternative alla detenzione e sono soggette molto spesso a misure di custodia cautelare prima del processo, a volte per mesi o addirittura anni.
5. Come Picum cosa ritenete sia urgente per cambiare rotta?
Serve innanzitutto la fine di ogni tipo di criminalizzazione della migrazione stessa, che è poi la radice della criminalizzazione della solidarietà con i migranti. A livello europeo, stiamo lavorando con altre ONG affinché la nuova direttiva sul favoreggiamento dell’immigrazione irregolare protegga le persone, migranti e non, da queste forme di criminalizzazione. Poi bisogna cambiare completamente approccio sulle politiche di contrasto al traffico di migranti. Aumentare i controlli alle frontiere non fa altro che spingere le persone a muoversi su rotte sempre più pericolose per evitare di essere intercettate e respinte; se invece aprissimo vie sicure e regolari di accesso all’Europa, le persone non avrebbero motivo di spendere enormi somme di denaro in viaggi che mettono a rischio la loro vita.
Il rapporto (in inglese) è consultabile a questo link.