Nei primi sei mesi del 2017 sono stati oltre 12 mila i nigeriani che hanno raggiunto l’Italia dalla Libia. A fine 2016 erano stati 27 mila, il +48 per cento rispetto all’anno precedente. La loro è ormai la nazionalità stabilmente in cima alla classifica di chi raggiunge le nostre coste dal Mediterraneo centrale, e lo è fin dall’estate del 2011, al tempo della cosiddetta Emergenza Nord Africa. Tanti scappano da condizioni economiche difficili, sperando che l’Italia possa offrire loro un’alternativa. Tanti altri vivevano in zone dove è forte la presenza di Boko Haram, l’organizzazione terroristica nigeriana federata con l’Isis. E ancora, le donne sono spesso vittime di tratta, costrette a vendersi anche dalle proprie stessefamiglie, e vengono per la stragrande maggioranza dallo stato di Edo.
Eppure in Italia i nigeriani hanno sempre avuto difficoltà a trovare asilo. Lo scorso anno, secondo i dati Ismu, il 71 per cento di loro ha ricevuto un diniego alla domanda d’asilo e in molti casi ha fatto ricorso. Anche in Germania la loro situazione è peggiorata: a febbraio il governo di Angela Merkel ha infatti ordinato il rimpatrio di 12 mila nigeriani che non avevano ottenuto l’asilo politico, per quanto molti di loro fossero ormai stabilmente nel paese da anni, perfettamente integrati.
La causa principale dell’accelerazione nei rimpatri ha un nome: piano d’azione della Commissione europea. Italia e Germania sono state richiamate entrambe per il numero troppo basso di rimpatri effettuati ogni anno. Così hanno cambiato passo, e lo hanno fatto a discapito di quello che sembra il bersaglio più semplice, la comunità dei migranti irregolari nigeriani, perché con la Nigeria esistono accordi bilaterali per i rimpatri veloci.
La circolare del Ministero
Il 3 febbraio 2017 a Malta viene convocato il Consiglio europeo straordinario. I leader europei vogliono chiudere la rotta del Mediterraneo. Puntano sulla Guardia Costiera libica, alla quale spetterà il compito di intercettare i barconi prima che escano dalle sue acque territoriali. Cosa che farà con i soldi dell’Europa. Però i paesi membri devono diventare più veloci nei respingimenti. Il 26 gennaio 2017, giusto qualche giorno prima, dal Viminale era partita una nota, intercettata dal sito stranierinitalia.it, in cui si dava ordine ai Centri di Identificazione ed Espulsione (Cie) di Torino, Roma, Caltanissetta e Brindisi di liberare in tutto 45 posti per gli uomini e 50 per le donne, anche attraverso “dimissioni anticipate”, se necessario. I posti avrebbero dovuto essere liberati per cittadini nigeriani. Il titolo sopra la circolare era “audizioni e voli charter”.
Perché proprio i nigeriani? La risposta la si trova nelle pagine della nostra richiesta a Frontex di accesso agli atti. L’agenzia per il controllo delle frontiere europee è infatti il primo finanziatore della maggior parte dei voli di rimpatrio, ormai sempre più frequenti, che da Roma decollano per Lagos. Lasciare vuoti questi voli è un costo. Così per riempirli, ha scritto appena conosciuta l’esistenza della nota di gennaio l’Asgi, l’associazione Studi giuridici sull’immigrazione, il Viminale è pronto anche a violare il principio di non discriminazione previsto dall’articolo 3 della Costituzione, organizzando rimpatri su base etnica. “Si tratta di un salto di qualità delle politiche repressive”, denunciava Asgi all’epoca.
I voli di Frontex
A darci la fotografia dell’aumento delle operazioni di rimpatrio verso il più popoloso paese dell’Africa sono i dati forniti da Frontex. È proprio all’agenzia europea, infatti, che il Ministero dell’Interno si è rivolto per organizzare, e soprattutto co-finanziare, le costose operazioni, come si desume dai documenti che ci hanno inviato.
Era il 6 marzo 2007 quando partiva il primo volo di rimpatrio diretto in Nigeria di cui Frontex dà notizia. A bordo c’erano 40 cittadini nigeriani provenienti dall’Italia, organizzatrice del viaggio, insieme a una trentina di connazionali raccolti tra Austria, Germania, Spagna e Romania. Da allora a oggi sono stati 48 i voli che hanno percorso la tratta Roma-Lagos, rimpatriando un totale di 1.394 nigeriani colpiti da decreto di espulsione.
Ma se tra il 2008 e il 2015 non si andava oltre le cinque o sei operazioni all’anno, da allora le deportazioni forzate hanno subito una rapida intensificazione. L’anno scorso dall’Italia sono partiti sette voli di rimpatrio con destinazione Nigeria. Quota già raggiunta nella prima metà del 2017, per cui è facile prevedere che quest’anno si abbatterà ogni record. Da gennaio a fine giugno sono già stati 246 i nigeriani deportati dall’Italia su voli organizzati da Frontex, contro i 198 che avevano subito la stessa sorte in tutto l’arco del 2016. Si tratta di un’escalation in linea con l’accelerazione sui rimpatri richiesta dalla Commissione Europea, e avallata dal ministro Minniti nonostante le alternative esistano.
Nonostante le pressioni politiche, i numeri dei rimpatriati continuano ad essere esigui rispetto agli arrivi, quindi lo scopo dichiarato non è stato ancora raggiunto. Per di più, i costi per queste operazioni sono spesso impressionanti. Naturalmente le spese variano in base a numerosi fattori, tra cui la rotta da seguire, i paesi coinvolti, il vettore da cui noleggiare l’aereo e il numero di agenti di sicurezza presenti a bordo. In media si parla di tre guardie per ogni rimpatriato. Tuttavia, da un’analisi di Open Migration sulla base dei dati Frontex è possibile stimare che il costo medio di un’operazione Italia-Nigeria superi abbondantemente i 210 mila euro – pari a circa 7.500 euro per ogni cittadino rimpatriato presente sull’aereo.
Violazioni dei diritti umani
“Ricordo il caso di una donna deportata illegittimamente per il quale il giudice ha ottenuto una sospensione, riuscendo a farla rientrare dalla Nigeria. Il più delle volte però è difficile intervenire per capire se un respingimento è legittimo oppure no”. A parlare è l’avvocato Iacopo di Giovanni, che con la clinica legale dell’Università di Roma Tre ha seguito diversi casi di respingimenti di nigeriani. “Se non hai l’avvocato giusto, spesso è difficile riuscire anche solo a depositare la domanda d’asilo”, dice.
A maggio un gruppo di volontari che seguono i richiedenti asilo nei centri d’accoglienza di Milano ha denunciato una situazione che ormai si ripresenta ciclicamente. I migranti che dicono di venire da Senegal, Nigeria, Gambia e Costa d’Avorio prima del rilascio del documento per completare la domanda d’asilo vengono portati in questura per accertamenti, secondo i volontari senza la presenza di alcun avvocato. Se dicono di essere in Italia “per cercare lavoro”, allora non viene loro concesso di fare domanda d’asilo perché vengono ritenuti migranti economici. Per questo poi non possono neppure dormire in strutture per richiedenti asilo. In questo modo diventano automaticamente irregolari. Alla fine di maggio i volontari con cui ha parlato Open Migration denunciavano 12 casi di questo tipo. A questi episodi ha fatto seguito una nota rivolta a prefettura e questura a firma di Asgi, Naga e altre associazioni, e non era nemmeno la prima volta: ad aprile 2016, Naga, Avvocati per Niente e Asgi avevano scritto a questore e prefetto di Milano, e in copia anche a Unhcr e Ministero dell’Interno, per denunciare la pratica “del tutto illegittima” del filtro posto dai poliziotti agli sportelli della questura.
Ma se le semplificazioni su base etnica sono contrarie al diritto internazionale, qual è il motivo per cui i migranti nigeriani sono così esposti al rischio di espulsione? In Italia esistono organizzazioni criminali nigeriane, e il timore è che i nuovi arrivati possano unirsi a qualche “confraternita”. Le principali organizzazioni presenti in Italia si chiamano Eiye e Black Axe, gruppi di delinquenti simili alle gang di camorra, poco verticistiche e con una regia molto fluida. Le loro attività principali sono la tratta delle donne e lo spaccio di droga. A volte, come nel mercato di Palermo, spacciano su strada la droga movimentata da organizzazioni criminali italiane, e sono parte di un sistema. Per quanto le semplificazioni su base etnica siano contrarie al diritto internazionale, è un fatto che il contesto della diaspora nigeriana in Italia crei diffidenza da parte delle forze dell’ordine e delle istituzioni. Ed è per questo che i nigeriani sono sempre in cima alla lista dei migranti da rimpatriare.
Foto di copertina: rifugiate nigeriane – via European Commission DG Echo (CC BY-NC-ND 2.0).