Quando un Governo annuncia l’apertura di nuovi lager per migranti viene da chiedersi dove abbiamo sbagliato.
Le istituzioni argomentano che i Centri di Identificazione ed espulsione (CIE) sono necessari per il contrasto dell’immigrazione irregolare. Ma i CIE – è stato dimostrato dalla Commissione diritti umani del Senato – non sono affatto uno strumento efficace per aumentare le espulsioni dei cosiddetti cittadini irregolari.
Accoglienza vs detenzione
Questo 2017 appena iniziato lo ricorderemo come l’anno in cui il premier Orban ha annunciato di voler andare contro i trattati internazionali e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, pretendendo che tutti i migranti – compresi coloro i quali hanno diritto alla protezione internazionale e hanno fatto richiesta di asilo – debbano essere trattenuti in regime detentivo fino all’esito della loro richiesta di accoglienza. “Accoglienza” che si apre con la sottrazione della libertà personale e dunque con la lesione de facto dei diritti umani di queste persone.
Il 2017 è anche l’anno in cui in Italia il neo Ministro dell’Interno Marco Minniti annuncia di voler aprire un CIE in ogni regione – “nuovi CIE”, più piccoli (si parla di strutture di 80-100 posti), che però non differiscono sostanzialmente in nulla da quelli ancora aperti e operativi in Italia (Torino, Caltanissetta, Bari, Roma per le sole donne).
E quindi ci chiediamo: perché continuiamo a sbagliare?
Politiche e ricatti sulla pelle dei migranti
Il tema della sicurezza viene posto quotidianamente, chiedendo soprattutto se sia di destra o di sinistra.
La sicurezza però è una questione sociale, mentre i diritti umani una questione universale.
Si può forse derogare al rispetto dei diritti umani per “garantire” un principio di sicurezza quanto mai vago e generalista? Attenzione, perché rispondere di sì vorrebbe dire tornare a periodi di oscurantismo, di occultamento e negazione della democrazia stessa, a quei nazionalismi, fascismi e nazismi a seguito dei quali l’Europa ha cercato di (ri)fondarsi, proprio per dire “mai più!”.
Eppure oggi quella stessa Europa scende a patti economici per il baratto di uomini e donne e bambini, rei di cercare una via d’accesso alla fortezza europea, nella speranza di aver salva la vita. Un patto atroce con la Turchia di Erdogan – paese mezzo dentro e mezzo fuori dalla nostra Unione a 28 – che incassa 3 miliardi di euro dalle casse dell’Unione, ma che al tempo stesso arresta giornalisti ed avvocati che non assecondano il regime (un regime che si permette addirittura di vietare l’ingresso e respingere come “persona non grata” un’avvocatessa italiana, difensore dei diritti umani ed osservatore internazionale). Un Paese che ora ci ricatta con la richiesta di visti per i cittadini turchi, informandoci che, se questi non saranno concessi, le frontiere saranno riaperte e i migranti, abbandonati lì al gelo e al freddo della nostra storia, potranno arrivare fino a noi.
L’inferno dei CIE
In Italia dal 2011, a seguito di una restrizione della libertà di stampa nei centri per migranti operata dall’allora Ministro dell’Interno Maroni – esponente, è bene ricordarlo, della Lega Nord, il partito che propone di “affondare i barconi” – la società civile si è riorganizzata con una campagna chiamata LasciateCIEntrare che da allora ha aperto uno squarcio sulla realtà di questi centri. Luoghi dove la lesione dei diritti umani è andata di pari passo con la collusione di organi di governo ed enti privati, che si sono arricchiti con l’ormai noto business dell’immigrazione. Mafia Capitale è stata la punta di un iceberg che ancora nuota in ottime acque.
Dal 2011, quando i CIE operativi erano 13, la campagna ha condotte visite con parlamentari, giornalisti, avvocati, attivisti, e denunciato le condizioni nei centri. Non ha mai smesso. Molti centri sono stati chiusi a seguito di rivolte, a volte addirittura a seguito di morti (come a Crotone, Gradisca e Bari). Intanto, fortunatamente, un giudice illuminato ha decretato nel nome del Popolo Sovrano che ribellarsi per le condizioni infami nei CIE è legittimo e non costituisce reato.
Da allora, il tempo di trattenimento massimo è stato ridotto da 18 – il massimo consentito dalle direttive europee – a 3 mesi. Un passo in avanti.
Peccato che ora nei CIE possano essere trattenuti anche i richiedenti asilo in attesa del ricorso. Cento passi indietro.
La grande menzogna delle barriere come risposta
Quando un governo annuncia la riapertura di nuovi lager, quel governo mostra che ha paura.
Che non riesce a considerare altre soluzioni se non la segregazione. Che non riesce a pensare a politiche di inclusione che contrasterebbero davvero quelle sacche sociali di illegalità dove prosperano trafficanti di uomini e di possibili integralismi.
Ancora peggio: ora, oltre al processo di “clandestinizzazione” dello straniero, abbiamo avviato anche una stagione di criminalizzazione della società civile. Attivisti vengono perseguiti per aver portato da mangiare ai migranti arrivati via terra o averli accompagnati presso la Caritas o, ancora, dato loro istruzioni per la richiesta di asilo (per alcune Prefetture del nord, queste persone devono aspettare “un turno in più” perché la precedenza nell’accoglienza viene data ai migranti arrivati via mare).
Siamo di fronte a un fenomeno che da sempre ha contraddistinto la storia dell’umanità, ma che oggi, forse anche per colpa dei media, ai nostri occhi di società liquida ma anche cieca e sorda, appare “imponente”, “ingestibile”.
Eppure la mobilità globale riguarda tutti noi, ed è il tema del XXI secolo – al quale la politica europea si ostina a rispondere con nuovi lager, nuovi muri, fili spinati e frontiere sigillate. Mentre il nostro Mar Mediterraneo è solcato da navi di tutte le flotte possibili e immaginabili, gli scafisti hanno ancora la meglio: un mare che nel 2016 ha accolto oltre 5000 nuovi corpi (mai tanti prima), un Mare Nostrum tinto del sangue della paura e dell’indifferenza di questa Europa.
La chiusura totale delle frontiere è una risposta? “Questa è la grande menzogna”, come dice Emma Bonino. E come diciamo tutti noi, che non vogliamo arrenderci allo svolgersi vergognoso di questo pezzo di storia – di cui tutti, davvero tutti, siamo e saremo vittime.
Foto di copertina: il CIE di Ponte Galeria – via Medici per i diritti umani.