1. L’Europa spende miliardi per fermare la migrazione. Dove finiscono i soldi?
Quanto denaro spende esattamente l’Europa per cercare di frenare l’immigrazione dalla Nigeria? E per cosa viene utilizzato? Maite Vermeulen, Ajibola Amzat e Giacomo Zandonini hanno cercato di capirlo, ma hanno scoperto che le cose erano più difficili del previsto.
Europe spends billions to stop migration at its doors. We looked at these funds for Nigeria, Africa's most populous country. It's been a huge challenge, but here we are with the first chapter of a longer thread https://t.co/kJDDsOvTs2
— giacomo zandonini (@giacomo_zando) December 9, 2019
Un incredibile intreccio di scatole cinesi, ecco il loro articolo su “The Correspondent” in cui ci spiegano dove vanno davvero a finire i soldi.
2. Un nuovo tassello per capire la situazione in Libia
Da cosa scappano libici e migranti? La Commissione Internazionale dei Giuristi aggiunge un’altra possibile lettura al novero delle tante risposte disponibili. Violenze, falle nel sistema giuridico, larga impunità per chi abusa: è questa la fotografia del paese nordafricano che risulta dalla lettura del rapporto dei giuristi sul sistema giudiziario libico.
Ecco il rapporto della Commissione Internazionale dei Giuristi sul sistema giudiziario libico… Un'analisi che racconta non solo di falle, ma di un senso di grande impunità da parte di chi abusa. Ecco da cosa scappano libici e migranti #Libia https://t.co/zs7PIk6NBt
— nancy porsia (@nancyporsia) December 8, 2019
Intanto, anche grazie alle proteste di molte ong d’oltralpe, la Francia ha rinunciato a consegnare sei nuove navi veloci alla cosiddetta Guardia costiera libica.
3. Al largo della Mauritania uno dei naufragi più letali di quest’anno
Mercoledì scorso sono morte almeno 58 persone quando, nel tratto di oceano Atlantico davanti alle coste della Mauritania, il barcone sul quale viaggiavano si è capovolto. A renderlo noto è l’Organizzazione internazionale per le migrazioni; altre 83 persone sarebbero invece riuscite a salvarsi tornando verso riva a nuoto.
Il barcone sarebbe partito dal Gambia il 27 novembre scorso e trasportava almeno 150 persone,molte le donne e i bambini. Il bilancio delle vittime è uno tra i più alti registrati quest’anno, mentre quella atlantica si conferma una delle rotte migratorie più pericolose.
4. A Lesbo ancora morti in un campo profughi
Aveva 27 anni, proveniva dall’Afghanistan, viveva con suo marito e i loro tre figli in un rifugio di fortuna nel campo profughi di Kara Tepe sull’isola di Lesbo: è morta a causa di un incendio scoppiato nel container in cui viveva. La donna è solo l’ultima vittima di una lunga serie di morti evitabili sviluppatesi in un isola al collasso (vi avevamo raccontato la situazione delle isole greche qui).
Come riporta la stampa greca, nel campo di Kara tepe vivono oltre 1300 persone tra cui numerosi bambini.
Intanto, il sindaco di Berlino Michael Müller ha annunciato che la capitale tedesca accoglierà 70 tra bambini e giovani migranti non accompagnati provenienti dall’isola di Lesbo.
5. Le condizioni disumane dell’hotspot di Lampedusa
“Bagni paludosi con sanitari arrugginiti, materassi spogli in stanze piene di calcinacci e agli angoli i resti delle coperte termiche della notte dei soccorsi”, con queste parole Marco Bova descrive sul Fatto Quotidiano l’hotspot di Lampedusa dove sono stati trasportati i sopravvissuti al naufragio del 23 novembre scorso.
A corredo dell’articolo anche un video che testimonia le terribili condizioni in cui versa lo stabile (situazione non troppo diversa da quella denunciata lo scorso aprile scorso in questo articolo).
“È una condizione disumana, c’è una convivenza promiscua con bimbi che dormono con uomini e donne, in una struttura in cui dovrebbero restare il minor tempo possibile”, dicono gli operatori dell’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) che hanno veicolato alcuni filmati che mostrano lo stato di incuria nella struttura dovuta al sovraffollamento e alla mancanza di manutenzione.
6. Il Diritto Internazionale come codice di condotta
Medici Senza Frontiere, Mediterranea, Open Arms e Sea Watch – tra gli ultimi rimasti a soccorrere i migranti in mare dopo la fine delle missioni governative e il ritiro dei loro mezzi – hanno scritto al ministro degli interni Lamorgese riguardo le ripetute anticipazioni su un nuovo regolamento per le organizzazioni in mare, affermando che il diritto internazionale è l’unico “Codice di Condotta” possibile, già in vigore e del tutto sufficiente.
Il Diritto Internazionale è l'unico Codice di Condotta possibile.Concentrare l’attenzione sulle navi umanitarie, che…
Gepostet von Mediterranea Saving Humans am Donnerstag, 5. Dezember 2019
“Nessun essere umano dovrebbe rischiare la vita affidandosi a reti criminali per fuggire da persecuzioni e violenze. Saremmo felici di non dovere più svolgere il nostro lavoro umanitario in mare, ma continueremo a farlo finché sarà necessario.”
Qui il comunicato completo.
7. In viaggio con le bugie dei trafficanti
Viaggi rapidi e indolori, la tanto agognata Europa dove costruirsi – con poco – una vita fatta di lussi e comodità. Ogni anno migliaia di africani si mettono in marcia verso l’Europa, ma il loro viaggio non inizia sulle coste del Mediterraneo bensì a migliaia di chilometri di distanza, nei villaggi e nelle periferie più remote dove vengono vendute le illusioni dei trafficanti. Valentina Furlanetto ci porta a conoscere le loro storie.
8. “L’inferno sono gli altri”, il viaggio verso Europa attraverso gli occhi delle donne
“Succedono troppe cose in Libia, se esci di casa rischi di finire in prigione senza nessun motivo oltre a quello di essere straniera. Io sono stata incarcerata due volte, due volte sono scappata. Ma poi è successo il miracolo, ho avuto la possibilità di imbarcarmi su un gommone insieme con gli altri, rischiavo di morire nel Mediterraneo, ma sono stata soccorsa. Ora spero solo di trovare un po’ di pace, soprattutto per i miei figli”, su Internazionale Annalisa Camilli ci racconta il viaggio verso l’Europa attraverso gli occhi delle donne.
Che rapporto hanno le donne con i loro figli durante il viaggio verso l'Europa? Come provano a reagire alle violenze che hanno subito in Libia?
Le storie delle donne che ho incontrato sulla Ocean Viking. https://t.co/IsmKkC4Gx5
— annalisa camilli (@annalisacamilli) December 10, 2019
9. La nave Alan Kurdi è sbarcata a Messina
È attraccata al porto di Messina lo scorso 3 dicembre la nave Alan Kurdi ella ong Sea-eye che per cinque giorni era rimasta in attesa di un porto sicuro dopo aver salvato 84 persone.
Nei giorni in mare, sono state fatte scendere 12 persone per esigenze mediche, ma la situazione a bordo rimaneva carica di tensione anche a causa del mare mosso.
Caro signor @LeolucaOrlando1,
abbiamo ancora 61 persone a bordo che hanno bisogno di un porto sicuro.Nelle prossime ore ci aspettiamo onde alte, le persone salvate sono esaurite.
Vi chiediamo quindi di aprire il porto di Palermo per la #ALANKURDI. pic.twitter.com/WutdrZGZz9— sea-eye (@seaeyeorg) December 3, 2019
L’equipaggio aveva optato per scrivere al sindaco di Palermo Orlando, che a sua volta aveva fatto appello alle autorità competenti. Mentre la nave faceva rotta verso il capoluogo siciliano è arrivata invece la comunicazione di recarsi a Messina.
10. Un altro ragazzo morto nei centri per migranti Usa
Non si placano le polemiche negli Stati Uniti, dopo che un agghiacciante video diffuso da ProPublica ha reso note le cause della morte di un giovane ragazzo di 16 anni fermato dagli agenti Usa dopo aver attraversato irregolarmente il confine dal Messico.
Carlos Hernandez Vasquez, originario del Guatemala, è morto dopo una lunga agonia nella sua cella per una semplice influenza. Il giovane, come ripreso dalle telecamere, si accascia sul pavimento ma non viene soccorso nonostante le guardie del centro per migranti dove era detenuto siano passate ben tre volte a effettuare controlli.
Come scrive Elena Molinari su Avvenire, si tratta del “sesto minore a perdere la vita in meno di un anno mentre si trovava in custodia americana, sotto la responsabilità del dipartimento per la Sicurezza nazionale”.
Intanto è diventata virale la scelta di una chiesa metodista in California di reinterpretare il presepe per denunciare le condizioni dei migranti al confine tra gli Stati Uniti e il Messico. In una foto diffusa da Karen Clark Ristine, ministro di culto della Chiesa metodista unita, si vedono Gesù, Giuseppe e Maria divisi e costretti in celle di metallo che ricordano quelle dei migranti.
Foto di copertina via Karen Clark Ristine