1. Idomeni: una crisi umanitaria affrontata con le ruspe
Si è concluso in tempi record, lo “sgombero pacifico” – tra polizia in assetto anti-sommossa e ruspe (e lontano dagli occhi di giornalisti e volontari, cui non è stato permesso di avvicinarsi) – del più grande campo profughi d’Europa. Qui, al confine tra Grecia e Macedonia, da mesi migliaia di persone(tra cui un gran numero di minori) vivevano accampate nel fango, in condizioni disastrose, in attesa di poter riprendere il proprio viaggio o di trovare una sistemazione. Qui, ancora una volta, una crisi umanitaria è stata trattata come una questione di ordine pubblico – racconta Annalisa Camilli sulle pagine di Internazionale.
Greece is moving thousands of migrants from Idomeni camp. Find out more: https://t.co/pbfcaqMlFShttps://t.co/Q8FWSLbmB3
— Reuters Top News (@Reuters) May 24, 2016
2. Goodbye Idomeni
All’improvviso è calato il silenzio nell’enorme distesa della ex tendopoli – del gigantesco accampamento alle porte d’Europa già non resta quasi più niente. Il reportage fotografico di VICE e il servizio del Washington Post raccontano la desolazione spettrale di Idomeni dopo lo sgombero.
2. Tante piccole Idomeni
Ma dove sono finite le migliaia di persone che vivevano a Idomeni? Più della metà dei profughi (si parla di circa 4000 persone, tra cui presumibilmente numerosi minori) si è dispersa, prevalentemente accampata – si pensa – nelle foreste vicine al confine con la Macedonia o per le strade di città greche come Salonicco.
Circa 3000 persone sono state invece trasferite in altri campi di fortuna allestiti all’interno di ex strutture militari e industriali. Sono trascorse solo poche ore e già sono numerose le denunce riguardo le condizioni drammatiche all’interno di tali “centri di accoglienza formali”. A Sindos, ad esempio, “ci son tre hangar polverosi dove l’aria è irrespirabile, c’è poca luce e ci sono appena 18 bagni per 600 persone, tra cui moltissimi bambini e diverse donne incinte” racconta sulle pagine di Vita uno dei pochissimi volontari che è riuscito ad avere accesso al campo militare. Non va certo meglio ai profughi sistemati nei capannoni industriali alle porte di Salonicco: l’articolo del Guardian denuncia condizioni insostenibili, “non adatte nemmeno per degli animali”.
Dopo #Idomeni: ecco dove sono finiti i profughi https://t.co/IO6MXQFIWC
Le foto dei campi militari dove si vive in condizioni disumane— VITA.it (@VITAnonprofit) May 28, 2016
4. Grecia: ecco come (non) si fanno le richieste d’asilo via Skype
Un sistema al collasso: in Grecia – non solo a Idomeni, come ci aveva già raccontato Annapaola Ammirati nel reportage per Open Migration – le domande di protezione si presentano solo via Skype. Il problema è che le risorse investite nel servizio sono decisamente insufficienti e niente funziona come dovrebbe: “abbiamo provato a chiamare tante volte, ma non risponde nessuno” raccontano i profughi nell’inchiesta di Refugees Deeply.
5. Tutto quello che bisogna sapere sulla crisi dei rifugiati secondo The Economist
Il noto settimanale britannico The Economist dedica 15 pagine di speciale al grande tema delle migrazioni, offrendo una serie importante di spunti e riflessioni. Tanto per iniziare: una mappatura chiarissima – dati alla mano – della dimensione globale del fenomeno, e un’analisi di quanto abbiamo da imparare. Non manca nemmeno una dura critica al “torbido” accordo con la Turchia, con il quale l’Europa avrebbe rinunciato a qualsiasi credibilità morale per sigillare i propri confini.
Mapping the world's refugees https://t.co/chZi76Uquc pic.twitter.com/ajm2Uy0X1w
— The Economist (@TheEconomist) May 27, 2016
6. Le conseguenze dell’accordo tra Europa e Turchia: l’Italia e i morti in mare
“Ridotti del 90% gli arrivi in Grecia grazie all’accordo con la Turchia”, festeggiava qualcuno commentando i dati degli sbarchi in Europa di aprile. Ma in realtà c’è davvero poco da festeggiare, perché l’altro lato della medaglia è drammatico: parallelamente aumentano infatti in maniera preoccupante gli arrivi in Italia – che, per la prima volta dal giugno 2015, riconquista il primato del paese con il più alto numero di sbarchi. Ovviamente – e nonostante lo strenuo lavoro della Guardia Costiera italiana, che salva migliaia di persone a settimana – i morti in mare tornano ad aumentare. Quando impareremo che chiudere una una rotta vuol dire solo aprirne un’altra, più pericolosa? E che la soluzione non è certo siglare un accordo come quello con la Turchia con il governo libico, ma piuttosto aprire corridoi umanitari? L’approfondimento di Politico.
7. Le conseguenze dell’accordo tra Europa e Turchia: da rifugiati a prigionieri
La recente decisione dell’autorità greca sui rifugiati – che ha accolto la richiesta di un richiedente asilo siriano che si era opposto al proprio ritorno obbligatorio in Turchia, non ritenendo lo stato “paese terzo sicuro” – ha fatto tremare le fondamenta legali dell’accordo stipulato tra l’Unione Europea ed il governo di Ankara. Una occasione per riflettere sui numeri crescenti di profughi che non possono né entrare in Europa né andarsene e su come questo rischi di portare a una crescita preoccupante del fenomeno della detenzione di massa dei migranti. L’accurata analisi di Brad K. Blitz per Open Democracy.
8. Le conseguenze dell’accordo tra Europa e Turchia: lo sfruttamento dei piccoli profughi siriani
L’inchiesta realizzata da Gabriele Zagni e Valentina Petrini per Piazzapulita denuncia il dramma dei bambini siriani sfruttati nelle fabbriche tessili turche: ecco cosa succede realmente nella patria di Erdogan, dove i piccoli profughi in fuga dalla guerra sono sfruttati e impiegati per confezionare scarpe e jeans.
Must-watch reportage sui piccoli profughi siriani nelle fabbriche turche https://t.co/sSIOB5B46p #openmigration pic.twitter.com/ja7GCbZzmY
— Open Migration (@open_migration) May 24, 2016
9. Se questo (carcere/aeroporto) è un centro d’accoglienza
Il problema dell’accoglienza dignitosa dei profughi non riguarda certo soltanto la Grecia. Un po’ ovunque in Europa si improvvisano spazi e strutture, con risultati più o meno felici: ad esempio, in Olanda è stato creato un centro di accoglienza che ospita 400 richiedenti asilo in una vecchia prigione (nemmeno tanto male, secondo la BBC – tanto che il modello è stato già replicato in altri istituti di pena); mentre a Berlino sono ben 1300 i rifugiati sistemati in spartane capanne all’interno del vecchio aeroporto di Tempelhof – come ci racconta il reportage di VICE.
10. Welcome to Italy: i minori non accompagnati contro la mafia e l’accoglienza dei rifugiati via app
Un altro caso particolare è raccontato dal video-reportage di Raffaella Cosentino e Mario Poeta per Welcome to Italy, inchiesta in cinque parti sull’accoglienza dei migranti in Italia curata da Stefano Liberti per Internazionale. Nell’approfondimento sulla ricezione delle migliaia di minori non accompagnati arrivati nel paese, i giornalisti raccontano infatti la storia dei dodici piccoli rifugiati che oggi vivono a Nicastro, in una casa confiscata al clan della ‘ndrangheta calabrese dei Torcasio – con gli ex proprietari come vicini di casa, e sotto la supervisione di un coraggioso prete sotto scorta per il suo impegno contro la criminalità organizzata.
Il video di TerminiTv racconta invece come l’app Benvenuti rifugiati metta in contatto i profughi con le famiglie locali disposte a ospitarli, agevolando così l’importante fenomeno dell’accoglienza dal basso.
Come accogliere un rifugiato in casa. Il video di Termini Tv. https://t.co/vnKk4lKUws
— Internazionale (@Internazionale) May 28, 2016
(Photo by Julian Buijzen via Flickr Creative Commons)