1. Raccontare il viaggio di un profugo dalla Siria all’Europa
In assenza di vie d’accesso legali, per i siriani in fuga dalla guerra arrivare in Europa è un vero e proprio percorso ad ostacoli, affollato di rischi mortali.
Lo provano a raccontare il video-reportage in sei parti realizzato da Matthew Cassel per The New Yorker, la mappa interattiva di Politico, il video-gioco The Day We Left e, per i più piccoli, anche le “favole ingiuste” di UNICEF.
2. Come i rifugiati siriani restano connessi via smartphone
Il giornalista Liam Maloney ha passato due anni a documentare la vita dei profughi siriani – in Libano, in Turchia, in Europa. Il risultato è Texting Syria, una esposizione interattiva di video e fotografie che racconta il ruolo cruciale che hanno gli smartphone nella vita dei rifugiati (tema affrontato anche da un recente studio di Open University), permettendogli di rimanere in contatto con le loro comunità di provenienza.
Un’anteprima via Open Society.
3. “In Turchia, un bambino siriano deve lavorare per sopravvivere”
Il dramma dei bambini siriani sfruttati nelle fabbriche tessili turche era stato già esemplarmente denunciato dal reportage “La fabbrica dei bambini” di Piazza Pulita. Una questione che è ora analizzata da vicino da un articolo del New York Times.
4. “Adesso odio il mare”
Nei 5 anni dall’esplosione del conflitto in Siria, milioni di persone sono fuggite dal paese e hanno cercato di trovare rifugio in Europa.
Molti però non ce l’hanno fatta – come i 4000 che da allora hanno perso la vita in mare. Per ricordarli, un cimitero galleggiante. Il video di AJ+.
"I hate the sea now."
4,000 Syrian refugees have drowned trying to cross to Europe since 2011. https://t.co/DLiH4WnzIq
— AJ+ (@ajplus) May 31, 2016
5. Perché la rotta del Mediterraneo centrale è così mortale?
Nonostante gli allarmismi sul punto, non è in corso nessuna “nuova emergenza sbarchi”.
Il vero dato allarmante non è il numero degli arrivi in Italia (che è salito solo dello 0,8%) bensì il numero dei morti in mare sulla rotta del Mediterraneo centrale – che registra un preoccupante +16%. In altre parole: più o meno stessi sbarchi del 2015, ma ora si muore significativamente di più. Che cosa ha causato questo cambiamento? Questa la vera domanda da porsi, sottolinea Nando Sigona.
6. In mare con gli angeli del Mediterraneo
Raffaella Cosentino è stata tre settimane a bordo della Aquarius, la nave della Ong Sos Méditerraneé attrezzata in collaborazione con Medici Senza Frontiere impegnata a soccorrere i gommoni che tentano la traversata del Canale di Sicilia, grazie al lavoro di un equipaggio instancabile: “Qui si scrive in parte la storia dell’umanità. Verranno ricordate le tragedie, l’indifferenza di massa, ma anche le mani tese. Io ho scelto da che parte stare“.
Il racconto in un bellissimo e commovente reportage.
7. Un Caravaggio per Aylan
Lampedusa: inaugurato venerdì 3 giugno il Museo della Fiducia e del Dialogo per il Mediterraneo, per ricordare le migliaia di vittime delle migrazioni, e cercare di fare dell’arte un ulteriore strumento di integrazione. Qui sono oggi accolte decine di opere provenienti da altrettanti musei del Mediterraneo, tra cui in primis l'”Amorino dormiente” di Caravaggio, proveniente dalla Galleria degli Uffizi di Firenze – opera che, scrive Fanpage, “porta con sé una forte simbologia legata in particolare agli avvenimenti tragici di Bodrum del 2015, quando il piccolo Aylan, tre anni, muore sulla spiaggia turca nel tentativo di scappare dal suo paese in guerra”.
8. Gli afghani, profughi di serie B
Siria, Iraq, Afghanistan: questi i tre paesi da cui proveniva la stragrande maggioranza (e cioè più del 90%) dei profughi giunti in Europa nel 2015.
Se fino a qualche tempo fa questi gruppi nazionali venivano trattati nella stessa maniera dalle autorità europee, le cose sono decisamente cambiate dopo l’accordo tra la UE e il governo turco: gli afghani e gli iracheni sono oggi diventati “profughi di serie B“. L’approfondimento del New York Times analizza più da vicino il dramma dei richiedenti asilo che scappano dall’Afghanistan
9. Quant’è difficile chiedere asilo in Grecia
A due mesi dalla firma del tanto discusso accordo tra la UE e la Turchia, la Grecia ha divulgato le nuove regole per presentare la richiesta d’asilo nello stato ellenico. L’accesso alla procedura, spiegata in un opuscolo informativo distribuito dall’UNHCR e dallo stesso governo greco, è a dir poco complesso (e, per alcuni, del tutto impossibile). Lo spiega l’articolo di Quartz – facendo riferimento anche ad elaborazioni dati di Open Migration.
10. Il problema degli Stati Uniti con i rifugiati
Barack Obama, dicono, ci tiene davvero tantissimo alla questione dei rifugiati e si è infatti più volte espresso – in maniera più o meno convenzionale – a favore dell’accoglienza dei profughi. Ciononostante, in realtà gli Stati Uniti non sono esattamente un paese accogliente per i richiedenti asilo: da un lato, c’è il fatto che ad sono stati accolti soltanto 2.500 (dei 10.000 promessi) profughi siriani e dall’altro c’è la questione, trascurata dai media ma in realtà drammaticamente attuale, dei profughi provenienti dall’America Centrale. L’articolo del New York Times.
(Photo by Giada Connestari/Oxfam Italia via Flickr Creative Commons – CC BY-NC-ND 2.0)