1. Il codice di distrazione di massa
“Cinque Ong su otto, hanno firmato il codice di condotta del Viminale”, riportano i giornali, e il messaggio è chiaro: il governo sta vincendo il braccio di ferro sulle regole da adottare in mare. Nessuno si sofferma su come il contenuto del codice sia stato intanto cambiato radicalmente (su pressione di Sos Méditerranée, quinta Ong a firmare), diventando “un foglio inutile che non cambia di una virgola le regole che c’erano prima, le regole del diritto internazionale, le regole del mare”. Improvvisamente sono scomparso infatti i due elementi principali della discussione – ovvero l’obbligo della presenza di agenti armati a bordo e il divieto ai trasbordi su altre barche dei migranti soccorsi – e si riconosce la superiorità e inderogabilità del diritto del mare. Ma perché allora, tanto rumore fino ad oggi? L’articolo di Valerio Cataldi fa il punto in maniera limpidissima sul “codice di distrazione di massa” e “l’arte di accusare le Ong per nascondere l’inferno dove rimandare i migranti”. Sulle stesse note anche l’editoriale di Fabrizio Gatti per l’Espresso, che mette nero su bianco lo scopo ultimo della campagna contro le Ong: consegnare alla Libia il controllo totale sulla rotta mediterranea centrale.
2. Le minacce libiche e il ritiro delle Ong
Intanto la Libia rivendica il totale controllo della propria – allargata, e non è chiaro esattamente di quanto – zona Sar, inibendo l’avvicinamento delle navi delle Ong che effettuano salvataggi in mare a suon di minacce (come riassume il punto dell’Huffington Post, da accompagnare all’articolo di Sergio Scandura su Stati Generali).
“Mano libera ai libici, non possiamo essere complici”: Medici Senza Frontiere (Msf) è la prima Ong ad annunciare la conseguente sospensione delle missioni di salvataggio in mare, seguita a stretto giro da Sea-Eye e Save the Children. Il perché lo spiega il coordinatore delle missioni di Msf Stefano Argenziani su Repubblica e l’approfondimento della Ong su come gli ostacoli all’assistenza umanitaria determinano un gap letale nel Mediterraneo (per saperne di più: il punto del Post e quello di Deutsche Welle).
3. L’inferno libico in cui vogliamo intrappolare i migranti
Li chiamano “centri di accoglienza”, ma sarebbe più opportuno parlare di prigioni disumane, se non veri e propri lager. Sono i luoghi in cui vogliamo intrappolare i migranti in Libia, pur di tenerli lontani dalle nostre coste, e ce li racconta senza filtri la giornalista Francesca Mannocchi – portando la sua inchiesta in tv a In Onda e in edicola sulle pagine dell’Espresso (e denunciando le complicità tra i trafficanti, le milizie armate e la guardia costiera in Libia). Da accompagnare alla rilettura del suo reportage di qualche mese fa ed a quello più recente di Domenico Quirico per La Stampa, nonchè al nostro approfondimento sulla situazione libica con Nancy Porsia. Perché domani non potremo dire “non sapevamo”.
4. Italia – Libia, così si riapre la stagione buia dei respingimenti: l’allarme dell’Asgi
Le nuove iniziative del Governo italiano per contrastare l’arrivo dei rifugiati dalla Libia rischiano di causare gravissime violazioni del diritto internazionale e riaprire la stagione buia dei respingimenti (per i quali l’Italia era stata già condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo). L’allarme dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi).
5. Perché è necessario prendere posizione su Ong e salvataggi in mare
Perché è imperativo prendere posizione sulla questione – prima morale e poi politica – dei salvataggi in mare. Da leggere gli editoriali di Gustavo Zagrebelsky sulla Stampa, Ezio Mauro su Repubblica, Patrizio Gonnella sul Manifesto, Roberto Saviano e Tommaso Cerno sull’Espresso.
6. Una nave che soccorre i migranti è stata mandata a soccorrere la nave anti-migranti
È diventata virale sui social media la vicenda della nave degli “identitari”: la C-Star stava infatti avendo dei “problemi tecnici” – per cui era con il motore spento e, sostanzialmente, alla deriva – e il centro di coordinamento marittimo di soccorso ha mandato a soccorrerla… la nave di una Ong (che ha accolto la richiesta, spiegando che non si nega a nessuno il soccorso in mare)! Gli “identitari” hanno rifiutato ogni aiuto, ma intanto la storia era già diventata la barzelletta dell’estate. Il racconto della vicenda sul Post e su Buzzfeed.
7. L’importanza di dare nome (e memoria) ai migranti morti in mare
Intanto in mare si continua a morire ed è per questo particolarmente importante la missione di chi a quei morti nel Mediterraneo vuole dare nome e memoria. Il racconto di Barbie Latza Nadeau su Scientific American (da accompagnare al nostro reportage sui pescatori tunisini che danno sepoltura a quanti hanno perso la vita in mare).
8. Lo strano caso dei richiedenti asilo cinesi in Italia – da Milano a Roma
Sempre più persone in fuga da Pechino. I richiedenti asilo cinesi in Italia sono in aumento – da Milano (come avevamo raccontato in un nostro reportage) a Roma (come racconta adesso l’approfondimento di Annalisa Camilli per Internazionale).
9. Cosa resta di Calais
Dopo lo sgombero della “giungla”, a Calais le cose per migranti e rifugiati non hanno fatto che peggiorare. Il reportage di Amelia Gentleman sul Guardian racconta la situazione di estrema precarietà, e gli abusi all’ordine del giorno, nella cittadina di confine francese (da accompagnare al nostro approfondimento di qualche settimana fa).
10. Il treno di mezzanotte per Mosca
È una storia che nessuno aveva raccontato prima e che vale la pena leggere: il bel reportage di Joseph Schottenfeld per Foreign Policy ci porta su un treno notturno per Mosca, in viaggio con i lavoratori migranti dell’Asia centrale verso la Russia.
Foto di copertina: bandiera libica – via Pixabay (CC BY 2.0).