1. Lo sgombero degli sgomberati e l’accoglienza che a Roma non c’è
Primo capitolo: una calda mattina d’agosto, alle 7 del mattino, le forze dell’ordine sono entrate in una palazzina occupata di via Curtatone, buttando per strada circa 800 persone, quasi tutti eritrei o etiopi – richiedenti asilo, titolari di protezione internazionale o di permesso di soggiorno di lungo periodo, tutti da molti anni in Italia, tra cui tante famiglie con bambini. Senza preavviso e senza alcuna soluzione alternativa. La copertura live di Eleonora Camilli (presente in piazza quel giorno e tutti quelli a venire) e l’articolo di Annalisa Camilli su Internazionale.
Secondo capitolo: gli abitanti di via Curtatone, abbandonati in mezzo alla strada, si accampano in piazza Indipendenza. Seguono alcune notti all’addiaccio, nell’indignazione dell’Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) e nel silenzio delle istituzioni (il Comune è chiuso per ferie, dicono, e l’assessore alle politiche sociali è irreperibile perché in vacanza all’estero). Una delegazione si reca in Campidoglio insieme a Don Mussie Zerai per chiedere una soluzione alternativa. A donne e bambini è consentito rientrare a dormire nella palazzina sgomberata per la notte. L’articolo di Eleonora Camilli su Redattore Sociale e quello di Leonardo Bianchi su Vice.
Terzo capitolo: un altro brutto risveglio. È sempre all’alba che arrivano le forze dell’ordine in assetto antisommossa, stavolta armate di idranti e manganelli: ha inizio una mattinata violenta, che si conclude con la piazza vuota, una dozzina di persone ferite (Medici senza Frontiere, che ha prestato il primo soccorso, riporta fratture e lesioni) e autobus dell’Atac utilizzati per portare tutti – donne e bambini inclusi – in questura per un ennesimo fotosegnalamento. L’articolo di Annalisa Camilli su Internazionale, il punto di Angelo Romano per Valigia Blu e la riflessione a margine di Luca Misculin per il Post. La notizia arriva anche sulla stampa internazionale (vedasi, seppure con qualche imprecisione, Al Jazeera, Guardian, Washington Post); sulla questione prendono posizione le organizzazioni a tutela dei diritti, tra cui Human Rights Watch e Unicef.
Epilogo ancora aperto: che ne sarà adesso dei rifugiati di via Curtatone, abbandonati dallo Stato una, due, tre volte? Come è possibile che a Roma, unica capitale europea senza piano accoglienza, l’unica risposta istituzionale a migranti e rifugiati siano gli sgomberi? E che sull’altare del diritto alla sicurezza si sacrifichi la sicurezza dei diritti? La riflessione di Valeria Verdolini su Che Fare e l’intervista di Emma Bonino su Repubblica.
2. Oltre i fatti di Piazza Indipendenza, a non funzionare c’è come quei fatti sono stati raccontati
Mentre a Piazza Indipendenza la polizia ancora caricava, sui social diventava virale la foto del poliziotto che accarezza una rifugiata durante lo sgombero. “Un semplice gesto in cui ritrovare un briciolo di umanità”, si commuovono giornalisti e lettori. Ma quella foto non può bastare a nascondere la violenza in quella piazza e, anzi, ci dovrebbe spingere a una riflessione profonda sul potere e le conseguenze di certi framing mediatici. L’analisi di Leonardo Bianchi su Vice e la riflessione (diversa ma in un certo senso complementare) di Michele Smargiassi su Repubblica.
3. In fuga dall’Eritrea, “la Corea del Nord africana”
“Dalla regia mi chiedono come mai gli eritrei sono rifugiati se non scappano da nessuna guerra”, riporta esterrefatta la giornalista di Internazionale Annalisa Camilli. Dopo lo sgombero di piazza Indipendenza è più necessario che mai un ripasso sull’’Eritrea: una delle dittature più repressive del mondo, tanto da essere stata ribattezzata “la Nord Corea dell’Africa”. Importante quindi leggere Alessandro Leogrande sul Manifesto, con un punto esemplare della situazione nel Paese africano e l’importanza di ricordare le nostre responsabilità. Da accompagnare all’articolo sull’eredità degli eritrei in Italia della nostra Marina Petrillo su Il Post.
4. Tutto per ridurre gli arrivi: il pericoloso gioco della Libia
Intanto, diminuiscono gli sbarchi in Italia – dove si registrano numeri bassi sia a luglio che ad agosto – e il governo festeggia il successo della “strategia Minniti”. Il suo piano va ben oltre la stretta sulle Ong e ha piuttosto a che fare con gli accordi con la Libia prima e con l’Egitto poi. E su cui sicuramente influisce anche il fatto che, intanto, in Libia, ci sono gruppi armati che impediscono ai migranti di imbarcarsi (e, si denuncia, con precise responsabilità italiane).
L’inchiesta di Francesca Mannocchi per Middle East Eye, l’approfondimento di Channel 4 e la sintesi de Il Post. A Parigi il 28 agosto un summit di Germania, Francia e Italia con Niger, Ciad e Libia discute di come governare i flussi migratori, premiando l’Italia per il “codice di condotta” per le Ong e l’accordo con il governo di Al Serraj per i respingimenti mentre parla di “migliorare il coordinamento e l’efficacia dei salvataggi”: questo il testo integrale del documento congiunto che dovrebbe emergere dal vertice.
5. Tutto per ridurre gli arrivi /2: sempre più morti nel deserto del Niger
Sono in aumento le morti di migranti durante la disperata traversata del deserto del Sahara.
E mentre le Nazioni Unite puntano il dito sui trafficanti, responsabili di esporre i migranti a condizioni di viaggio sempre più estreme, poco si parla invece delle responsabilità delle politiche dell’Unione Europea. L’editoriale di Joe Penney sul New York Times.
6. Spagna, si può davvero parlare di una nuova “crisi migratoria”?
Chiusa una rotta se ne apre un’altra, dicono, ed è senz’altro vero. Ma si può davvero parlare di una nuova “crisi migratoria” in Spagna? Gli arrivi sulle coste spagnole sono sì in aumento, ma comunque ancora bassi rispetto ai valori storici, spiega Simon McMahon in un approfondimento per Conversation UK. Da accompagnare al reportage di Saeed Kamali Dehghan per il Guardian, che racconta la disperazione dei migranti che tentano la traversata dal Marocco a Tarifa attraverso lo stretto di Gibilterra.
7. Il limbo dei rifugiati in Grecia
Che ne sarà dei rifugiati sull’isola greca di Chios? Mentre sul piccolo lembo di terra in mezzo al mare riprendono gli arrivi (550 ad agosto), le autorità hanno cominciato a smantellare il campo aperto di Souda, con lo scopo di trasformare quello governativo – e inaccessibile ai volontari – di Vial nell’unico luogo destinato ai rifugiati confinati sull’isola. Il reportage di Izzy Tomico Ellis su EU Observer.
8. Perché i migranti continuano a rischiare la vita in Yemen
Due volte, ad agosto, l’Onu ha denunciato la morte di decine e decine di migranti adolescenti, gettati in mare dai trafficanti davanti alle coste dello Yemen. Cosa c’è dietro questi episodi drammatici? E perché i giovani migranti somali ed etiopi continuano a tentare il viaggio verso un paese flagellato dalla guerra? L’analisi di Fatima Mohie-Eldin su Muftah.
9. Lettere dalla Siria
Il dramma dei rifugiati siriani, spiegato da un siriano che – nonostante abbia visto fuggire tutti i suoi amici e parenti – ha deciso di non partire e si affaccia alla sua finestra in una Damasco svuotata dall’esodo. La bella e lunga riflessione dello scrittore Khaled Khalifa sul Guardian.
10. L’immoralità del muro al confine tra Stati Uniti e Messico
Rispetto al progetto del presidente Trump di una imponente barriera contro i migranti dal Messico ci sono problemi ben più profondi degli aspetti economici su cui si sta concentrando la discussione del Senato statunitense: è la questione morale, profonda e grave. Lo spiega un editoriale di Jillian Hernandez, Alan Aja e Raúl Carrillo per Teen Vogue – da accompagnare all’approfondimento di Eleanor Acer per Refugees Deeply su perché gli Stati Uniti non possono più continuare a fingere che il Messico sia un Paese sicuro.
Foto di copertina: Sgomberi a Roma – via Eleonora Camilli