1. Nella campagna elettorale l’immigrazione domina le scene – e nuovi studi mostrano che le Ong non sono “taxi del mare”
A pochi giorni dalle elezioni italiane, le previsioni sono molte e l’esito sempre più incerto – ma in campagna elettorale c’è stato un grande filo conduttore comune a tutte le forze politiche: il tema dell’immigrazione. Per il 36% degli italiani è l’immigrazione il grande tema da affrontare, mentre alle scorse elezioni lo era solo per il 3%, scrive Stefano Torelli, ricercatore di ISPI, sul sito dello European Council on Foreign Relations. E un altro ricercatore di ISPI, Matteo Villa, anticipa una ricerca di prossima pubblicazione, in cui si sostiene che le Ong non hanno alcuna influenza sulle partenze dei migranti: i cosiddetti “taxi del mare”, insomma, non sarebbero affatto tali. “I dati mostrano che tra il 2015 e oggi le attività delle ong non hanno fatto da pull factor (cioè non sono un fattore di attrazione) e non sono correlate con l’aumento dei flussi. Che le ong operassero in mare o meno i flussi non ne erano influenzati” afferma Villa, in un articolo di Annalisa Camilli.
https://twitter.com/emmevilla/status/965906137257308160
2. In Libia, si continua a scappare dalla violenza
In Libia si continua a scappare dalla violenza. Le partenze e i soccorsi in mare non cessano, anzi sono sempre di più i cittadini libici che si uniscono a chi cerca di fuggire per raggiungere l’Europa. L’Italia, però, insiste nel considerare la Libia “paese sicuro”, verso cui rimandare i migranti o in cui trattenerli. E l’atteggiamento italiano sembra ricevere l’approvazione di Frontex: “I centri di detenzione per migranti in Libia non rispettano gli standard umanitari, ma l’Italia sta andando nella giusta direzione” sono state le parole di Fabrice Leggeri direttore dell’Agenzia europea di controllo delle frontiere.
3. Reato di entrata illegale e tempi ridotti per richiedere l’asilo: la Francia si interroga sul liberismo di Macron
In Francia attivisti, esperti e commentatori accusano Macron di aver rivelato la vera natura della sua politica con la riforma dell’immigrazione presentata negli ultimi giorni. Secondo il Post il testo, che prevede l’introduzione del reato di entrata illegale e riduce i tempi per la presentazione delle domande di asilo e per i ricorsi, è stato molto criticato dalle organizzazioni che lavorano nel campo dei diritti umani, ma anche da alcuni deputati dell’attuale maggioranza. Anche il Guardian critica la riforma: per il quotidiano inglese “non si può guidare il mondo verso un’era liberale mentre in casa si puniscono i rifugiati”.
4. Il Regno Unito non è più l’Eldorado per gli abitanti del continente
Per l’Office for National Statistics dal gennaio al settembre del 2017 ben 130mila cittadini dell’Unione Europea residenti nel Regno Unito hanno lasciato il Paese: per trovare numeri simili bisogna guardare indietro di 10 anni. Se nel Regno Unito arrivano sempre meno cittadini europei – e se ne vanno sempre in numero maggiore – la colpa va ricercata nella Brexit. Per il Guardian i dati sembrano suggerire che l’incertezza della Brexit ha superato la reputazione del Regno Unito di “fabbrica di posti di lavoro in Europa”. Intanto il ministero dell’Interno inglese sta ricevendo molte pressioni perché smetta di deportare i richiedenti asilo che fuggono dall’Afghanistan.
5. I fondi europei allo sviluppo destinati all’Africa non stanno funzionando come previsto
Una delle ragioni più forti per motivare lo stanziamento di fondi per l’assistenza allo sviluppo all’Africa è quello che, aiutando i paesi africani economicamente, si metterebbe un freno all’immigrazione diretta in Europa. Sicuramente un argomento accattivante, ma forse non veritiero. L’agenzia Irin si concentra sul caso del Sudan e si interroga, invece, sul rischio che si corre a destinare milioni di dollari a regimi illiberali: senza realmente affrontare le cause profonde delle migrazioni sono solo i funzionari corrotti e i trafficanti ad arricchirsi nella criminalizzazione dei migranti. Per approfondire vi segnaliamo anche il nostro pezzo su come funziona il Fondo Fiduciario per l’Africa.
6. Xenofobia e razzismo: chi protegge difende i diritti umani è sotto attacco
Il nuovo rapporto del relatore speciale Onu sui difensori dei diritti umani denuncia l’attacco in corso contro chi protegge le persone in movimento. Secondo Forst, uno dei principali motivi degli attacchi contro i difensori dei diritti delle persone in movimento è il clima xenofobo e razzista sempre più diffuso e radicato in tutto il mondo.
7. Gli Stati Uniti sono ancora una nazione di immigrati?
Mentre il governo Trump cerca di proseguire la sua stretta selettiva sugli ingressi nel Paese, i servizi americani per l’immigrazione intendono rimuovere dalla descrizione della loro missione la classica dicitura che definisce gli Stati Uniti “a nation of immigrants”.
8. Migrazione in Italia: tra il successo dell’accoglienza diffusa e gli scandali sul “pocket money”
A Giugliano in Campania, un’associazione è finita sotto la lente della giustizia. L’accusa è quella di aver lucrato sui fondi destinati ai migranti, sia intascando i 35 euro giornalieri destinati ai servizi di accoglienza, sia trattenendo il “pocket money”, i pochi euro destinati direttamente alle spese dei rifugiati. Sempre in Italia, ma in Toscana a Castellina in Chianti, l’antico borgo medievale rinasce invece grazie ai migranti e ai loro figli. Gaia Pianigiani sulle pagine del New York Times ci racconta come il successo dell’integrazione nel paesino toscano può essere da esempio per l’Italia.
9. Per i migranti diretti in Francia Bardonecchia è l’ultima frontiera
La località sciistica di Bardonecchia, al confine con la Francia, vede aumentare ogni giorno il flusso di migranti diretti oltralpe. Melting Pot ci racconta come, nonostante il freddo e i sempre maggiori controlli, sono in tanti a sfidare i rischi e a tentare di arrivare a Nevache, il primo villaggio francese. Sempre a Bardonecchia, sulla rotta per Briançon, Lorenzo Sassi ed Emanuele Amighetti per Open Migration, avevano passato un po’ di tempo con i migranti e gli abitanti del posto che si adoperano per aiutarli.
10. L’Australia detiene ancora i rifugiati nell’isola di Manus
La prevista e obbligatoria ricollocazione in Papua Nuova Guinea dei rifugiati trattenuti dall’Australia nel campo di detenzione offshore di Manus non sta funzionando. Lo racconta passo passo Radio New Zealand in tre interessanti approfondimenti:
- I rifugiati di Manus non riescono a stabilirsi in Papua Nuova Guinea
- Il reinsediamento in Papua Nuova Guinea è impossibile per i rifugiati di Manus
- Altri rifugiati rimandati sull’isola di Manus.
Foto di copertina via BB (CC BY-NC 2.0)