1. La procura di Trapani ha intercettano alcuni giornalisti che si occupano di Libia e migranti
Non solo le organizzazioni che si occupavano del soccorso in mare dei naufraghi.
Sotto la lente della Procura di Trapani, che indaga sul ruolo delle ong Jugend Rettet, Save The Children e Medici Senza Frontiere durante gli sbarchi dal 2016, sono finiti anche diversi giornalisti italiani.
Lo ha rivelato il quotidiano Domani che, nell’edizione di venerdì scorso riporta casi di intercettazioni verso i cronisti di Avvenire Nello Scavo, Radio Radicale Sergio Scandura, Antonio Massaro de Il Fatto Quotidiano, Fausto Biloslavo del Giornale, Claudia Di Pasquale, di Report e la reporter Francesca Mannocchi, autrice di numerose inchieste sulla Libia.
Inchiesta Iuventa, intercettati i giornalisti. Nelle carte della Procua di Trapani appaiono nomi di fonti, contatti, rapporti personali, dati che il codice di procedura penale tutela come segreto professionale. https://t.co/e6nHsOX1T9
— Andrea Palladino (@andreapalladino) April 2, 2021
Il caso più eclatante resta quello di Nancy Porsia, giornalista esperta di Libia di cui ha scritto molto anche per Open Migration, intercettata a lungo e anche durante le telefonate con il proprio legale Alessandra Ballerini.
Appena finito di leggere le 300 pagine di informativa della Procura di Trapani. Per circa sei mesi il mio telefono è stato sotto controllo. Hanno ascoltato conversazioni con mia avvocata e spiato mio lavoro da giornalista, in teoria tutelato in democrazia https://t.co/BtW4nyBPYm
— Nancy Porsia (@nancyporsia) April 2, 2021
Intanto il sindacato dei giornalisti chiede di fare chiarezza sulla vicenda: “Chi e perché ha disposto tali misure? Si volevano scoprire le fonti, violando il segreto professionale?” e – come riporta sul Riformista Aldo Torchiaro – insieme all’Ordine ha scritto al presidente della Repubblica “chiedendo un interessamento diretto di Sergio Mattarella, che presiede il Csm. «È la più grave violazione della libertà di stampa dei giornalisti verificata negli ultimi anni»”.
2. Un momento storico particolare per la Libia
Ad accomunare i cronisti, dicevamo, il lavoro di indagine sulla rotta migratoria nel Mediterraneo e le condizioni nelle quali i migranti vengono detenuti nei lager libici.
Libia che proprio in questi giorni vede nascere un nuovo governo d’unità transitorio e verso cui l’Italia vuole recuperare influenza. Proprio oggi il premier italiano Draghi è volato nel paese nordafricano per incontrare Abdul Hamid Dbeibah, il primo ministro ad interim.
Sul tavolo gli investimenti nel paese e, soprattutto, il tema migrazione.
“I due leader hanno parlato della gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo, per i quali la Libia ha ricevuto centinaia di milioni di euro in finanziamenti e mezzi — senza contare l’addestramento di personale — dall’Italia e dall’Unione Europea, con esiti quantomeno discutibili.”
Attività su cui, nelle prossime settimane, scrive Nello Scavo su Avvenire, il parlamento italiano dovrà esprimersi votando il rifinanziamento.
Draghi, intanto, ha espresso il suo sostegno all’operato di Tripoli in tema di “salvataggi”.
3. Libia, le inchieste incriminate
Attività, quelle inserite nel Memorandum d’Intesa tra Italia e Libia, al centro di molte delle inchieste dei cronisti intercettati.
In questo articolo del 2018, Nancy Porsia raccontava gli effetti dell’accordo (e dei finanziamenti) sulle fazioni rivali in guerra per il controllo della Libia e di come, l’allora capo della Guardia Costiera di Zawiya, Abdul Rahman Milad detto “Al Bija”, venisse ricevuto in Italia come membro della delegazione libica su invito dell’Organizzazione Internazionale per la Migrazione in collaborazione con Operazione Eunavfor Med – Sophia nonostante fosse inserito nella lista nera del Consiglio di Sicurezza Onu “perché accusato di essere il leader di una rete attiva nella tratta di migranti, in particolare di decine di migliaia di persone provenienti dal Corno d’Africa”.
4. Non solo Libia, il ruolo della Turchia nel controllo delle migrazioni
Visita diplomatica dei presidenti della Commissione europea Ursula von der Leyen e del Consiglio europeo Charles Michel in Turchia oggi.
Obiettivo: ripristinare le relazioni con il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan.
Il confronto – riporta Ansa – riguarderà in particolare il rinnovo del controverso accordo del marzo 2016 sui rifugiati siriani.
“L’Ue vorrebbe proseguire con l’accordo del marzo 2016 per proteggere i propri confini” ma, con la Turchia che ospita circa quattro milioni di rifugiati siriani – scrive su Euronews Cristiano Tassinari-, una priorità di Bruxelles è quella di garantire il ruolo della Turchia come “gatekeeper” dei rifugiati sul territorio. Ma Erdoğan preme per ottenere un meccanismo di finanziamento simile al pacchetto economico di miliardi di euro degli anni passati. Il governo turco, del resto, accusa l’Ue di non aver rispettato completamente l’accordo e chiede che il patto venga ridiscusso e rivisto.
5. Per fermare i migranti l’Europa usa qualsiasi mezzo
“La progressiva chiusura e militarizzazione dei confini dell’Europa orientale, avviata nel 2015 a causa del flusso di circa un milione di richiedenti asilo attraverso la cosiddetta “rotta balcanica”, è stata resa possibile sia da un maggiore dispiegamento di forze sia da tecnologie sempre più all’avanguardia a disposizione delle guardie di frontiera. Negli ultimi due anni, in particolare, diverse inchieste giornalistiche e rapporti di Ong hanno raccontato come gli stati dell’Unione Europea si siano dotati di tecnologie usate soprattutto in ambito militare per compiere operazioni che militari non sono, come la gestione dei richiedenti asilo che arrivano ai confini dell’Unione Europea”. Ne parla la rubrica Konrad del Post.
6. A che punto è l’inchiesta contro Mare Jonio?
Eccoci di nuovo a parlare dell’inchiesta che ha colpito la nave Mare Jonio.
L’organizzazione è accusata di avere trasbordato migranti in cambio di denaro, ma dai documenti dei Pm e dai tabulati telefonici non emergono contatti precedenti tra “Mediterranea” e il gruppo “Maersk”.
Come scrive su Avvenire Nello Scavo: “C’è un buco di nove giorni nell’inchiesta della procura di Ragusa sul presunto accordo economico che avrebbe spinto la nave Mare Jonio, dell’organizzazione italiana Mediterranea, a raccogliere in cambio di 125mila euro i 27 naufraghi tenuti per 37 giorni in ostaggio dello scaricabarile tra autorità nel Mediterraneo”.
7. Quarantena per la nave Open Arms
È arrivata a Pozzallo la nave Open Arms con a bordo 209 migranti soccorsi in tre diversi interventi. “Un approdo – scrive Agi – preceduto da due evacuazione urgenti: prima una donna incinta e il fratello; poi sei fratellini e i loro genitori dopo il malore accusato da una bimba di 7 anni, che aveva indotto la nave della Ong spagnola a dirigersi provvisoriamente a Lampedusa prima di fare nuovamente rotta su Pozzallo”.
Ad attenderli la nave quarantena Snav Adriatico, giunta nella cittadina dopo avere lasciato Porto Empedocle.
Nonostante a bordo non ci fosse nessun positivo restano in quarantena anche i membri dell’equipaggio.
Per l'equipaggio di @openarms_it e @emergency_ong 14 giorni di isolamento nonostante le 209 persone soccorse siano risultate negative. Ancora quarantene mirate dal ministero di @robersperanza per fermare le #Ong (ne avevo parlato qui: https://t.co/tObYafzpo2)
ph Francesco Ruta pic.twitter.com/hS05a5QNts
— Giansandro (@GiansandroMerli) April 2, 2021
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In copertina: la città di Zawya in un fermo immagine tratto dal reportage “Fuga dalla Libia” di Euronews.