1. Meloni incontra Rama
La presidente Meloni e il presidente Rama si sono incontrati al vertice della Comunità politica europea tenutosi a Tirana.
“Due primi ministri faranno un punto sull’attuazione del protocollo firmato nel novembre 2023 che finora ha portato alla detenzione di una cinquantina di migranti precedentemente rinchiusi nei Cpr italiani. Il progetto è andato a sbattere contro diverse pronunce giudiziarie – provenienti da sezioni specializzate, Corti d’appello e perfino giudici di pace – ma continua a riscuotere grande interesse politico dentro e fuori l’Ue. Tanto che […] il premier britannico Keir Starmer ha chiesto ufficialmente a Tirana la possibilità di replicare l’iniziativa. Il leader laburista si era insediato nel luglio 2024 seppellendo il progetto di deportare i migranti in Ruanda del precedente governo Tory. Poi è venuto in Italia a prendere lezioni sul contrasto dei movimenti migratori da Meloni”, scrive il giornalista Giansandro Merli su Il Manifesto. E ancora: “[..] La Camera ha approvato ieri il testo definitivo per la conversione in legge del decreto Albania, quello che ha reso possibile trasferire i cittadini stranieri irregolari dal territorio nazionale. I sì sono stati 126, i no 80, un deputato si è astenuto. Ora la palla passa al Senato per l’ultimo passaggio. «Il governo sta truffando gli italiani. Per mascherare il fallimento del progetto hanno cambiato la destinazione d’uso dei centri», afferma la segretaria Pd Elly Schlein”.
Infine: “Nel tentativo di risolvere il problema, infatti, il governo snaturò uno dei due centri – quello di Gjader – facendolo diventare un centro di permanenza per il rimpatrio (CPR), cioè un posto in cui vengono mandate le persone che hanno già ricevuto un decreto di espulsione (perché è stata rifiutata la loro richiesta d’asilo o per altre ragioni) e aspettano di essere rimpatriate. Ne esistono già dieci in Italia, che peraltro hanno diversi problemi per documentate violazioni dei diritti umani e perché inefficaci nelle procedure di rimpatrio”, riporta Il Post.
2. La maggior parte degli italiani è contraria ai Cpr in Albania
Dal sondaggio condotto da Izi, azienda italiana che si occupa di analisi e valutazioni economico-politiche, risulta che il 67% della popolazione italiana non è soddisfatta delle politiche migratorie del governo inerente ai Cpr in Albania.
“Secondo quanto riportano i dati, la valutazione degli italiani è per il 67% negativa. In altre parole, due italiani su tre alla domanda “Come considera le politiche di gestione del fenomeno migratorio adottate dal Governo Meloni?” Hanno risposto con biasimo. Il restante terzo è raccolto, per la gran parte, attorno all’elettorato dei partiti di governo, dove comunque ci troviamo di fronte ad un pesante terzo (31%) in contrasto con le politiche dell’esecutivo”, scrive Flavio Perucci sull’HuffPost.
E ancora: “Mentre Giorgia Meloni si trova in Albania dal presidente Edi Rama in vista della sesta edizione della Comunità politica europea, arrivano anche i dati sul giudizio degli italiani riguardo i centri per il rimpatrio in Albania, al 62% negativo. A lato dell’evento a Tirana però, dossier importanti aspettano il loro perfezionamento, il tema centrale è proprio quello del fenomeno migratorio, dopo l’approvazione alla Camera del decreto Albania, che ha dato il via libera alla trasformazione dei centri di Shengjin e Gjader in strutture destinate ad ospitare immigrati in attesa per il rimpatrio”.
3. La corte Suprema Usa blocca le deportazioni
La Corte Suprema degli Stati Uniti mantiene il blocco sulle deportazioni di persone migranti venezuelane volute dal presidente Donald Trump, in base a una legge del 1798 storicamente utilizzata solo in tempo di guerra, accusando la sua amministrazione di aver cercato di rimuoverli senza un adeguato processo legale.
“I giudici, in un parere breve e non firmato, hanno accolto la richiesta degli avvocati dell’American Civil Liberties Union che rappresentavano i migranti di mantenere per ora la sospensione delle espulsioni. Il 19 aprile, la corte aveva ordinato la sospensione temporanea delle espulsioni da parte dell’amministrazione di decine di migranti trattenuti in un centro di detenzione in Texas” scrive il giornalista Andrew Chung su Reuters. E ancora: “Le deportazioni di Trump rientrano nella stretta sull’immigrazione portata avanti dal presidente repubblicano da quando è tornato in carica a gennaio. Gli avvocati dell’Aclu (American Civil Liberties Union) avevano chiesto alla Corte Suprema di intervenire dopo aver riferito, il 18 aprile, che l’amministrazione era pronta a espellere a breve i migranti senza il dovuto preavviso o la possibilità di contestare l’espulsione”.
4. Congolesi in fuga verso il Burundi
Le persone rifugiate congolesi da poco arrivate in Burundi stanno lottando contro dure condizioni di vita nei campi profughi e nelle zone di confine.
“L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’Unhcr, ha affermato che l’arrivo di rifugiati è il più grande che il Burundi abbia mai affrontato negli ultimi decenni. Ha aggiunto che si tratta anche della prima nuova emergenza di rifugiati da quando gli Stati Uniti hanno ridotto il loro sostegno alle organizzazioni umanitarie […]”, riporta il New Humanitarian. E ancora: “Il Burundi è profondamente coinvolto nel conflitto nella Repubblica Democratica del Congo, con le sue truppe che sostengono l’esercito nazionale contro i ribelli dell’M23. Gli scontri hanno messo a dura prova un rapporto già teso tra Burundi e Ruanda, che ha anch’esso migliaia di soldati nella Repubblica Democratica del Congo. […] Alla fine di marzo, il governo ha svuotato lo stadio, sostenendo che era stato concepito solo come luogo di transito e citando le linee guida delle Nazioni Unite che scoraggiano gli insediamenti di rifugiati vicino ai confini, e ha incoraggiato più di 40.000 persone al suo interno a trasferirsi in un campo formale. Faith Kasina, portavoce dell’Unhcr, ha affermato che l’agenzia delle Nazioni Unite si è impegnata anche per incoraggiare i rifugiati a trasferirsi in luoghi più sicuri, lontani dal confine, dove possono ricevere ulteriore supporto, in attesa che la situazione nella Repubblica Democratica del Congo migliori”.
Tuttavia, “il luogo verso cui sono stati indirizzati i rifugiati – il campo di Musenyi, nel Burundi sudorientale – aveva una capacità iniziale di sole 10.000 persone ed è costruito su un terreno con scarso drenaggio. I rifugi sono già stati allagati e i servizi di base sono inesistenti o sovraffollati”.
5. Respingimenti sistematici in Mauritania
Secondo l’Associazione Mauritana per i Diritti Umani (Amdh), solo a marzo sono state respinte 1.200 persone, tra loro molti in possesso di permesso di soggiorno. La Mauritania è infatti un punto di transito e di partenza per le persone migranti provenienti dall’Africa Occidentale.
“[…] All’inizio dello scorso anno, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro spagnolo, Pedro Sánchez, erano volati a Nouakchott. Nell’occasione, per arginare il flusso migratorio, è stato siglato un accordo di un finanziamento di 210milioni entro la fine del 2024. Quest’anno Bruxelles ha promesso altri 4 milioni di euro per fornire cibo, assistenza medica ai migranti.Subito dopo le prime espulsioni di massa, il Mali aveva espresso indignazione per i respingimenti repressivi e disumani di Nouakchott. E in aprile, in occasione di colloqui a Bamako tra Mohamed Salem Ould Merzoug, ministro degli Esteri mauritano e Assimi Goïta, leader golpista del Mali, le parti si erano accordate per una migliore cooperazione per quanto riguarda i flussi migratori verso la Mauritania. Entrambi i governi avevano promesso maggiori controlli, specie sui social network per stanare i trafficanti di esseri umani e i falsari di passaporti. Molti migranti in possesso di documenti di viaggio maliani erano poi risultati essere originari di altri Paesi subsahariani”, scrive la giornalista Cornelia I. Toelgyes sull’Africa Express.
E ancora: “Anche Dakar ha protestato per il trattamento dei migranti in Mauritania. Un membro dell’Assemblea nazionale senegalese ha persino apostrofato le deportazioni come respingimenti xenofobi e ha chiesto al suo governo di avviare un’indagine. Qualche settimana fa il ministro degli Esteri mauritano ha sottolineato che il suo Paese non è la “guardia di frontiera dell’Europa” […]. Un giovane nigeriano che porta segni di bastonate e altre ferite sul corpo, ha raccontato ai reporter di AFP di essere stato arrestato insieme a altri subsahariani. “Ci hanno fermato e picchiato senza dire nemmeno una parola. Poi ci hanno portato via tutto: cellulari, soldi, orologi. Siamo stati ammanettati e buttati su bus carichi fino all’inverosimile alla volta di Rosso [città in Mauritania]”.
6. I nostri nuovi articoli su Open Migration
La criminalizzazione di persone migranti e di chi presta loro soccorso è ormai una pratica consolidata in tutta l’Ue. Nel nuovo rapporto di Picum “The criminalisation of migration and solidarity in the EU”, ci restituisce un quadro fatto di violazione dei diritti fondamentali e repressione. Ne abbiamo parlato con Silvia Carta, co-autrice del rapporto.
Foto via NaraArchive