1. Persone migranti trattate “come spazzatura”, coi soldi Ue
Una nuova inchiesta congiunta realizzata dalle testate di giornalismo investigativo Lighthouse Reports, Irpi Media, Inkyfada, con la partecipazione di altre testate internazionali tra le quali Le Monde e El Paìs, rivela le espulsioni violente nel deserto da parte delle autorità di frontiera di paesi nordafricani, ai danni di persone migranti nere, finanziate anche dall’Unione Europea (Ue).
Tens of thousands of Black refugees & migrants are being rounded up across North Africa & dumped in the desert & remote areas, sometimes left for dead
These operations are secretly financed with European money, despite regional and EU denials 🧵 pic.twitter.com/UPotfJBjk5
— Lighthouse Reports (@LHreports) May 21, 2024
“Desert dumps”, discariche nel deserto, così viene descritto il contesto in cui le persone migranti nere, oggetto di attacchi xenofobi e razzisti, vengono respinte: “i nostri risultati mostrano che in Marocco, Mauritania e Tunisia, i rifugiati e i lavoratori migranti, alcuni dei quali erano in viaggio verso l’Europa, così come le persone che avevano uno status legale e mezzi di sussistenza stabili in questi paesi, vengono arrestati in base al colore della loro pelle, caricati sugli autobus e portati in mezzo al nulla, spesso in zone aride e desertiche”, si legge su Lighthouse Reports. La situazione è particolarmente critica in Tunisia che benché continui a essere ritenuto “paese sicuro” (specie per i rimpatri), sta di fatto adottando metodi illiberali, tra l’arresto di attivisti per i diritti umani e persone nere (migranti e non), come già da tempo documenta la testata giornalistica indipendente tunisina Inkyfada. “In particolare nei primi mesi delle operazioni di espulsione, Moussa (nome di fantasia), arrestato nel luglio 2023 mentre si preparava a prendere il mare, riferisce che sia lui che altre persone sono stati colpiti con una spranga di ferro, una tavola di legno, un manganello e addirittura una corda, da parte della Guardia Nazionale” durante il transito verso il confine libico, dove sarebbero stati scaricati, denuncia Inkyfada.
#Enquête | Depuis l’été 2023, des migrant·es rapportent avoir été collectivement expulsé·es vers les frontières avec l’Algérie ou la Libye. @inkyfada et @DRejichi ont mené l'enquête sur ces opérations ⏬ 🔗https://t.co/amBilZONH2 pic.twitter.com/gjenfqERVu
— inkyfada | إنكفاضة (@inkyfada) May 21, 2024
In tutto ciò, l’Ue chiude un occhio e continua a finanziare tali operazioni fornendo in particolare veicoli per le operazioni di trasferimento e respingimento: “la commissaria europea per gli Affari interni Ylva Johansson ha firmato a Nouakchott un accordo con la Mauritania “dal valore di 210 milioni di euro finalizzato a ridurre il numero di migranti che arrivano alle Isole Canarie partendo dalle coste dello stato africano. [….] Dieci giorni dopo, il 17 marzo, von der Leyen stessa ha siglato un’intesa da 7,4 miliardi di euro con il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e lo scorso 2 maggio ha stretto un ulteriore accordo con il Libano per arginare la migrazione irregolare verso Cipro”, riporta Irpi Media.
🧵 Espulsioni di migranti subsahariani nel deserto: il ruolo dei mezzi e delle politiche Ue
Leggi l'inchiesta è di @Lorenzo_Bagnoli, @garey_, Antonella Mautone, Fabio Papetti e @paolorivaz: https://t.co/1a0AxFQ2co pic.twitter.com/q30qRzuaF4
— IrpiMedia (@IrpiMedia) May 22, 2024
2. La criminalizzazione delle Ong: tra depistaggi e falsità
Il 19 aprile il Tribunale di Trapani aveva dichiarato il non luogo a procedere per tutti gli imputati della Ong Iuventa. Le motivazioni pubblicate dal Tribunale smontano tutto l’impianto accusatorio fondato sulla criminalizzazione dei soccorsi in mare, spesso condita con pesanti accuse sulla presunta complicità tra Ong e trafficanti di esseri umani.
L’agente infiltrato dal Viminale dava ricostruzioni false, l’informativa di polizia giudiziaria spacciava supposizioni per certezze, elementi decisivi venivano omessi dalle indagini. Voilà le 490 pagine alla base del proscioglimento delle #Ong@ilmanifestohttps://t.co/iKJhU9zUhO
— Giansandro Merli (@GiansandroMerli) May 22, 2024
I cosiddetti “taxi del mare” non sono mai esistiti, perché non sono mai esistite le consegne concordate o gli accordi con i trafficanti. E questo il gup lo stabilisce con assoluta certezza nel provvedimento scritto al termine di una lunghissima udienza preliminare, durata quasi due anni […]. La sentenza fa a pezzi l’intero impianto accusatorio. Da un lato demolisce la credibilità dei principali testimoni dei pm: non solo di Pietro Gallo e Floriana Ballestra, saliti sulle navi come dipendenti della Imi security che avevano provato a usare per interessi personali le presunte prove acquisite a bordo, ma anche di Luca Bracco. Cognome finto, almeno per quattro sesti, Bracco era un infiltrato del Servizio operativo centrale (Sco) del ministero dell’Interno. Un agente inviato sulla Vos Hestia di Save the children che ha prodotto solo ricostruzioni false. Comunque debitamente inserite nell’informativa di polizia firmata a giugno 2020 da Sco, Nucleo speciale d’intervento (Nsi) della guardia costiera e squadra mobile di Trapani”, riporta il giornalista Giansandro Merli su Il Manifesto.
Nel frattempo, il Governo continua ad assegnare porti lontani alle Ong che salvano vite in mare, o addirittura rinvia sbarchi violando i diritti umani fondamentali di persone migranti – tra cui neonati con problemi respiratori, come il caso della Humanity 1, raccontato dalla giornalista Eleonora Camilli su La Stampa.
La prassi di assegnare porti lontani alle ong non risparmia nessuno. Poco importa se a bordo ci siano 38 minori su 70 migranti. E se tra questi due siano neonati con problemi respiratori
Su La Stampa il racconto dell’odissea dell’Humanity1 ’ @soshumanity_en pic.twitter.com/NFaYoIkqtX
— Eleonora Camilli (@EleonoraCamilli) May 21, 2024
3. Cadono le accuse contro 9 cittadini egiziani della strage a Pylos
Un tribunale greco ha respinto tutte le accuse contro nove uomini egiziani accusati di aver causato un naufragio al largo della Grecia lo scorso giugno.
Solidarity & resistance win – the #Pylos9 are finally free!
After almost a year, the trial ends with the acquittal of the charges against the 9 unjustly accused survivors of the Pylos shipwreck. pic.twitter.com/M55K12E59Z
— Sea-Watch International (@seawatch_intl) May 22, 2024
“Il naufragio del peschereccio che trasportava centinaia di migranti provenienti principalmente da Pakistan, Siria ed Egitto il 14 giugno dello scorso anno è stato uno degli incidenti marittimi più mortali nel Mediterraneo. Si ritiene che più di 700 persone fossero a bordo quando l’imbarcazione si è capovolta durante il tragitto dalla Libia all’Italia: solo 104 persone sono sopravvissute. I corpi di 82 vittime sono stati recuperati nelle acque profonde al largo della penisola del Peloponneso”, riporta Info Migrants. In tale contesto, 9 uomini egiziani di età compresa tra i 21 e i 41 anni – che erano tra i passeggeri – sono stati arrestati poche ore dopo l’incidente e hanno trascorso gli ultimi 11 mesi in custodia cautelare con l’accusa di “traffico di migranti”, naufragio e partecipazione a un’organizzazione criminale. Se fossero stati condannati avrebbero dovuto affrontare più ergastoli.
Tuttavia, “martedì mattina (21 maggio), gli uomini conosciuti come i “Pylos 9” hanno affrontato un’aula di tribunale gremita nella città di Kalamata, nel sud della Grecia. La difesa ha sostenuto che un tribunale greco non poteva giudicare il caso poiché l’incidente è avvenuto in acque internazionali. La corte ha poi ritirato le accuse contro gli uomini”, si legge su Info Migrants.
4. Come il Kenya sta cambiando le politiche migratorie in favore delle persone migranti
Il Kenya ospita più di 700.000 persone rifugiate provenienti soprattutto da Somalia, Etiopia e altri paesi vicini. La maggioranza vive nei campi profughi di Kakuma e Kalobeyei nella contea di Turkana e Dadaab nella contea di Garissa
My piece for the @newhumanitarian on the progress #Kenya has made in recent years with its #refugee policies, and how granting #citizenship rights would end the protracted situation that refugees continue to face https://t.co/DJFe0qLUw1
— Khairunissa Dhala (@KDhala) May 23, 2024
Sebbene il governo keniota non abbia ancora affrontato il tema dei diritti di cittadinanza per le persone rifugiate – questione “in contrasto sia con la Costituzione che con il Refugee Act”, poiché “il Citizenship and Immigration Act del Kenya non considera i documenti di identità di persone rifugiate come prova di residenza legale, negando ad esse il diritto di richiedere la cittadinanza allo stesso modo degli altri cittadini stranieri, scrive la ricercatrice Khairunissa Dhala sul New Humanitarian -, negli ultimi anni ha mostrato segni di adozione di politiche più progressiste […]. “Insieme all’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) e ai suoi partner per lo sviluppo, ha elaborato il “Piano Shirika” pluriennale e multimilionario, che mira a trasformare le vaste città-campo del Kenya in insediamenti aperti e autosufficienti, dove le rifugiate possono vivere, lavorare e avviare attività commerciali tra i loro host locali”, scrive la ricercatrice Dhala.
E ancora: “mentre il Piano Shirika continua a essere sviluppato, i gruppi della società civile stanno sfidando le incoerenze nelle leggi del Kenya per espandere i diritti delle persone rifugiate e offrire un’integrazione significativa. Haki na Sheria, una Ong keniana che cerca di dare potere alle comunità emarginate nel nord del Kenya, ha presentato due petizioni all’Alta Corte di Garissa. La prima, depositata nel novembre 2022, si concentra sull’accesso alla cittadinanza per i bambini nati da un genitore rifugiato e un genitore keniano. La seconda, depositata nel febbraio 2023, si concentra sui diritti di cittadinanza per i coniugi rifugiati […].
5. Nuove proposte per legalizzare i respingimenti sistematici in Finlandia
Il 21 maggio, il governo finlandese ha proposto una nuova legislazione che consentirebbe alle guardie di frontiera di respingere le persone migranti senza esaminare le loro domande di asilo al confine con la Russia. La proposta, che porrebbe la Finlandia in violazione dei suoi impegni internazionali in materia di diritti umani, è stata giustificata sulla base del fatto che verrebbe applicata solo per un periodo limitato e in circostanze eccezionali.
“Dato che questo fenomeno è nelle mani della Russia – chi arriva, da dove e quando, al confine con la Finlandia – non possiamo permetterlo. Dobbiamo quindi potenziare la nostra legislazione”, ha affermato il Primo Ministro Petteri Orpo . “Purtroppo la legislazione Ue non ci fornisce ancora strumenti efficaci per affrontare il problema. Spero che il nostro lavoro aprirà la strada a soluzioni a livello europeo”, ha aggiunto.
“Il 10 maggio, il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura (Cat) ha pubblicato il suo rapporto sull’attuazione da parte della Finlandia della Convenzione contro la tortura e altre punizioni o trattamenti crudeli, disumani o degradanti. Il Cat teme, tra l’altro, che la chiusura della frontiera finlandese dal 30 novembre 2023 in risposta alla presunta strumentalizzazione della migrazione da parte della Russia possa violare il principio di non respingimento e il divieto di espulsione collettiva. Nelle sue raccomandazioni ha esortato la Finlandia a “introdurre salvaguardie per garantire che tutti i richiedenti asilo e altre persone bisognose di protezione internazionale che arrivano al suo confine orientale abbiano accesso a procedure eque ed efficienti per la determinazione dello status di rifugiato e a decisioni di non respingimento”, riporta l’Ecre (Consiglio Europeo per i Rifugiati).
6. I nostri nuovi articoli su Open Migration
- Per 10 giorni la Life Support, la nave di Emergency, ha navigato nel Mediterraneo per la sua missione di ricerca e salvataggio. Qui il 5 aprile ha soccorso 202 persone al largo della Libia, portandole in salvo nel porto di Ravenna. Federica Rossi racconta di questo viaggio, la preoccupazione e la speranza.
- L’Iraq è uno dei principali paesi di origine di chi presenta domande di asilo in Europa. Ilaria Romano, con un suo reportage, ci porta a scoprire le cause che spingono le persone a lasciare il loro Paese per mettere a frutto le loro competenze in Europa: tra guerra, povertà, disoccupazione e cambiamenti climatici.
Foto copertina via Twitter/Lighthouse Reports