1. Si chiamava Satnam Singh, l’ennesima vittima di sfruttamento
Satnam Singh, bracciante che lavorava in provincia di Latina, di 31 anni, originario dell’India, è deceduto all’ospedale San Camillo di Roma, dopo essere stato abbandonato di fronte a casa sua in seguito a un gravissimo incidente sul lavoro in cui ha perso un braccio. L’imprenditore presso cui lavorava è ora indagato per omicidio colposo e omissione di soccorso dopo averlo caricato su un furgone, insieme alla moglie, Soni, e abbandonato per strada.
“Da sempre in questo territorio il lavoro agricolo è anche sinonimo di sfruttamento e caporalato, lo denunciamo, raccogliamo le testimonianze dei lavoratori, li aiutiamo a rivendicare i loro diritti, incalziamo le istituzioni, informiamo”, scrive Laura Hardeep Kaur sul Manifesto, segretaria generale di Flai Cgil Frosinone Latina. E ancora: “Le persone sono costrette a lavorare per circa 14 ore al giorno, in qualsiasi condizione meteorologica, con poche pause e senza dispositivi di protezione. La paga va da 3 a 4,5 euro all’ora. A volte capita che ai braccianti vengano fatti contratti irregolari, nei quali risultano 3 o 4 giornate lavorate in un mese quando in realtà sono 26 o 28. In altri casi, com’è accaduto a Singh e alla moglie, le persone lavorano senza un contratto. Fino all’inizio degli anni Duemila le condizioni erano persino peggiori: la paga era tra 1,5 e 2 euro all’ora e i braccianti erano costretti a lavorare tutti i giorni, senza riposi”, si legge su Il Post.
Nel frattempo, la comunità indiana ha indetto una manifestazione per martedì 25 giugno per protestare contro sfruttamento e caporalato. Mentre a Soni, cacciata di casa non appena rimasta vedova, è stato concesso “un permesso di soggiorno per motivi di protezione speciale”, scrive la giornalista Marika Ikonomu su Domani. E ancora: “Soni è stata cacciata dal bugigattolo in lamiera trasformato in un monolocale di 5 metri quadrati nel giardino di un villino di periferia. La donna ha passato la notte a casa di una volontaria della Cgil”.
2. Nuovo naufragio al largo della Calabria
Oltre 70 persone disperse è il tragico bilancio rilevato in seguito all’ennesimo naufragio, al largo della Calabria.
“Una cinquantina di persone, tra cui 26 bambini, risulta dispersa a causa del ribaltamento lunedì di un’imbarcazione carica di migranti a quasi duecento chilometri dalla costa della Calabria. Dodici superstiti sono stati soccorsi dalla Guardia Costiera e portati a Roccella Jonica. Secondo testimonianze di alcuni di loro i dispersi sarebbero di più, 66. Le ricerche sono in corso. L’imbarcazione era partita otto giorni fa dalla Turchia e a metà strada aveva iniziato a incamerare acqua. Il bilancio è di almeno una vittima accertata finora, ma si teme che le persone che mancano all’appello molte di nazionalità afgana siano annegate”, riporta Euronews.
“Un’altra Cutro”, commenta l’Ong Sea Watch vista la portata del numero delle vittime, che tra le altre cose, denuncia anche le operazioni di cattura della cosiddetta guardia Costiera Libica che è stata ripresa mentre bastona le persone migranti. Ricordiamo che l’Italia attualmente ci collabora (Memorandum del 2017) per le operazioni di esternalizzazione delle frontiere.
3. La Guardia Costiera Greca ha provocato la morte di dozzine di persone migranti
Secondo una nuova inchiesta della testata giornalistica britannica Bbc, la guardia costiera greca avrebbe causato la morte di dozzine di persone migranti nel Mediterraneo in tre anni: “nove di queste sarebbero state deliberatamente gettate in acqua”.
“In cinque episodi, le persone migranti hanno affermato di essere state gettate direttamente in mare dalle autorità greche. In quattro di questi casi hanno spiegato come [dopo essere sbarcate sulle isole greche] fossero state braccate. In molti altri episodi, le persone migranti hanno affermato di essere state caricate su zattere gonfiabili senza motore […]”. Uno dei resoconti più agghiaccianti è stato quello di un uomo camerunense, braccato, insieme a un uomo ivoriano, dalla polizia, che afferma: “hanno iniziato con l’[altro] camerunese. Lo hanno gettato in acqua. L’uomo ivoriano ha detto: “Salvami, non voglio morire”… e alla fine solo la sua mano era fuori dall’acqua, e il suo corpo era sotto. Lentamente la sua mano scivolò sotto e l’acqua lo inghiottì”.
La Grecia è un Paese Ue che ormai da anni viene accusato di compiere atti illegali nei confronti delle persone migranti ed è stata oggetto di numerose inchieste giornalistiche, anche con prove video, che dimostrano come le autorità di frontiera utilizzino metodi violenti e in violazione delle norme europee e internazionali nei confronti delle persone migranti.
4. Frontex collabora con la Libia per le operazioni di respingimento
Un portavoce ha recentemente dichiarato a Der Spiegel e Lighthouse Reports di condividere le coordinate delle barche con la Libia “con il cuore pesante”.
“Se fosse possibile scegliere, sarebbe sbagliato lasciare che i migranti sbarchino lì, ha detto ai giornalisti di Mission Investigate Jonas Grimheden, capo dell’Ufficio per i diritti fondamentali di Frontex. Nei documenti visionati dai giornalisti, i funzionari esprimono gravi preoccupazioni sulla condivisione delle informazioni e sulla possibile cooperazione con la Libia, poiché il rimpatrio dei migranti rappresenta una potenziale violazione dei diritti umani”, si legge su Statewatch. E ancora: “Ciononostante, la cooperazione continua senza sosta. Appena vediamo un barcone di migranti lasciare la Libia, per esempio, li chiamiamo e cerchiamo di convincerli a riprenderli. E nella maggior parte dei casi ci riusciamo, ha detto a Mission Investigate la guardia costiera svedese Jörgen Hansson, che ha lavorato presso Frontex per quattro mesi nel 2023. Un altro funzionario del Situation Center ha affermato che Frontex informa la Libia di tutte le imbarcazioni di migranti, poiché potrebbero potenzialmente finire tutte in pericolo in mare. “Escono e riportano indietro questi rifugiati abbastanza spesso”, ha detto ai giornalisti una guardia costiera che lavora per Frontex”.
Per molti anni l’Ue ha finanziato – e continua a finanziare – progetti in Libia e investito nella cosiddetta guardia costiera del paese. L’intenzione, secondo l’Ue, è quella di formare gli equipaggi e “salvare vite umane”. “Gli stati europei hanno sistematicamente chiuso tutte le vie legali verso l’Ue”, afferma Laura Gorriahn, presidente di SOS Humanity. “Quindi, per chiedere asilo, che è un diritto umano fondamentale, devono intraprendere un viaggio estremamente pericoloso attraverso il Mediterraneo”.
5. La situazione in Sudan continua a peggiorare
Un anno di guerra civile ha reso il Sudan invivibile, eppure rimane uno dei conflitti più trascurati, descritto dalle Nazioni Unite come “l’epicentro della più grande crisi di sfollati nel mondo”. Nel frattempo, l’Agenzia europea per l’asilo sottolinea il fatto che un numero crescente di persone provenienti dal Sudan cercano protezione nell’UE.
“Il Sudan ospita il 14% della popolazione globale di sfollati interni, il primo paese a livello mondiale in termini di sfollamenti. Un totale di nove milioni di sudanesi sono sfollati dall’inizio della guerra tra il governo e l’unità paramilitare rivale Rapid Support Forces (Rsf). Ora, le agenzie umanitarie e le Ong lanciano l’allarme sul fatto che la crisi potrebbe espandersi oltre la regione, poiché i combattimenti in Darfur sono aumentati drammaticamente negli ultimi giorni”, riporta Info Migrants. “Diverse organizzazioni umanitarie e internazionali accusano i gruppi paramilitari di stare commettendo in Darfur crimini di guerra, tra cui episodi di pulizia etnica. Il procuratore capo della Corte penale internazionale Karim Khan, subito dopo aver richiesto mandati di cattura per la guerra a Gaza, ha lanciato un appello affinché i testimoni inviino prove a sostegno dell’indagine urgente aperta dal suo ufficio sulle accuse di crimini di guerra e contro l’umanità nella regione sudanese del Darfur”, scrive la giornalista Leila Belhadj Mohamed su Lifegate.
E ancora: “Gli aiuti umanitari insomma non arrivano, mentre i crimini di guerra continuano e i rifornimenti di armi da parte delle varie potenze che appoggiano le due fazioni in conflitto non si sono mai fermati. L’ambasciatore sudanese presso le Nazioni Unite Al-Harith Idriss al-Harith Mohamed ha accusato gli Emirati Arabi Uniti di essere responsabili del proseguimento della guerra: una versione respinta però dal rappresentante di Abu Dhabi”.
6. I nostri nuovi articoli su Open Migration
È partita lunedì la tredicesima missione della Humanity 1. A bordo c’è anche Lidia Ginestra Giuffrida, che per noi racconterà l’attività della Ong, le storie del suo equipaggio e le attività in cui la nave sarà impegnata.
Foto in copertina via Twitter/MilanoInMovimento