1. Il Mediatore dell’Ue apre un’indagine sulla strage di Pylos
Il Mediatre dell’Ue, ha avviato un’indagine sul ruolo dell’agenzia di frontiera Frontex nel naufragio di migranti al largo della Grecia, avvenuto il mese scorso e che ha causato centinaia di vittime, riporta la giornalista Eleonora Vasques su Euractiv.
We have opened an inquiry to clarify @Frontex role in search and rescue sea operations following the drowning of over 500 people off the Greek coast on 14 June.
— European Ombudsman (@EUombudsman) July 26, 2023
Emily O’Reilly, mediatrice Ue, ha affermato di voler scoprire “i responsabili di queste morti”, aggiungendo l’importanza di chiarire il ruolo svolto da Frontex nelle operazioni di ricerca e salvataggio. O’Reilly ha sottolineato che ci sono limiti all’autorità di Frontex sugli Stati membri dell’UE come la Grecia per quanto riguarda l’aiuto alle persone in difficoltà in alto mare. “È stato riferito che in questo caso Frontex ha allertato le autorità greche della presenza della nave e ha offerto assistenza, ma non è chiaro cos’altro avrebbe potuto o dovuto fare”, ha affermato O’Reilly in un comunicato stampa.
“O’Reilly ha concluso la sua lettera ricordando che “una tragedia di questa portata richiede a tutti i soggetti coinvolti di riflettere sulle proprie responsabilità e di chiarire al pubblico chi è responsabile di queste morti”. Frontex deve fare la sua parte, rispondendo a tutti gli interrogativi “entro la fine di settembre” riporta il giornalista Simone de la Feld su Eu News.
2. Dalla Tunisia ancora respingimenti e decessi nel deserto
Continuano ad arrivare testimonianze terribili dal deserto sul confine libico-tunisino, dove centinaia di persone migranti subsahariane sono state violentemente espulse dalle autorità tunisine, denuncia il Consiglio Europeo per i Rifugiati (Ecre).
Horrific videos continue to come out from the hot boiling desert on the Libyan-Tunisian border, where hundreds of Sub-Saharan migrants were expelled by Tunisian authorities.
And yet, #TeamEurope continues to be "proud" of its dodgy deal with the Tunisian president… pic.twitter.com/8xVyKLnRQ3
— ECRE (@ecre) July 28, 2023
L’ultimo caso riguarda quello di Fati Dosso (Matyla Dosso) e della figlia di 6 anni, Marie, trovate senza vita nel deserto. Il collettivo Refugees in Libya è riuscito a mettersi in contatto con il compagno di Fati Dosso, padre di Marie, che è riuscito a sopravvivere: “Il mio nome legale è Mbengue Nyimbilo Crepin, ma mi chiamano tutti Pato”. Doveva morire per salvare la moglie e la figlia. Ora lui è vivo e solo. A ottobre avrebbe festeggiato, con loro, trent’anni. Già vedovo, e senza più l’unica figlia, a questo punto della sua storia Pato considera la morte come il male minore. Matyla e Marie, mamma e figlia, sono morte abbracciate nel deserto. Respinte e uccise da intese politiche spietate”, riporta il giornalista Nello Scavo su Avvenire.
Update unveils the whole truth 🚨
“Pato isn’t dead, but his wife Fati & daughter Marie. The once faceless victims finally have a name”
This testimony recounts a harrowing story of personal tragedy, resilience, and the desperate search for closure.
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https://t.co/MLO96IP20o— Refugees In Libya (@RefugeesinLibya) July 27, 2023
Infine, Mediterranea Saving Humans e Refugees in Libia hanno organizzato una manifestazione a Milano, di fronte al consolato tunisino per protestare contro le politiche Ue, l’esternalizzazione delle frontiere e i respingimenti.
L’accusa ai governi: «Siete responsabili della morte di #Fati e #Marie»
A #Milano di fronte al Consolato tunisino, @RefugeesinLibya, Attivisti dei Diritti Tunisini e @RescueMed hanno chiesto giustizia e verità!#Tunisia non è un paese sicuro#ShameUE https://t.co/ZL0usg8TLb pic.twitter.com/TkmHV0jsxU
— Melting Pot Europa (@MeltingPotEU) July 30, 2023
3. Le difficoltà nell’avvio del nuovo Patto Ue sulle migrazioni
I paesi dell’Ue devono finalizzare il testo dell’intero accordo prima che il Parlamento europeo possa dare il via libera.
“L’ultima bozza è arrivata molto tardi”, ha affermato un diplomatico dell’Ue che, come altri, ha parlato, sotto anonimato, per discutere di delle questioni interne. “Diversi paesi volevano avere più tempo per analizzarlo.[…] I funzionari dell’Ue speravano di raggiungere un accordo sul regolamento prima della fine dell’estate e poi negoziare con il Parlamento europeo su un accordo finale. Il Parlamento ha indicato che non approverà altri fascicoli in fase di negoziazione fino a quando i paesi dell’Ue non raggiungeranno un accordo sull’intero pacchetto”, riporta il giornalista Gregorio Sorgi su Politico. “[…] l’accordo è andato in pezzi mercoledì mattina, quando è emersa la classica divisione tra gli stati in prima linea del sud e Paesi del nord come Germania e Paesi Bassi, dove i richiedenti asilo spesso si spostano senza permesso dopo l’arrivo”.
Anche i paesi dell’est – il blocco Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia – hanno contribuito a far frenare l’accordo e dovrebbero mantenere questa linea quando i colloqui riprenderanno a settembre: “la loro richiesta principale: misure più forti per sostenere i Paesi che affrontano un afflusso di migranti […]”.
Amid bitter infighting, EU officials face a setback as they weren't able to reach a deal on their flagship migration reform before the summer holidays.https://t.co/btk5aJXCWd
— POLITICOEurope (@POLITICOEurope) July 26, 2023
4. Il confine Siria-Turchia e le violenze dimenticate
Negli ultimi anni centinaia di persone sarebbero state gravemente ferite o uccise dalle guardie di frontiera turche mentre tentavano di attraversare il confine. Le famiglie delle vittime hanno poche strade – se non nessuna – per cercare giustizia e tutela, finendo con il dover affrontare violenza e assenza di sostegno, riportano i giornalisti Mahmud Abo Ras e Melissa Pawson sul New Humanitarian.
“Un decennio di guerra, carenza di carburante e aumento dei prezzi hanno spinto milioni di siriani in tutto il paese in una grave povertà […]. I recenti tagli agli aiuti, l’inflazione della lira turca (utilizzata come valuta in alcune parti della Siria settentrionale) e i terremoti mortali all’inizio di quest’anno hanno aggravato una crescente crisi”. Inoltre, “coloro che vogliono provare a partire in cerca di sicurezza e stabilità si rivolgono ai contrabbandieri per superare il confine fortificato della Turchia. Un muro di cemento alto tre metri sormontato da filo spinato corre lungo 764 chilometri della frontiera di 911 chilometri, pattugliata dall’esercito turco”.
“Mio figlio se n’è andato per trovare un modo per vivere, ed è stato punito con la morte. […]”, denuncia una donna nel reportage del New Humanitarian.
5. La Polonia punta a chiudere il confine con la Bielorussia
La Polonia ha affermato che potrebbero chiudere i confini con la Bielorussia. L’annuncio arriva dopo che i mercenari del gruppo Wagner si sono spostati in Bielorussia a seguito del tentativo di ammutinamento fallito, riporta Info Migrants.
“Le autorità hanno registrato più di 16.000 tentativi di attraversamento del confine polacco dall’inizio di quest’anno, ha dichiarato il primo ministro Morawiecki”. “Da maggio 2021, migliaia di persone migranti hanno cercato di raggiungere Polonia, Lituania e Lettonia attraverso la Bielorussia, scatenando una crisi umanitaria tra coloro che sono rimasti bloccati lungo il confine esterno dell’Ue”.
I difensori dei diritti dei migranti hanno recentemente affermato che le forze di sicurezza polacche stavano ostacolando illegalmente un gruppo di persone migranti nell’esercitare il loro diritto di chiedere asilo. Grupa Granica (collettivo che si occupa dei diritti delle persone migranti) afferma che per le persone migranti è impossibile tornare in Bielorussia, dove le guardie di frontiera del paese autoritario le minacciano con la violenza.
6. I nuovi articoli pubblicati su Open Migration
Nei giorni scorsi, alla presenza della Premier italiana Giorgia Meloni e la presidenta della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen è stato siglato con la Tunisia un memorandum per la gestione dei migranti e l’esternalizzazione delle frontiere. A pagare il prezzo più alto di questo “modello” da applicare “successivamente in altri Paesi terzi” è la comunità subsahariana, tra campagne antimigranti e deportazioni nella no man’s land nel deserto tra Tunisia e Libia. Ce ne parla Arianna Poletti.
Foto copertina via Twitter/Melting Pot Europa