1. Tornano in Italia i richiedenti asilo deportati in Albania
Anche la Corte di Appello – a cui, ricordiamo, il governo stesso aveva affidato il compito di decidere sulla convalida di trattenimento delle persone migranti, togliendo la competenza ai giudici della sezione speciale del Tribunale di Roma in materia di immigrazione – boccia la detenzione delle persone migranti in Albania.
“Il giudizio – si legge nel provvedimento firmato dai magistrati – va sospeso nelle more della decisione della Corte [Ue] di Giustizia. Poiché per effetto della sospensione è impossibile osservare il termine di quarantotto ore previsto per la convalida, deve necessariamente essere disposta la liberazione del trattenuto, così come ha ripetutamente affermato la Corte Costituzionale in casi analoghi[…]. Nel centro di Gjader, dei 49 migranti arrivati martedì scorso, ne erano rimasti 43, dopo che sei di loro erano stati ritrasferiti in Italia perché minorenni o vulnerabili e quindi non sottoponibili alla procedura accelerata di frontiera”, scrivono le giornaliste Viola Giannoli e Alessandra Ziniti su Repubblica. Ricordiamo che la selezione delle persone da deportare o meno in Albania – oltre che essere evidentemente arbitraria – è illegittima: “la mancanza di una certificazione individuale per ogni persona trasferita, uno screening medico effettuato da medici militari e poca chiarezza sugli strumenti utilizzati per l’accertamento dell’età: sono le nuove criticità emerse dall’ultimo trasferimento di 49 persone nel centro di Shëngjin, che dimostrano ancora una volta che il Protocollo Italia-Albania rappresenta un rischio per la salute delle persone migranti”, denuncia Medici Senza Frontiere
La nave Cassiopea della marina militare italiana è quindi tornata in Italia con a bordo le 43 persone rimaste in Albania: “sono arrivati al porto di Bari e poi accompagnati al Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) di Palese i 43 migranti provenienti dall’Albania dopo che la Corte d’Appello di Roma non ha convalidato il loro trattenimento”, riporta Rai News.
2. La voce dei sopravvissuti ai lager in Libia
In seguito alla liberazione da parte del Governo del torturatore libico Osama Elmasri (“Almasri”), tre rifugiati (David Yambio, Lam Magokai e Mahamat Daoud) e sopravvissuti ai lager libici sono stati ascoltati durante una conferenza presso la sala stampa della Camera dei Deputati.
“Come sopravvissuti e vittime [di Almasri], chiediamo la cessazione immediata di tutti gli accordi tra Italia e Libia che consentono abusi sui migranti; un impegno pubblico a richiedere il rilascio di tutti coloro che sono imprigionati a Mitiga e in altri centri di detenzione in Libia; e una spiegazione ufficiale del motivo per cui Masri, che il governo italiano e [il ministro dell’Interno] Piantedosi hanno definito pericoloso, è stato rilasciato invece di essere consegnato alla Corte penale internazionale”, dice David Yambio, portavoce del collettivo Refugees in Libya. “Il pensiero è soprattutto per le migliaia di fratelli e sorelle che si trovano ancora nei centri di tortura, vittime di sparizioni forzate, violenze e schiavitù, e per tutti quelli che subiranno nuove vessazioni da Elmasry. Ho sentito che la presidente Meloni una volta ha detto: Sono una madre, sono cristiana… ma allora come è stato possibile rimandare indietro un criminale che uccide i bambini?”, aggiunge Magok, riportato dal giornalista Giansandro Merli su Il Manifesto.
Infine, ricordiamo che “l’Italia, con il supporto dell’Unione Europea, ha destinato per questo centinaia di milioni di euro alla formazione e all’equipaggiamento della Guardia Costiera libica e delle forze di sicurezza. I fondi provengono in parte dal bilancio italiano e in parte dal Fondo fiduciario dell’UE per l’Africa, creato per gestire i flussi migratori. Numerosi rapporti di ONG e organizzazioni internazionali denunciano che la Guardia Costiera libica collabora con trafficanti di esseri umani, come Almasri, e utilizza metodi brutali contro i migranti, che spesso finiscono in centri di detenzione illegali, dove subiscono torture, stupri ed estorsioni”, scrive la giornalista Francesca Moriero su Fanpage.
3. Il pericoloso arretramento del Canada sui diritti delle persone migranti
La raffica di politiche anti-immigrazione del presidente degli Stati Uniti Donald J. Trump ha attirato l’attenzione di tutto il mondo, ma il Canada sembra non essere da meno.
“Un titolo del 25 gennaio sul Globe and Mail canadese proclamava: Ottawa chiede di usare le prigioni provinciali per ospitare i richiedenti asilo criminali in fuga dagli Stati Uniti. L’articolo afferma che “Di particolare preoccupazione per il governo e gli ufficiali della Canada Border Service Agency è cosa fare con i criminali violenti che vengono arrestati dopo essere entrati di nascosto in Canada […]. Questa proposta di utilizzare le carceri provinciali per trattenere i richiedenti asilo è profondamente preoccupante. Minaccia anni di progressi nella protezione dei diritti dei migranti e perpetua stereotipi dannosi secondo cui coloro che fuggono da violenza, persecuzione e difficoltà rappresentano una minaccia per la sicurezza”, riporta Samer Muscati, di Human Rights Watch. E ancora: “Inquadrare i richiedenti asilo come “criminali” e attribuire loro una presunta propensione alla violenza è allarmante. Questa retorica ignora l’umanità di coloro che cercano rifugio e alimenta atteggiamenti xenofobi. I dati del governo canadese mostrano che la stragrande maggioranza delle persone detenute ai sensi del sistema di immigrazione canadese non rappresenta un rischio per la sicurezza; la maggior parte viene trattenuta a causa di preoccupazioni sul rischio di fuga piuttosto che per una reale minaccia alla sicurezza. Negli Stati Uniti, gli studi hanno rilevato che i tassi di incarcerazione per i migranti clandestini sono inferiori a quelli delle persone nate nel paese”.
“Invece di raddoppiare gli sforzi sulla detenzione, il governo dovrebbe concentrarsi su alternative basate sulla comunità che si dimostrino sia umane che efficaci. Il governo federale dovrebbe investire in programmi basati sulla comunità e rispettosi dei diritti, gestiti da organizzazioni non-profit locali, indipendentemente dalla CBSA [Canada Border Services Agency]”.
4. Trump minaccia di rinchiudere le persone migranti a Guantánamo
Il presidente Donald Trump ha ordinato alla sua amministrazione di prepararsi a ospitare decine di migliaia persone migranti prive di documenti nella base della Marina di Guantanamo Bay, l’ultimo passo della sua crescente repressione dell’immigrazione.
“Guantánamo è un buco nero progettato per sfuggire al controllo e con una storia oscura di condizioni disumane. È un tentativo trasparente di evitare la supervisione legale che fallirà, ha affermato Lucas Guttentag, un funzionario del Dipartimento di Giustizia nell’amministrazione Biden che un tempo ha guidato la causa sui rifugiati haitiani trattenuti nel sito”.
5. Il Messico rifiuta una deportazione dagli Stati Uniti
Il governo messicano ha criticato le azioni unilaterali del presidente Donald Trump in materia di immigrazione.
“Il Messico ha negato l’accesso all’atterraggio a un aereo militare statunitense, vanificando almeno temporaneamente i piani dell’amministrazione Trump di deportare gli immigrati nel Paese, secondo due funzionari della difesa statunitense e una terza persona a conoscenza della situazione. Due C-17 dell’Aeronautica Militare diretti in Guatemala, con a bordo circa 80 persone ciascuno, hanno trasportato i deportati fuori dagli Stati Uniti giovedì sera, hanno detto le fonti. Il terzo volo, programmato per il Messico, non è mai decollato”, scrivono i giornalisti Courtney Kube e Jonathan Allen su Nbc News.
E ancora, “il Guatemala ha ricevuto tre voli dagli Stati Uniti con cittadini guatemaltechi che erano stati rimandati nel loro paese d’origine. Un portavoce del Guatemalan Migration Institute ha detto alla Nbc News che due dei voli [sono stati portati a termine] con aerei militari […]. Il numero totale di guatemaltechi arrivati a Città del Guatemala dai tre voli era di circa 265. I voli di deportazione militari fanno parte di una più ampia repressione dell’amministrazione Trump sull’immigrazione illegale, avviata con ordini esecutivi firmati nella sua prima settimana in carica”.
6. I nostri nuovi articoli su Open Migration
Gjadër e Shengjin sono due città dell’Albania che, fino a pochi mesi fa, alla maggior parte degli italiani non avrebbero detto molto e che, invece, oggi ospitano due centri di detenzione italiani per migranti. Una scelta che ha portato alla nascita di un attivismo nazionale, in un paese che ha rappresentato uno dei principali poli di emigrazione. Attivismo che sta diventando un’alleanza che va oltre i confini del paese stesso. Ce ne parla Ilaria Romano.
Foto copertina via Twitter/Info Migrants