“Eccolo qua, sta arrivando. Anche oggi parte il pullman”. I negozianti che vivono a ridosso della dogana di Ponte Chiasso, quartiere di Como, sono testimoni oculari dei continui trasferimenti di migranti dalla frontiera al Sud Italia. Perché questa prassi, in voga dallo scorso mese di luglio, non si è mai interrotta.
Controlli a tappeto e trasferimenti forzati
Si è ridotta la frequenza, non più due viaggi a settimana, ma la pratica non è mai cessata. L’ultimo episodio lunedì 20 febbraio quando, intorno alle 17.15, un pullman della compagnia Rampinini è partito dalla frontiera di Ponte Chiasso – direzione hotspot di Taranto. Il mezzo, con a bordo diversi migranti, è partito scortato da due vetture della polizia. Il viaggio ha confermato il tam tam della giornata, quando è rimbalzata la notizia di controlli fatti in zone della città e di alcune persone fermate dalle forze dell’ordine di frontiera nei pressi di piazza San Rocco, piazzale del centro diurno del don Guanella, piazza Vittoria, piazza Camerlata e Giardini a Lago. Chi, a un primo controllo, è risultato senza documenti, è stato portato in dogana per ulteriori accertamenti ed è finito a bordo del mezzo diretto lontano da Como. Una novità per la nostra città, mentre la pratica dei controlli a tappeto e dei successivi trasferimenti forzati al Sud Italia è già conosciuta a Ventimiglia.
La rete Como senza frontiere ha raccolto la testimonianza di un ragazzo migrante che ha assistito ai controlli, mentre alcuni volontari dell’”accoglienza fredda”, attivi da ottobre nel prestare soccorso ai migranti rimasti fuori dal centro di via Regina Teodolinda, hanno riportato quanto detto da un migrante: «All’ingresso del parcheggio del centro presso la chiesa di San Guanella (dove c’è una mensa) si trovavano i mezzi della polizia. Le auto sull’angolo tra la strada e l’ingresso, i poliziotti poco dentro nei pressi del cancello. Il migrante ha riconosciuto il poliziotto che l’aveva colpito e malmenato la mattina e ha cercato di filmarlo con il suo telefono. Il poliziotto allora l’ha preso per farlo salire sull’auto. Prima di farlo entrare gli ha preso il telefono e l’ha consultato e guardato durante una quindicina di minuti, mentre si recavano di nuovo al posto di polizia. Intanto sosteneva davanti ai suoi amici che l’avrebbe colpito di nuovo. Arrivato, ha chiamato un collega che parlava francese. Questi, dichiara X, mi ha domandato se avevo filmato la scena. Ho risposto di sì perché il comportamento della polizia non era accettabile. Allora ha preso il mio telefono e l’ha fracassato, dicendo che “qui siamo in Italia”. Non potevo reagire in nessun modo e quindi ho lasciato perdere e mi sono poi allontanato dopo che mi hanno rilasciato dopo circa mezz’ora…». I legali delle associazioni comasche e svizzere per i diritti umani sono al lavoro per sostenere e denunciare eventuali comportamenti illegali o illegittimi.
Secondo le informazioni raccolte da Asgi – Associazione Studi Giuridici per l’Immigrazione – sono state complessivamente 21 le persone trasferite da Como a Taranto nella giornata di lunedì 20 febbraio, che vanno ad aggiungersi ai 27 portati in Puglia da Ventimiglia.
Un primo riscontro sui numeri dei trasferimenti dalla città lombarda si era avuto già nella serata di lunedì 20 febbraio quando, alla parrocchia di Rebbio, divenuta negli ultimi mesi punto di riferimento per i migranti in transito (in particolare per quelli che non hanno accesso al campo governativo di via Regina Teodolinda) mancavano all’appello una ventina di persone rispetto alla sera precedente. “Domenica 19 febbraio – racconta Georgia Borderi, impegnata nell’accoglienza – erano 71 i migranti ospitati in parrocchia, di cui 59 erano stabili da alcuni giorni. La sera successiva il numero dei presenti per la notte era sceso a 46, 25 in meno. Di questi almeno 16 facevano parte del gruppo più stabile. Nel giro di qualche ora abbiamo avuto la conferma che almeno cinque dei ragazzi passati da qui — provenienti da Ghana, Mali, Niger e Liberia – erano tra quelli portati a Taranto”.
Chi sono i migranti trasferiti, e perché
A raccontarlo sono stati alcuni dei migranti trovati privi di documenti al momento dei controlli e successivamente portati alla frontiera, ma poi rilasciati perché — dalle verifiche effettuate — erano risultati in possesso di un permesso di soggiorno o, comunque, con un iter per il riconoscimento della protezione internazionale ancora in corso. Flavio Bogani, animatore estivo della mensa di Sant’Eusebio ha raccolto la testimonianza di un ragazzo portato a Taranto e rientrato nella serata di giovedì: «S. F., il giorno 20 febbraio, è stato fermato in strada a Como dalla Polizia, e successivamente è stato trasferito a Taranto. La sera del 23 è ritornato in città a sue spese». A titolo di prova, Bogani ha pubblicato su internet le foto dei biglietti del treno acquistati dal giovane.
Tra i migranti trasferiti a Taranto ci sono anche un giovane ospite del campo governativo di via Regina Teodolinda e due giovani salvadoregni, coinvolti nei controlli, la cui storia si discosta molto da quella riguardante i migranti in transito perché residenti stabilmente nel comasco. Uno di loro, appena diciottenne, è stato rimpatriato giovedì 23 febbraio con un volo partito da Roma, quarantotto ore dopo il suo arrivo nell’hotspot.
“A colpirci è stata soprattutto la celerità con cui il provvedimento è stato applicato, davvero a tempo di record”, racconta l’avvocatessa Anna Brambilla di Asgi. “I migranti — prosegue – sono arrivati a Taranto nella giornata di martedì e giovedì; il giovane salvadoregno, arrivato in Italia a diciassette anni e divenuto maggiorenne nell’ottobre scorso, era già su di un aereo in partenza da Roma. Viene da chiedersi la ragione del passaggio da Taranto, visto che il giovane era in possesso del passaporto (è stato questo a rendere le procedure più rapide) e non necessitava dunque di alcuna identificazione”.
Nel poco tempo trascorso tra il fermo a Como e la partenza da Roma al giovane è stata concessa solo una telefonata a una parente. “Al momento stiamo cercando di valutare — continua l’avvocatessa — se al giovane sia stata garantita e, in che termini, la possibilità di poter ricorrere ad un legale”.
Completamente diversa la situazione dell’altro migrante salvadoregno, anche lui irregolare, cui è stato notificato un decreto di espulsione ma che è stato lasciato libero di uscire dall’hotspot, senza che per lui scattasse il rimpatrio.
Stessa sorte capita ad altri migranti trasferiti, cinque dei quali hanno già fatto ritorno a Como. Un «giro dell’oca» che fa nascere dubbi sull’efficacia stessa dei trasferimenti.
“Non è chiara la ragione e, soprattutto, la prospettiva legale all’interno della quale avvengono questi trasferimenti”, continua l’avvocatessa Anna Brambilla. “Crediamo che qualcosa possa è essere cambiato con il recente decreto Minniti, come dimostrerebbe il trasferimento di parte dei giovani trasferiti a Taranto verso i Cie. Ma purtroppo, al momento, non abbiamo numeri certi”.
A spiegare il senso di questo sistema è stato il sottosegretario alla difesa Domenico Rossi che rispondendo ad un’interrogazione parlamentare dell’onorevole Cozzolino (Movimento Cinque Stelle), il 21 ottobre scorso, ha spiegato come i trasferimenti da Como e Ventimiglia siano disposti con una duplice finalità: “Prevenire turbative dell’ordine pubblico ed evitare che l’alta concentrazione di migranti potesse dare luogo ad emergenze igienico-sanitarie”.
Como oggi, e quei pullman che continueranno a partire
A oggi la situazione a Como è però ben diversa da quella dell’autunno scorso. Seppur i tentativi di passare la frontiera continuino il loro numero è calato negli ultimi mesi. In tutto il 2016, secondo i dati dell’Amministrazione federale delle dogane, sono stati 34mila i tentativi d’ingresso illegali di migranti in Ticino, quasi tutti attraverso la frontiera di Chiasso. Invece, per quanto riguarda le riammissioni semplificate sul territorio italiano, la procedura, basata su accordi bilaterali, prevede che i migranti in soggiorno illegale vengano affidati alla Polizia di frontiera italiana, la quale si preoccupa di gestire i migranti riammessi sul suo territorio. Su Como, i numeri parlano di quasi 20mila in 12 mesi. Si parla di tentativi: la stessa persona può provare più volte a varcare la frontiera ed essere quindi respinta in Italia. In tutta la Svizzera il Corpo delle guardie di confine ha censito 48.838 entrate illegali in Svizzera, in netta crescita rispetto alle 31.038 del 2015. Il picco è stato raggiunto nei mesi di luglio e agosto, con rispettivamente 7.412 (6.134 in Ticino) e 7.482 (6.209) ingressi. A varcare la frontiera sono stati principalmente migranti provenienti da paesi africani: eritrei (12.294), gambiani (3.845), guineani (3.814), nigeriani (3.150), etiopi (2.747) e somali (2.643). Per quanto concerne i respingimenti, essi sono quadruplicati nel 2016 rispetto l’anno prima, passando da 6.456 a 26.644. I tre quarti dei rinvii concernono il Ticino, seguito da Vaud, Vallese e Friburgo (3.843). È esploso pure il numero di chi è stato consegnato ad autorità estere: da 8.309 a 26.267, ossia più del triplo rispetto al 2015. I casi maggiori riguardano ancora il Ticino. Altro dato: la grandissima maggioranza dei migranti è arrivata in territorio elvetico via treno (40.758), davanti a strada (7.203) e aereo (849), mentre 28 l’ha fatto usando il battello. I rinvii sono stati operati via treno (22.518), strada (4.024), aereo (82) e mare (20).
A sottolineare il dinamismo lungo la frontiera italo-svizzera è arrivata nelle scorse settimane la notizia dell’arresto di quattro cittadini ghanesi, residenti nel comasco, con l’accusa di aver trasportato i migranti da Como a Lugano al prezzo di 100/150 euro a persona.
Il Campo governativo di via Regina Teodolinda, aperto dalla Prefettura e gestito dalla Croce Rossa, in collaborazione con la Caritas diocesana, ospita meno di 150 persone su una capienza massima di 380. Si tratta prevalentemente di minori, famiglie (o persone in situazioni di fragilità) e di adulti arrivati a Como senza aver già formalizzato la richiesta di asilo politico in Italia. A tutti gli altri è negato l’accesso. La preoccupazione è però quella che i numeri possano tornare a crescere con l’arrivo della primavera e l’incremento degli sbarchi; sempre che l’accordo Italia-Libia non produca i risultati sperati dal governo italiano e dai leader europei.
È per questo che la Prefettura ha pubblicato a inizio mese sul proprio sito una «manifestazione d’interesse per affidamento servizi trasporto migranti» per individuare l’operatore a cui affidare i trasferimenti in bus. Il servizio consisterà «nel trasporto di cittadini stranieri presenti nella provincia di Como presso idonee strutture di accoglienza di volta in volta individuate dal Ministero dell’Interno». I mezzi utilizzati dovranno essere «adeguati alle seguenti tipologie di trasporto: fino a 29 persone oppure da 30 a 50 persone».
L’operazione «dovrà avvenire a seguito di richieste che la Prefettura avanzerà nel corso della vigenza contrattuale, con preavviso per l’organizzazione del servizio tendenzialmente di 12 ore». È previsto un prezzo distinto per due fasce chilometriche, entro e sopra i 600 chilometri. Data di attivazione e di scadenza presunta del servizio: dal 1 marzo al 31 maggio. Servizio fino ad oggi aggiudicato alla ditta Rampinini. Al momento non è facile immaginare quale potrà essere la primavera di Como sul fronte di migranti. È facile immaginare però che i pullman continueranno a partire.
FOTO DI COPERTINA: Como, migranti in dogana a Chiasso prima di essere imbarcati sui bus in partenza per Taranto.
Tutte le foto di Andrea Quadroni e Michele Luppi.