L’approccio securitario e repressivo della cosiddetta “Fortezza Europa” è stato più volte denunciato da un numero considerevole di Ong ed esperti di diritti umani per via dei maltrattamenti e degli abusi che le persone migranti subiscono ogni giorno ai confini esterni dei Paesi membri dell’Unione Europea (Ue). L’ultima denuncia proviene dal network inter-europeo Protecting Rights at Borders (Prab) che nel suo ultimo rapporto, Beaten, punished and pushed back, descrive la sistematicità con cui le persone migranti vengono violentemente pestate e respinte.
NEW REPORT: Beaten, punished and pushed back!
A pattern of institutionalized human rights violations at EU borders reconfirmed: Pushbacks remained the standard practice + a de facto tool for border management in 2022
READ: https://t.co/U1bUFOzEkF#ProtectingRightsAtBorders— Danish Refugee Council (@DRC_ngo) January 26, 2023
Secondo il monitoraggio effettuato dal network, nel 2022 tra il 1° gennaio e il 31 dicembre, gli episodi di respingimento hanno coinvolto 5.756 persone. Queste pratiche rientrano nei meccanismi di controllo delle frontiere dei Paesi, nonostante siano in netto contrasto con il diritto dell’Ue stesso: “a molte di queste vittime”, si legge nel rapporto, “non è stato semplicemente impedito di attraversare un confine. I dati raccolti dai partner Prab […] spiegano come [le persone migranti] siano state “accolte” alle porte dell’Ue con un diniego di accesso alle procedure di asilo; l’arresto o la detenzione arbitrari; abusi fisici o maltrattamenti; furto o distruzione di proprietà”. Tra le persone respinte, prevalgono principalmente quelle di nazionalità afghana, siriana e pakistana: “nel 12% degli incidenti registrati sono stati coinvolti bambini. Questi dati sono purtroppo solo la punta dell’iceberg”.
Nonostante i push-back (respingimenti) alla frontiera siano illegali, il rapporto afferma che tale pratica è ormai generalizzata: sul caso della Croazia, per esempio, è stato sottolineato che nonostante, nel 2022, sia stato istituito un meccanismo di monitoraggio delle frontiere, non solo i dati raccolti dal Prab hanno dimostrato che tale meccanismo si sia rivelato totalmente inutile ma che i provvedimenti contro chi trasgredisce le norme sui diritti umani alle frontiere non vengono presi. Due richiedenti asilo originari del Bangladesh hanno affermato di essere stati brutalmente picchiati dalle autorità di frontiera croate, insieme ai loro compagni di viaggio:
Ci hanno ordinato di sdraiarci. Dopodiché, ci hanno ordinato di metterci in fila […]. Ci hanno colpito con i manganelli. Ci hanno chiesto se avevamo telefoni, powerbank, denaro o qualsiasi altra cosa in nostro possesso. Abbiamo dovuto mettere tutto in una borsa e mentre altri poliziotti ci hanno perquisito prendendoci anche accendini o buste di carta. Poi ci hanno ordinato di andare al loro veicolo […].
Dopo averli riportati in Bosnia, sono stati lasciati in una località remota, senza acqua né cibo. Alla richiesta di restituire i loro effetti personali, le autorità si sono rifiutate rincorrendoli per respingerli ulteriormente. La legittimazione dei respingimenti è un dato di fatto: “appare evidente”, riporta il Prab “che gli Stati membri dell’Ue continuano a rendere l’accesso alla protezione internazionale il più difficile possibile erigendo nuove recinzioni (come ai confini con la Bielorussia) o utilizzando tecnologie per rilevare e fermare gli attraversamenti invece di fornire assistenza […]”.
Nel rapporto vengono citati anche Francia e Italia: a Ventimiglia e Oulx in Italia, l’associazione Diaconia Valdese ha registrato i respingimenti, rispettivamente, di 2.703 persone e 2.583 persone. Rispetto ad altre statistiche disponibili, sono stati registrati numeri di respingimenti ancora più alti ai confini tra Italia e Francia nel 2022: a Ventimiglia, in Italia, almeno 17.7491 persone sono state respinte dalle autorità francesi, mentre ad Oulx, in Italia, erano almeno 3.6902. Inoltre, l’accesso alla protezione internazionale, all’interno dell’Ue, è tutt’altro che salvaguardato, non solo a causa di un uso sistematico dei respingimenti o la riluttanza a far sbarcare i migranti salvati in mare, ma anche a causa dei piani d’azione promossi dall’Ue stessa.
A fine 2022, la Commissione Europea ha proposto un Piano d’azione per il Mediterraneo centrale e un Piano d’azione per i Balcani occidentali. Questi due piani, sottolinea il rapporto, nonostante si pongano l’obiettivo di arginare i “movimenti irregolari”, formalizzano le pratiche illegali che i Paesi membri hanno adottato ormai da anni. I respingimenti dall’Italia alla Libia, per esempio, sono proseguiti durante tutto l’anno 2022 – e proseguiranno anche con il recente rinnovo del Memorandum d’Intesa, volto a finanziare la cosiddetta guardia costiera libica che cattura le persone migranti per poi rinchiuderle nei centri di detenzione del Paese nordafriacano. Inoltre, l’Italia continua a sostenere la Tunisia nelle attività di pattugliamento delle frontiere e nella lotta al traffico di migranti. Per contrastare il significativo aumento degli arrivi dalle coste tunisine, il governo italiano ha accelerato le procedure di rimpatrio delle persone tunisine.
Nel corso del 2022 sono stati registrati anche respingimenti dall’Italia verso Grecia e Albania. Attraverso il monitoraggio attività svolte dall’Asgi (uno dei partner del Prab) e dalle organizzazioni della Rete dei Porti adriatici, sono state raccolte testimonianze di respingimenti e riammissioni dai porti adriatici verso Grecia e Albania anche per richiedenti asilo e minori non accompagnati. Dalle testimonianze raccolte emergono trattamenti disumani, come ad esempio la confisca e la distruzione di effetti personali, svestizione forzata ed esposizione a condizioni meteorologiche estreme.
“Il governo italiano cerca di negare che ciò stia accadendo, ma la situazione sembra peggiorare” ha affermato Erminia Rizzi, esperta Asgi. Dai Balcani alla Grecia, il modus operandi rimane sempre lo stesso: “in Grecia, i respingimenti alle frontiere terrestri e marittime sono diventati de facto una politica generale”, ha affermato Felipe Gonzales Morales, lo Special Rapporteur delle Nazioni Unite sui diritti umani dei migranti in un rapporto pubblicato nel giugno 2022. L’Unhcr ha registrato quasi 540 casi durante il periodo 2020-2021, in cui almeno 17.000 persone sarebbero state rimpatriate con la forza, in modo informale, in Turchia.
Infine, nel rapporto è stato evidenziato che la situazione non è uguale per tutti, poiché esistono doppi standard basati sulla profilazione etnica e sulla nazionalità delle persone rifugiate: “nel febbraio 2022, la Polonia ha aperto i suoi confini per ammettere un gran numero di cittadini ucraini, ed è stata concessa protezione temporanea a numerose persone in fuga dalla guerra in Ucraina. Questo approccio accogliente delle autorità polacche non ha influito sulla situazione al confine polacco-bielorusso, dove una crisi umanitaria continua dall’agosto 2021. Lì, i cittadini di paesi terzi vengono respinti violentemente ogni giorno, indipendentemente dalla loro vulnerabilità o dalle richieste di asilo”, ha affermato Maja Łysienia, avvocata ed esperta di contenzioso strategico dell’Association for Legal Intervention Poland (Sip), un altro partner del Prab.
Nonostante ciò, benché in Ue siano state registrate 4.9 milioni persone rifugiate ucraine con protezione temporanea, nel rapporto è stato sottolineato come anche alcune di queste ultime stiano avendo difficoltà burocratiche e dinieghi. Mentre in precedenza, le persone rifugiate ucraine non avevano segnalato alcun problema nel loro ingresso in Ue, Sip ha iniziato a registrare respingimenti di ucraini al confine polacco negli ultimi mesi: tali respingimenti riguardavano tra l’altro persone in fuga dalla guerra in Ucraina (primo ingresso) e beneficiari di protezione temporanea (persone riconosciute come beneficiarie di Protezione Temporanea in Polonia che sono rientrate temporaneamente in Ucraina). Nel rapporto è stato riportato il caso di una cittadina ucraina che con i suoi figli è stata riconosciuta come beneficiaria di protezione temporanea in Polonia poco dopo l’inizio della guerra. Tuttavia, nel giugno 2022 sono tornati in Ucraina per oltre tre settimane per motivi personali. Tornando in Polonia, alla madre è stato negato l’ingresso perché aveva superato i 90 giorni consentiti di soggiorno senza visto nell’Ue. In quel momento, la Polonia non rilasciava alcun permesso di soggiorno ai cittadini ucraini che erano stati riconosciuti come beneficiari di Protezione Temporanea. A causa del rifiuto, rischiava anche di perdere la protezione temporanea in Polonia in quanto quest’ultimo viene ritirato se una persona interessata lascia la Polonia per più di un mese. Nel periodo tra marzo a dicembre 2022, a un totale di 12.899 cittadini ucraini è stato rifiutato l’ingresso a il confine polacco per diversi motivi.
“La pratica di chiudere un occhio di fronte alle violazioni dei diritti umani alle frontiere dell’Ue deve essere fermata[…]. Tutte le persone hanno il diritto di chiedere protezione internazionale nell’Ue. Per anni, il Consiglio Danese per i Rifugiati (Drc), insieme ai suoi partner del Prab e molti altri attori, ha registrato pratiche di respingimento. Le prove sono innegabili”, ha commentato Charlotte Slente, segretaria generale del Drc. L’accesso alla protezione internazionale, all’interno dell’Ue, risulta essere completamente violato, non solo a causa dell’uso sistematico di respingimenti attraverso i confini dell’Ue o della riluttanza nel salvaguardare le persone in mare, ma anche a causa di altri sviluppi politici. Infatti, afferma ancora Slente, “questo modello […] fa parte di una più ampia crisi dello Stato di diritto. La crisi ai confini dell’Ue non è una questione di numeri. È una crisi della dignità umana e della volontà politica”.
Foto copertina via Twitter/ECRE