1. Italia-Niger: cosa si nasconde dietro l’accordo per gestire le migrazioni?
È datato 6 settembre 2017 l’accordo di cooperazione che porta le firme di Italia e Niger, poche pagine di testo che dovrebbero rafforzare la cooperazione dei due paesi nel campo della difesa, della gestione dei flussi migratori e della sicurezza.
L’accordo però, non ratificato dal Parlamento italiano e mai reso pubblico finora, nasconde anche altro: “Soldi, influenza, armi. L’Italia sta cercando attraverso il controllo dell’immigrazione, di affermare la propria influenza in paesi strategici, come il Niger” ha dichiarato l’avvocato Salvatore Fachile dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione al Fatto Quotidiano.
“Sembra si voglia aprire una cooperazione industriale, peraltro monodirezionale – gli fa eco Gennaro Santoro, legale di Cild dalle pagine di Avvenire – sfruttando un accordo nato invece per la gestione dei flussi migratori e la sicurezza”.
La stessa missione militare italiana (una settantina di militari sui 470 previsti), come spiega la testata Nigrizia, “si inserisce in un contesto opaco, tanto più che il parlamento sta discutendo la proroga della missione per l’ultimo trimestre 2018, ormai terminato senza aver mai affrontato la proroga per il 2019 che vede comunque la missione sul terreno. Il piano economico (industria militare) si affianca a quello di una generica sicurezza in cui rientrerebbe anche il contrasto delle migrazioni, senza che questo venga esplicitato”.
Come scrivevamo, il testo è stato pubblicato dopo che una sentenza del Tar del Lazio ha obbligato il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale a esibire l’accordo, determinante nella pubblicazione dell’atto, l’azione legale di Asgi, Cild, Naga e di Rete Disarmo. Qui il testo integrale.
Di Niger vi avevamo raccontato grazie a Giacomo Zandonini, che per noi aveva realizzato un importante reportage in 3 puntate.
2. L’accordo dell’Unione Europea con la Libia condanna i rifugiati
L’accordo dell’Unione Europea con la Libia sta condannando a morte i rifugiati. A scriverlo è Sally Hayden per il Guardian che, quotidianamente a contatto con i migranti imprigionati nei centri di detenzione libici, riporta come in loro sia scomparsa ogni speranza che la Libia possa essere un rifugio sicuro. A confermare la tragicità della situazione nel paese nordafricano è anche il rapporto pubblicato da due organismi dell’ONU – UNCHR e UNSMIL – dal titolo “Desperate and dangerous: report on the human situation of migrants and refugees in Lybia”.
Nel frattempo, anche l’Ammiraglio De Giorgi, ex Capo di Stato Maggiore della Marina Militare e ideatore dell’operazione Mare Nostrum nel Mediterraneo, lancia un allarme sulla Libia e sottolinea che in questo Paese “non ci sono porti sicuri“.
3. Processo Mered: i testimoni chiave dell’accusa sono agenti segreti della dittatura sudanese
Fa discutere (almeno all’estero) la scelta dei pubblici ministeri di Palermo di invitare due alti funzionari sudanesi a testimoniare nel processo contro Medhanie Yehdego Mered: presunto trafficante di esseri umani che si dichiara vittima di uno scambio di identità. I magistrati infatti si affidano alla testimonianza di due membri della temuta polizia segreta del Sudan, paese governato da Omar Hassan al-Bashir su cui pendono accuse di crimini di guerra.
“Ogni tipo di collaborazione poliziesca o giudiziaria dell’Italia con la Polizia sudanese è moralmente inaccettabile. Spesso alti ufficiali della NISS sono invitati in Italia. L’Italia dovrebbe estendere l’invito anche al dittatore Bashir. Potrebbe fare un favore alla CPI che da anni lo vuole arrestare” ha dichiarato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty in Italia.
Sin dalle fasi iniziali del processo, Open Migration si era occupata del possibile scambio di persona. Partendo dalle falle emerse in tribunale, proprio questa settimana, Lorenzo Bagnoli ha analizzato le lacune nel sistema di contrasto ai trafficanti di esseri umani.
4. La Sea Eye torna in mare in memoria di Alan
A più di un mese dalla vicenda che l’ha vista bloccata in mare per 19 giorni senza poter sbarcare i migranti soccorsi – odissea condivisa con la nave Sea Watch – l’organizzazione tedesca Sea Eye si prepara a tornare nel Mediterraneo con una nave che sarà ribattezzata con il nome di Alan Kurdi.
La storia di Alan, il bambino curdo siriano di tre anni il cui corpo senza vita fu immortalato riverso a pancia in giù sulla spiaggia di Kos, aveva scosso l’opinione pubblica globale.
A presenziare al cambio del nome, avvenuto a Palma de Maiorca in Spagna, erano presenti il padre di Alan, Abdullah Kurdi e la zia, Tima Kurdi:
“Siamo felici che una nave da soccorso tedesca porti il nome del nostro ragazzo. Il nostro dolore è condiviso da molti, da migliaia di famiglie che hanno così tragicamente perso figli in questo modo “.
5. Regno Unito, niente carcere per gli attivisti di Stansted
Erano stati condannati per terrorismo per aver impedito, incatenandosi, la partenza di un Boeing 767 noleggiato dall’Home Office per rimpatriare 60 persone in Nigeria, Ghana e Sierra Leone dall’aereoporto londinese di Stansted. Per gli attivisti, conosciuti come “Stansted 15” si temevano pene severe, ma invece non andranno in carcere.
Il giudice ha infatti deciso di non imprigionarli dopo aver accettato che il gruppo era mosso da “motivi genuini“.
“Siamo sollevati dal fatto che non andremo in prigione, ma queste condanne per terrorismo sono un’ingiustizia e avranno profonde implicazioni per tutte le nostre vite“, hanno dichiarato gli attivisti dopo la sentenza in una nota ripresa dalla Cnn.
6. Le città solidali del Mediterraneo
I primi cittadini di Madrid, Barcellona, Valencia e Saragozza insieme a quelli di Palermo, Milano, Bologna, Napoli, Siracusa, Latina. Punto centrale salvare l’Europa dal naufragio dei diritti umani. Un manifesto lanciato a tre mesi dalle elezioni europee in opposizione alla politica sovranista del blocco dei porti. Le sindache spagnole insieme ai colleghi italiani chiedono il sostegno alle Ong impegnate nel soccorso dei migranti nel Mediterraneo, ma soprattutto vogliono un patto per fermare “l’involuzione dei principi fondativi dell’Europa che sta rischiando di naufragare”.
Intanto diversi Comuni italiani hanno fatto ricorso al Testo unico sull’immigrazione per poter registrare i migranti all’anagrafe e aggirare così il decreto Salvini.
7. Iniziate le operazioni di chiusura del Cara di Mineo
Sono stati trasferiti giovedì i primi 44 migranti ospiti del CARA di Mineo, il centro per migranti che il governo prevede di chiudere entro la fine di quest’anno. Altri sei uomini che avrebbero dovuto essere trasferiti hanno scelto di abbandonare il centro, “sono – spiega il direttore del Cara, Francesco Magnano – persone libere, hanno un permesso di soggiorno e possono andarsene quando vogliono. È chiaro che così hanno perduto il diritto all’accoglienza in strutture governative”.
Il CARA di Mineo è il più grande centro per richiedenti asilo in Europa e il secondo ad essere stato chiuso dopo quello di Castelnuovo di Porto vicino a Roma.
8. Di confine si continua a morire
Aveva 29 anni e veniva dal Togo, il suo corpo è stato ritrovato da un camionista nei pressi del Monginevro, morto assiderato mentre tentava di raggiungere la Francia. Come vi avevamo raccontato, dopo la chiusura del confine a Ventimiglia, sempre più migranti scelgono la rotta alpina per raggiungere la Francia. Un viaggio nel gelo e lontano dalle principali strade reso ancora più difficoltoso dalla neve e dalla mancanza di indumenti adatti alla traversata.
Lo scorso anno tre migranti morirono percorrendo questi passi alpini, morti di confine che si vanno ad aggiungere a quelle che vi avevamo raccontato nei reportage di Michele Luppi e Andrea Quadroni.
9. L’Italia rischia una pioggia di ricorsi a Strasburgo
Il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatovic, invita l’Italia a difendere i diritti dei rifugiati.
In una lettera pubblica inviata al premier Conte, ha infatti espresso preoccupazione per le “ripercussioni del decreto sicurezza sul diritto di accesso all’accoglienza e ai servizi essenziali, come salute e educazione, per i residenti che hanno un permesso di soggiorno per motivi umanitari e dalle sconcertanti informazioni che indicano che un certo numero di loro sarebbero a rischio di restare senza un alloggio”.
Ulteriori passaggi della lettera, inviata a fine gennaio ma resa nota nei giorni scorsi, si soffermano sulla criminalizzazione delle Ong, e sulla “necessità di salvare vite in mare e di accogliere i richiedenti asilo e i migranti che arrivano sulle coste italiane”.
Intanto le testimonianze dei migranti a bordo della nave Diciotti rischiano di di trasformarsi in una pioggia di ricorsi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo contro l’Italia per trattamenti degradanti.
10. Il Comitato ONU contro la tortura si oppone all’espulsione di un rifugiato vittima di tortura dalla Svizzera all’Italia
Un rifugiato vittima di tortura non può essere rimandato in un Paese dove non ha accesso a un’adeguata assistenza sanitaria. È quanto ha deciso il Comitato ONU contro la tortura nel caso di un rifugiato etiope torturato nel suo Paese di origine. L’uomo fuggito in Italia, aveva ottenuto lo status di rifugiato senza però ricevere cure mediche adeguate alla sua condizione e per questo motivo aveva cercato l’assistenza medica di cui aveva bisogno in Svizzera, ottenendo però soltanto un ordine di espulsione verso l’Italia.
Il Comitato ONU contro la tortura, al quale il rifugiato si è rivolto per contestare la decisione delle autorità svizzere, ha quindi stabilito che la Svizzera, decidendo di espellere il rifugiato verso l’Italia senza tenere conto dell’impossibilità di ricevere cure mediche adeguate nel nostro Paese, ha violato l’articolo 3 della Convenzione contro la Tortura. Il Comitato ha quindi ordinato alle autorità elvetiche di sospendere l’esecuzione dell’espulsione.
Foto di copertina: migranti abbandonati nel Sahara vengono trovati da una pattuglia militare, sulla rotta verso la Libia (foto: Giacomo Zandonini)